di Mauro Seminara
Si titola “fumata nera” circa il vertice Ue di ieri in cui l’Italia ha preso un bel due di picche. Al termine dell’incontro, Giuseppe Conte sottoscrive queste parole diffuse dal comunicato stampa della Presidenza del Consiglio: “L’Italia è costretta a prendere atto che l’Europa oggi ha perso una buona occasione: in materia di immigrazione non è riuscita a battere un colpo in direzione dei principi di solidarietà e di responsabilità che pure vengono costantemente declamati quali valori fondamentali dell’ordinamento europeo.” Ma il colpo che l’Europa non sarebbe riuscita a battere in direzione dei principi di solidarietà sono dettati dagli stessi accordi che il medesimo Giuseppe Conte aveva portato a casa con fierezza. Anzi, con fierezza ma a condizioni immutate del regolamento di Dublino. Lo stesso per cui l’Italia non si è mai battuta e che, con le proprie azioni in sede europea ha sempre lasciato intendere che così com’é va benissimo. In particolare, favorevoli al mantenimento di questo regolamento di Dublino risultarono le forze politiche che oggi costituiscono il “Governo del Cambiamento”. La riforma proposta dalla relatrice Cecilia Wikström (ALDE, SE) era stata approvata con 43 voti a favore e 16 contrari il 19 ottobre del 2017 dalla Commissione per le Libertà Civili dell’Unione europea, e prevedeva modifiche sostanziali. Variazioni “miracolose” per i Paesi di primo approdo come l’Italia. Il primo Paese di arrivo non sarebbe più stato automaticamente l’unico responsabile per i richiedenti asilo e il trasferimento dei richiedenti asilo sarebbe stato automatico secondo un metodo di ripartizione fisso. Praticamente quello che adesso il Governo capitanato dal ministro degli Interni Matteo Salvini vuol farci intendere essere l’obiettivo per l’Italia. Peccato che il Movimento 5 Stelle e la Lega, quando il provvedimento licenziato con favore dal LIBE approdò a metà novembre al Parlamento europeo, si espressero rispettivamente con voto contrario ed astensione. Malgrado le remate contrarie del duo giallo-verde, il provvedimento passò con 390 voti in favore, 175 voti contrari e 44 astensioni e tutti i tavoli europei in cui i “volenterosi” dell’Ue discutono di “solidarietà e responsabilità” – come citate dal premier Conte – nascono in quell’occasione.
Conte: “L’Italia sta gestendo da
giorni, con la nave Diciotti, una
emergenza dai risvolti molto
complessi e delicati”
Il presidente Conte, nel suo comunicato, ha anche sottolineato che “è noto a tutti che l’Italia sta gestendo da giorni, con la nave Diciotti, una emergenza dai risvolti molto complessi e delicati”. Ma l’emergenza è dettata dal divieto di sbarco imposto dal ministro degli Interni e vicepremier Matteo Salvini. No ci sarebbe altrimenti alcuna emergenza da gestire e su cui indagare. Procedono infatti le attività inquirenti delle Procure della Repubblica italiana. In testa quella di Agrigento diretta dal procuratore capo Luigi Patronaggio che questa mattina ha effettivamente raggiunto Roma, ma non per interrogare il ministro Salvini come ventilato dal quotidiano britannico The Guardian. Tra i primi funzionari pubblici che Patronaggio ha chiesto di sentire c’è invece Gerarda Maria Pantalone, prefetto del Ministero degli Interni e responsabile del Dipartimento Libertà Civili. Anche il vice del prefetto Pantalone, Bruno Corda, rientra tra gli incontri di Luigi Patronaggio. Il titolare del Viminale continua intanto a manifestare il suo scarso rispetto per le istituzioni e per le regole, confermando fermezza anche a fronte delle reiterate richieste di autorizzazione allo sbarco che da vari uffici della Guardia Costiera, compresa la Centrale di Coordinamento per i Soccorsi in Mare, sono stati inviati al Viminale. Orecchio da mercante al Ministero degli Interni come al Ministero dell’Economia, dove Enzo Moavero Milanesi sorride mentre asserisce che si consulteranno in Consiglio dei ministri sulla minaccia di stabilire arbitrariamente quanto contribuire all’eurobudget dopo la mancata collaborazione Ue sul caso Diciotti. Il ministro ha però precisato che pagare i contributi “è un dovere” e che, come ha subito puntualizzato il commissario europeo per il bilancio, il tedesco Günther Oettinger, non pagare comporterebbe pesanti sanzioni per l’Italia. In sintesi, non avendo alcun titolo per sospendere la rata, ci troveremmo a pagarla comunque e con interessi salati. Una campagna fallimentare portata avanti dalle stesse forze politiche che votarono contro la riforma del regolamento di Dublino nel novembre dello scorso anno.
