di Mauro Seminara
Inevitabile che venga in mente Flaiano, anche se parafrasato, con il caso dell’ennesimo scontro tra il Cambiamento che avanza e la stampa che arretra. Flaiano viene in mente perché la situazione è grave, ma non sembra affatto seria. Al centro dell’agguerrito dibattito c’è il Movimento 5 Stelle con i suoi attacchi alla stampa, o a certa stampa, o forse ancora a certi “pennivendoli” e non ai giornalisti. Attacco conseguente all’assoluzione della pluribersagliata Virginia Raggi, sindaca di Roma e forse record woman per il numero di prime pagine nazionali ottenute subito dopo la sua elezione e senza ancora aver combinato nulla. Il M5S aggredisce quindi quanti avrebbero gettato fango sulla sindaca, ma il bersaglio ha una falsa origine ed un obiettivo alternativo. Le vicende giudiziarie di Virginia Raggi sono state sicuramente pompate all’inverosimile; tanto che se Sala avesse avuto un decimo della visibilità di Raggi con le vicende giudiziarie milanesi si sarebbe forse anche dimesso. Ma è anche vero che nulla può vietare ad una testata giornalistica di occuparsi delle vicende giudiziarie di un amministratore della cosa pubblica né gli si può dire quale notizia deve essere più importante. Infatti, la notizia dei presunti reati di Virginia Raggi era legittima. Solo che non lo erano le non notizie, frutto di morboso voyerismo, riguardanti illazioni, congetture e panini sul terrazzo del Campidoglio nella pausa pranzo. Un po’ ed un po’. L’informazione era obiettivamente distorta e concentrata oltre ogni ragionevole principio giornalistico sulla “sindaca grillina” della Capitale, ma il fango per due anni ed altre accuse ai giornalisti sono comunque ben poco calibrate. Perché allora viene in mente Flaiano? Perché domani si terranno in molte città italiane dei flash mob per protestare contro gli attacchi alla stampa di chi sugli attacchi alla stampa ha costruito buona parte del proprio consenso elettorale, raggiungendo il 30% alle elezioni, spostando l’elettorato sui social a fonte diretta e senza contraddittorio dei leader politici e contribuendo così ulteriormente a screditare la stampa tradizionale e le vendite dei giornali. Quindi, giusto quando un mea culpa ci potrebbe anche stare, il giorno in cui qualcuno con tanto coraggio e poca dignità titolava che “Virginia Raggi è innocente ma…”, la stampa decide di insorgere contro chi sta attaccando la stampa nazionale da anni ed alimentandosi di questo scontro.
Il mondo del giornalismo si è sentito offeso tutto, da nord a sud e dai direttori agli schiavi occasionali, per quella parola: puttana. Tutti sui social a dire “oui, je suis puttana” piuttosto che “sono puttana dal…”, indicando l’anno di iscrizione all’onorato Ordine dei Giornalisti. In piazza domani ci saranno flash mob promossi dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e dalle Associazioni Regionali di Stampa. Gli stessi per i quali è normale che i giornalisti lavorino per tre o cinque euro ad articolo, con le spese a proprio carico e quindi da detrarre dai cinque euro, senza alcuna tutela e completamente ad assunzione di responsabilità individuale. Per questi paladini dell’articolo 21 della Costituzione che domani manifesteranno al grido di “Giù le mani dall’informazione!” e “Basta attacchi ai giornalisti!”, lo schiavismo dei “collaboratori esterni” pagati giusto un rimborso spese simbolico perché l’indomani possano comprare una copia del giornale che dovrebbe ospitare il proprio articolo ed il conflitto di interesse degli editori che fanno politica e dei direttori che fanno gli avvocati d’ufficio dei partiti nei salotti Tv non merita alcun flash mob. Questi non sono motivi per urlare “Basta attacchi ai giornalisti!” o “Giù le mani dall’informazione!”. Eppure, se questa piazzata fosse avvenuta l’indomani della puntata di Report in cui si svelava – al pubblico, perché i giornalisti lo sanno già ed anche bene – la miseria della retribuzione media di un giornalista in Italia, l’FNSI come l’Ordine dei Giornalisti e tutti gli altri sostenitori del flash mob sarebbero stati molto più credibili. Come più credibili sarebbero stati quei giornalisti-schiavi che ogni giorno devono trovare qualcosa che al giornale possa andare di pubblicare, altrimenti il lavoro sarà sprecato e non si recupereranno neanche i cinque euro, ed oggi sentono il proprio orgoglio ferito oppure per sentirsi più importanti si danno della puttana da soli, come se scrivessero ogni giorno di politica nazionale con editoriali in prima pagina invece che di semafori che si guastano causando traffico in cittadine di provincia.
