di Mauro Seminara
Se pur assurdo, è affascinante quanti aspetti il sindaco di Riace ed il ministro degli Interni abbiano in comune. Tanto incredibile che forse non se ne rende conto neanche il ministro, che alla notizia dell’arresto del sindaco ha esultato con il suo irrinunciabile tweet anti-buonisti: “Accidenti, chissà cosa diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’Italia di immigrati!”. Il ministro ha incentrato la campagna elettorale che lo ha condotto a capo del Viminale su un motivo neanche tanto originale secondo cui vengono “prima gli italiani!”. Un principio che agli italiani ha sicuramente scaldato i cuori, ma che sottende la volontà di aggirare alcuni dettami della Costituzione che pone il veto sulla distinzione di razza, cultura e religione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Lo stesso articolo 3 della Carta costituzionale precisa poi che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Fatta la premessa, ampia ma utile in seguito, torniamo ai nostri personaggi uguali e contrari. Uno degli aspetti che accomuna Matteo Salvini e Mimmo Lucano è quel “Prima gli italiani” che a Riace veniva attuato con un evidente “prima i riacesi”. Il sindaco aveva infatti ovviato ad alcune carenze burocratiche di due cooperative riacesi, fatte da lavoratori riacesi, per affidare loro dei servizi pubblici comunali che non si sarebbero potuti aggiudicare. La legge prevede che all’affidamento dei servizi del Comune di Riace possano partecipare ditte di ogni parte d’Italia, ma il sindaco ha ritenuto di dover difendere l’economia ed il livello occupazionale in quel territorio che stava morendo, abbandonato per l’emigrazione a cui erano stati costretti i giovani riacesi nel secolo scorso, e che è stato rianimato con l’idea di Mimmo Lucano di offrire ai richiedenti asilo accolti quelle case ormai da troppo tempo vuote.
Questa è solo una delle tante cose che accomunano gli speculari Salvini e Lucano. Un’altra, ad esempio, è l’ineludibile attenzione della magistratura. Quest’ultima ha il dovere di verificare il rispetto delle leggi e di sanzionarne le violazioni. Così, accade che il ministro degli interni sia indagato per un suo presunto abuso di potere – con la più grave tra le ipotesi di reato che vede il sequestro di persona a fini di coazione – e il sindaco di Riace, indagato prima ed ai domiciliari adesso, per presunti abusi d’ufficio volti a garantire la permanenza ad una donna alla quale era stata rifiutata per tre volte la richiesta di asilo. Uno contro i migranti e l’altro a favore della loro permanenza nel tessuto sociale del Comune che amministra. Uno pronto a prenderli a calci perché ritornino a casa loro, quotidianamente impegnato nel criminalizzarli in blocco, senza distinzione alcuna, e l’altro pronto a fare carte false perché un integrato cittadino riacese di altre origini e colore della pelle non debba abbandonare quella comunità con meno di tremila anime di cui fa ormai parte. Se vogliamo, possiamo anche procedere con le similitudini tra i due opposti simboli dell’immigrazione in Italia. Il ministro degli Interni, all’avviso di garanzia per il caso della nave Diciotti, ha risposto che sostanzialmente se ne frega e tira dritto per la sua strada, perché se difendere i confini del proprio Paese è un crimine lui è lieto di essere un criminale. L’altro, il sindaco di Riace, nel corso di una conversazione intercettata, si definisce consapevolmente un “fuorilegge” che si comporta in modo tale allo scopo di “disattendere queste leggi balorde” che negano ad una migrante integrata di restare sul territorio di una comunità della quale è ormai parte integrante. Ancora, il ministro degli Interni pare voglia interpretare a modo proprio i requisiti dell’accoglienza facendo distinzioni tra italiani di nascita e italiani acquisiti, sia per il reddito di cittadinanza che per il diritto alla difesa negato dal Decreto Sicurezza secondo cui anche un richiedente asilo potrebbe essere rimpatriato se condannato in primo grado di giudizio, qualunque sia il reato. Il sindaco di Riace ha inventato un modello di accoglienza integrata che prima non esisteva, gestendo i finanziamenti erogati dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria per l’accoglienza in modo creativo ma efficace sotto il profilo del migrante e sotto quello del tessuto sociale ed economico di chi accoglie.