Esperti e giuristi continuano
ad asserire che nave Diciotti
è territorio italiano e che si
profila concreta l’ipotesi di
sequestro di persona
La minaccia che il presidente del Consiglio italiano avrebbe portato in sede europea, di fatto, suona un po’ come quella al direttore di banca a cui si intima una sospensione del mutuo “altrimenti non farò più uscire di casa mia moglie”. In effetti, come spiegato e dimostrato da esperti e giuristi in questi giorni, i 150 migranti trattenuti a bordo di nave Diciotti sono in massima parte eritrei in diritto di richiesta d’asilo, si trovano su una nave dello Stato italiano, è ormeggiata in un porto italiano e fanno parte di un soccorso coordinato ed eseguito dalle autorità italiane. Se questo il premier Conte ha proposto a Bruxelles deve essere strano se il fragore delle risate non si sia sentito anche fuori dalla sala riunioni. Risate che gli esperti condividono anche sulla storia dei venti miliardi che il secondo vicepremier, Luigi Di Maio, continua ad asserire che paghiamo all’Ue. La cifra è sensibilmente inferiore ed anche la differenza tra quanto versato e quanto ritorna in Italia è sensibilmente inferiore. Quel paio di miliardi – non otto, come asserisce Di Maio e come fece Renzi prima di lui – di differenza, tra l’altro, non è una mancata restituzione dell’Ue che ci fa su la cresta ma una deficienza tutta italiana che puntualmente vede stornare fondi ripartiti in investimenti che non riesce ad utilizzare o a progettare correttamente. Come se non fossimo in grado di pensare che a Genova serve un nuovo ponte e in mancanza di validi progetti cantierabili l’Ue si riprende i fondi. Peccato però che il ponte di Genova non c’è più, insieme a 43 persone andate via con lui, e che tutta la rete infrastrutturale italiana ha bisogno dei fondi infrastrutturali europei per il completamento o il rifacimento.
Un Paese ostaggio del caso Diciotti
come i migranti a bordo della stessa
nave, mentre non si sente più parlare
del Contratto di Governo e di riforme
che attuino i propositi di conferire
di nuovo centralità al Parlamento
Nave Diciotti è l’emblema della detonazione interna all’Italia ed all’Unione europea. Il ministro Salvini, con la completa approvazione dell’alleato Cinque Stelle, sta infatti minando la stabilità del Paese sotto il profilo istituzionale, democratico, giuridico ed economico. Il più grande fallimento mai immaginabile durante la campagna elettorale. Sembra d’aver eletto il nemico ed avergli offerto la stanza dei bottoni per pigiare quello dell’autodistruzione. Autodistruzione che passa dal fallimento delle politiche interne allo Stato italiano e da quelle comunitarie. Del Contratto di Governo non si sente più parlare e il superamento della Legge Fornero come pure il Reddito di Cittadinanza e la Flat Tax appaiono sempre più un bluff elettorale ora pronto per le scuse con tanto di capro espiatorio: l’Unione europea. In sintesi, la partita che in prima lettura pare voler giocare l’esecutivo è quella del già visto ricatto sul tema migratorio per ottenere flessibilità sui conti con cui attuare almeno qualche punto del programma di Governo. In seconda e più approfondita analisi, purtroppo, sembra solo che il Governo italiano voglia far implodere il Paese. Una distruzione interna che si concretizza con il miserabile caso della nave Diciotti, mentre ci si interroga – obbligatoriamente – sul dubbio che ci si stia ritrovando un Governo di ciarlatani incapaci o di pagliacci consapevoli delle gravi conseguenze a cui gli italiani vanno incontro ipnotizzati dal fascino dell’ammiccato fascismo.
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