Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) a più di 5,1 milioni. Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’Aire quasi 243 mila italiani di cui il 52,8% per espatrio ovvero 128.193 italiani. La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816). La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870).
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di Agenzia Dire
Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) a più di 5,1 milioni. Sono questi i dati resi noti dalla fondazione Migrantes. Al primo gennaio 2018, infatti, gli italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire sono 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data. La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni. A livello continentale l’Europa accoglie il numero più alto di cittadini italiani (54,1%) e, in particolare, l’UE15 (40,3%) mentre in America si registra una presenza del 40,3% con una maggiore concentrazione nel Centro-Sud (32,4%). Le realtà nazionali più consistenti sono l’Argentina (819.899), la Germania (743.799), la Svizzera (614.545). Nell’ultimo anno, il Brasile (415.933) ha superato numericamente la comunità italiana in Francia (412.263). Il 49,5% è di origine meridionale (Sud: 1.659.421 e Isole: 873.615); del Settentrione è il 34,9% (Nord-Ovest: 901.552 e Nord-Est: 881.940); del Centro il 15,6% (797.941).
Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’Aire quasi 243 mila italiani di cui il 52,8% per espatrio ovvero 128.193 italiani. Nell’ultimo anno la crescita è stata del +3,3%, considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2% e per l’ultimo quinquennio arriva addirittura a +36,2%. Il 37,4% di chi parte (quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. I giovani adulti, ovvero la classe tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale (poco più di 32 mila persone). Un’attenzione a sé meritano le fasce di età più mature. Infatti, se l’incidenza nel 2018 è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni (valore assoluto: 14.500 circa) è il 7,1% dai 65 anni e oltre (valori assoluti: 5.351 persone per la classe 64-74 anni; 2.744 per la classe 75-84 anni e poco più di mille anziani per chi ha dagli 85 anni in poi). Non si deve pensare che si tratti di una mobilità prevalentemente maschile (anche se i maschi sono il 55% del totale) poiché si rileva il peso importante delle partenze dei nuclei familiari. A sottolinearlo, i 24.570 minori (il 19,2% del totale), di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e ben l’11,5% meno di 10 anni.
Nell’ultimo anno gli italiani sono partiti da 107 province differenti e sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza. Si tratta di grandi aree metropolitane a riprova del fatto che le attuali partenze coinvolgono i territori che ospitano importanti università e multinazionali che spingono per avere relazioni internazionali. La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816). La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870). Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Il Portogallo, invece, registra la crescita più significativa (+140,4%). Da evidenziare, anche, la crescita del Brasile (+32,0%) e quelle della Spagna (+28,6%) e dell’Irlanda (+24,0%). I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno comunicano che in questo momento stiamo assistendo ad un cambiamento: a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su, continua la Fondazione Migrantes.
Sicuramente ci si trova di fronte alle necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani dai 50 in su rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria (definiti nel Rapporto Italiani del Mondo “migranti maturi disoccupati”). Si tratta di persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia. In quest’ultima, infatti, spesso si annida la precarietà a più livelli: la disoccupazione cioè può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari. In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni. Con il passare del tempo e l’evoluzione della mobilità italiana stanno emergendo nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni che sono inizialmente il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità, fino al completo trasferimento di tutto o di buone parti dell’anno solare (si tratta del “migrante genitore-nonno ricongiunto”).
Un altro profilo da considerare è il “migrante di rimbalzo” ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero soprattutto in paesi europei (Germania, Svizzera e Francia) oppure oltreoceano (Argentina, Cile, Brasile, Stati Uniti) è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia “in paese”, ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di ripercorrere la via del rientro nella nazione che per tanti anni lo ha accolto da migrante e che oggi, stante le difficili condizioni socio-economiche vissute dall’Italia, gli assicura un futuro migliore. Un ultimo profilo sul quale porre l’attenzione è il “migrante previdenziale”. Che siano pensionati “di lusso”, colpiti da precarietà o sull’orlo della povertà, si tratta di numeri sempre più importanti. Le traiettorie tracciate da queste partenze sono ben determinate: si tratta di paesi con in corso una politica di defiscalizzazione, territori dove la vita costa molto meno rispetto all’Italia e dove il potere d’acquisto è, di conseguenza, superiore.
Ma non è solo il lato economico a far propendere o meno per il trasferimento: vi sono anche elementi altri, più inerenti alla sfera privata quali il clima, l’humus culturale, la possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza. Quanto detto appare evidente considerando le mete principali: Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania. Sono luoghi in cui la vita è climaticamente piacevole, dove è possibile fare una vita più che dignitosa (affitto, bolletta, spesa alimentare) e dove a volte con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi (o almeno a incontrare un medico specialista rispetto al problema di salute avvertito) molto più che in Italia, continua la Fondazione Migrantes.
Dopo aver dedicato lo Speciale ai luoghi di arrivo nel 2016 e ai territori di partenza nel 2017, il Rapporto Italiani nel Mondo 2018 pone l’attenzione su una precisa categoria di migranti italiani oggi in partenza: i giovani e i giovani adulti, coloro cioè che hanno una età compresa tra i 20 e i 40 anni e che hanno lasciato l’Italia nell’ultimo anno o, al massimo, negli ultimi 5 anni spostando la propria residenza in determinati paesi del mondo. Si è definito questo movimento neo-mobilità, volendone sottolineare la contemporaneità sicuramente, ma anche la fluidità che, in questo caso, diventa sinonimo di difficile categorizzazione e, quindi, di complessità di un fenomeno che, seppure sia sempre più presente nel dibattito pubblico, resta poco conosciuto nella sua reale consistenza numerica e nelle sue effettive caratteristiche.