Oltre agli aspetti meramente pratici dei due opposti ma analoghi modus operandi, quello di chi se ne frega di tutti i diritti dell’uomo e dei modelli di accoglienza integrata e quello di chi se ne fraga di tutte le leggi “balorde” e pretende di fare accoglienza a modo proprio, ci sono poi anche le tifoserie che hanno tratti in comune. Quella del ministro ha dato addosso ai magistrati che lo hanno indagato ed anche a quelli che hanno chiesto ed ottenuto il sequestro di 49 milioni di euro della Lega. I fanatici leghisti non sentono ragione, propongono collette per raccogliere i milioni di euro che il partito del loro beniamino non riesce a spiegare che fine abbiano fatto e pretende che i magistrati, che hanno esercitato il loro dovere d’ufficio, siano corrotti “PDioti” o corrotti “buonisti”. La tifoseria opposta, che ad eccezione della precedente non viene aizzata dal beniamino indagato, pretende che l’arresto del sindaco di Riace sia un’ingiustizia e manifesta a sostegno dell’uomo simbolo del modello di accoglienza da esportare, anche se le indagini della Procura di Locri hanno rivelato condotte del primo cittadino effettivamente da fuorilegge. L’incontro-scontro tra le due tifoserie si tinge di ridicolo quando il costantemente canzonato dal ministro, lo scrittore Roberto Saviano, risponde indirettamente al suo sbeffeggiatore con un tweet sul “passo verso lo Stato autoritario”. Come se l’arresto di Lucano fosse esecuzione di un ordine politico. Come dire che se sbagli avvocato ti condannano anche se sei innocente e per fortuna Saviano non fa l’avvocato, perché già cosi…
La Procura di Locri, ed il GIP che ha firmato l’ordinanza di arresto del sindaco di Riace, non ravvedono il dolo nella spregiudicata condotta del primo cittadino calabrese, definendone l’insieme quali “comportamenti superficiali ed improntati ad un diffuso malcostume”. Al momento sembra infatti che Lucano fosse consapevole del suo andare incontro a guai con la giustizia, e lo faceva senza guadagnare nulla in denaro o altri vantaggi personali. D’altro canto, un sindaco di un comune come quello di Riace, in Calabria, con meno di tremila abitanti, difficilmente potrebbe arricchirsi senza darlo a vedere in paese come dalle parti della competente Procura della Repubblica. Ma le norme vigenti pare siano state comunque violate dal primo cittadino che, al netto di suggerimenti secondo cui l’unico modo perché la donna nigeriana “diniegata” possa rimanere in Italia è quello di combinare un matrimonio, ha fatto un po’ di ammuina per agevolare le cooperative riacesi ed assicurare che suoi concittadini trovassero così lavoro sullo stesso territorio. Il ministro ha invece sul capo un’indagine molto più complessa che, qualora le ipotesi di reato dovessero trovare prove d’incriminazione e l’autorizzazione a procedere dal Senato della Repubblica, sarebbero penalmente ben più rilevanti di una carta d’identità a chi non ne ha titolo e non è neanche un latitante della ‘ndrangheta in fuga. L’aspetto comico, al termine di questo parallelismo tra i due personaggi, è che uno dei due gongola perché il modello “buonista” appare adesso un modello criminale; senza però vedere la differenza tra il crimine a scopo umanitario ed il crimine a scopo di violazione dei diritti inalienabili dell’uomo, cioè il suo opposto. Nella parte iniziale di questa riflessione c’era una citazione dell’articolo 3 della Costituzione che in principio poteva apparire fuori tema, ma in chiusura di analisi sul genere di reati – commessi da uno dei due “uguali e contrari” – vale forse la pena rileggerla: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
no prima gli italiani non sottende alcunché di razzista in quanto non discrimina tra quelle che vengono comunemente intese come ‘razze’, ma il riappropriarsi della valenza della cittadinanza alla quale la stessa Costituzione ricollega diritti e obblighi che non sono propri di chiunque ma solo del cittadino, quali ad esempio, trai tanti propri del cittadino e non dello straniero, il diritto di elettorato attivo e passivo e il ‘sacro dovere’ di difendere la Patria e prima di tutti la ‘sovranità’ che appartiene al ‘popolo’ ovviamente composto da ‘cittadini’ italiani che non possono essere discriminati tra loro in base a razza e quant’altro previsto dall’art. 3 della Costituzione. La sacrosanta non discriminazione degli stranieri deriva dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo quindi dai principi del diritto internazionale a cui si conforma l’ordinamento italiano per espressa norma costituzionale. Chi spaccia per razzista la frase ‘prima gli italiani’ non sa nulla della differenza tra diritti dell’uomo, che appartengono a chiunque, e del cittadino che, assieme a particolari obblighi, appartengono solo a chi ha la cittadinanza. È così in tutto il mondo almeno dalla Rivoluzione francese. Fatevene una ragione