Si è pensato che, per avvicinarsi il più possibile alla realtà dei numeri e dei fatti, fosse produttivo analizzare questa specifica tipologia dei migranti italiani di oggi, quelli che frettolosamente da più parti vengono definiti “cervelli in fuga”, dando per scontato per loro un titolo di studio medio-alto e la positiva riuscita del progetto migratorio. Purtroppo non è così per tutti e i dati, quando non espressamente quantitativi sicuramente qualitativi, lo descrivono molto bene delineando una “categoria” composita ed eterogenea.
Per rispondere a tanta complessità, si è scelta la divisione per destinazioni. Sono stati così individuati 25 paesi del mondo volutamente di tutti i continenti. Albania, Algeria, Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Cina, Emirati Arabi, Francia, Germania, India, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Malta, Nuova Zelanda, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica e Svizzera. La scelta è stata fatta prevalentemente in base alla preferenza della destinazione manifestata da parte di chi è partito di recente dall’Italia.
Sono state però selezionate anche nazioni che si sono particolarmente distinte per crescita numerica in questi ultimi anni (come, ad esempio, gli Emirati Arabi o la Cina), paesi “storici” dell’emigrazione italiana (come l’Argentina o il Cile) e destinazioni “particolari” (come la Nuova Zelanda, Malta o l’Islanda) che danno riscontro di quanto oggi la mobilità italiana sia spinta da un ventaglio plurimo di motivazioni che vanno dalla ricerca dell’indipendenza economica e di una occupazione a necessità di ordine sentimentale e/o culturale, dal bisogno di sentirsi professionalmente realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita, dal voler confrontarsi con altre realtà al rifiuto di un sistema nazionale, quello italiano per l’appunto, in cui non ci si identifica più.
I grandi spazi metropolitani cosmopoliti, portano con sé la promessa di una libertà illimitata e contemporaneamente il rischio di un forte anonimato, specialmente per i più vulnerabili. Migrare significa allontanarsi umanamente da ciò che è certo per conoscere l’ignoto e questo potrebbe portare a casi di perdita dell’orientamento nel percorso che ci si è dati. Si ricorre perciò ai succedanei sintetici o allo stordimento con droghe o con alcool e il malessere viene sopito senza però essere affrontato. Il malessere della generazione neo-mobile si tramuta in varie e diverse per gravità, forme depressive: malinconie, perdite senza rimpianti, amori non corrisposti, separazioni, delusioni o fallimenti, ma anche i successi inaspettati e le scelte difficili possono tramutarsi alcune volte in disperazione.
E quando lo spaesamento metropolitano e la sofferenza urbana non vengono riconosciuti e “accolti”, si passa a patologie ben più gravi come lo stato di povertà e di abbandono, la perdita dell’autonomia e dell’equilibrio nella propria vita fino alla vita in strada e diventa non difficile incontrare dei senza fissa dimora italiani nelle principali capitali europee oppure degli italiani illegalmente presenti sul territorio di una nazione che vengono messi in stato di detenzione ed espulsi. Il caso di Londra è emblematico. Da gennaio a luglio 2018 sono stati 3.800 gli interventi realizzati dall’Ufficio Servizi Sociali del Consolato Generale di Londra. Con una media di 21 interventi al giorno, o 633 al mese, gli interventi hanno riguardato tipologie molto ampie di aiuto a residenti e turisti, includendo anche il supporto a chi è vittima di furti, o ha problemi di salute, o di cui viene segnalata la scomparsa. Sono almeno 126 gli italiani che vivono in povertà estrema nella Capitale inglese. La nazionalità italiana è al quarto posto tra quelle europee presenti a Londra tra i senza fissa dimora. Solo nel 15% dei casi di tratta di donne. Di molti non si conosce la nazionalità né il sesso. La metà di loro ha un problema di salute mentale, seguito da situazioni di difficoltà causate da alcool e droga.
“Siate voi pellegrini sulla strada dei vostri sogni”. È l’augurio che Papa Francesco ha rivolto ai giovani italiani che hanno accolto l’invito della Conferenza Episcopale Italiana e delle loro diocesi a mettersi in cammino verso Roma ad agosto 2018, alla vigilia del Sinodo tuttora in corso. Una metafora, quella del Pontefice, che richiama il viaggio e la mobilità che mai come oggi devono essere parte integrante del cammino formativo dei giovani- ma anche degli italiani e delle popolazioni in generale- affinché ci si arricchisca delle relazioni con l’altro e l’altrove. Più volte si è tornati sulla necessità della circolazione della mobilità, sulla necessità che la mobilità sia circolare, che alla scelta di partire corrisponda cioè la possibilità di tornare. Lasciare la libertà di decidere, di andare, di afferrare opportunità perché viaggiare è un diritto all’interno del quale ne vive uno più grande, il diritto all’esistenza. Un vivere però non rassegnato, non di accomodamento, ma realizzando sogni, ricercando ciò che fa stare bene, correndo incontro alla felicità. Il diritto, quindi, a un’esistenza felice in uno spazio, un’unica e sola Terra che è di tutti e non di alcuni, madre quando accoglie e matrigna quando costringe ad andare via, ma dove ogni persona ha il diritto di vivere felice e rincorrere i sogni anche al costo di essere multisituata, continuamente di passaggio, stabilmente in mobilità, conclude la Fondazione Migrantes.
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