Nel post Facebook pubblicato sabato da Alessandro Di Battista, che rappresenta la metà dell’onta completata da Luigi Di Maio, dopo aver asserito che Virginia Raggi è stata ricoperta di fango e trattata come una sgualdrina, il Dibba chiosa con: “Oggi la verità giudiziaria ha dimostrato solo una cosa: che le uniche puttane qui sono proprio loro, questi pennivendoli che non si prostituiscono neppure per necessità, ma solo per viltà”. Il passionario del Movimento 5 Stelle quindi attacca ed offende quanti hanno attaccato ed offeso Virginia Raggi e non tutti i giornalisti. Tanto che la chiusura del primo paragrafo del post-“sfogo” è esattamente: “Sono pennivendoli, soltanto pennivendoli, i giornalisti sono altra cosa”. Un’astuzia di chi, con ogni probabilità, è ben consapevole di come si guadagna spazio sui giornali e come si fa chiasso senza impantanarsi in frasi non ritrattabili e giustificabili. Alessandro Di Battista infatti attacca i “pennivendoli” e implicitamente difende i veri giornalisti che “sono altra cosa”. E a ripensarci, qualche altra massima di Flaiano verrebbe pure in mente. In effetti, la stampa oggi risentita dalle offese dei “grillini” – così, in modo denigratorio definiti a reti e giornali unificati per anni – è la stessa che alimenta i violenti accusatori con il continuo rilancio quotidiano di post, tweet, idiozie, esternazioni personali ed altro ancora, consentendo loro in tal modo di beneficiare del vastissimo pubblico di Tv e giornali senza dover sostenere un’intervista o un contraddittorio. Il meccanismo è: il leader politico spara una delle sue su un social, magari pure con video streaming, il telegiornale lo manda in onda e il pubblico che non lo aveva visto o letto sul social è stato bello che raggiunto. Perché tanto masochismo giornalistico? Chiaro, perché al pubblico piace! Quindi si è malpensanti a credere che tutto sommato, chi dirige un giornale o un telegiornale, un po’ “di facili costumi” c’è? Perché comunque, alla fine della storia, è di chi dirige le testate giornalistiche che si sta parlando. Cioè, di chi decide di cosa ci si occuperà domani e quanti giornalisti inviare per coprire la notizia “inquinamento e Terra dei Fuochi” e quanti per coprire la notizia “Virginia Raggi al supermercato, chi le spinge il carrello?”.
Nei giorni scorsi abbiamo letto e riletto un altro “notizione” da edizione delle venti del telegiornale: le frasi di Rocco Casalino, al tempo ex starlet del Grande Fratello prima edizione, nel 2004, su affetti da Sindrome di Down ed anziani. Chiarire è d’obbligo. Non il Rocco Casalino portavoce del premier Conte, che in un ipotetico audio fuori onda dichiara di non sopportare gli anziani e che gli fanno schifo quelli con la Sindrome di Down, e magari pure che se fosse per lui chiuderebbe tutti i centri per disabili fisici e psichici. No. Rocco Casalino che nel 2004 fa il provocatore da salotto e dice delle idiozie che, a risentirle tutte quelle di Taricone, della “Gatta morta” e degli altri concorrenti si poteva chiudere il programma Grande Fratello già alla prima edizione. Il video con queste affermazioni di Casalino però viene ripreso da varie testate, e poco importa se non è chiaro neanche in che termini ed in che contesto le affermazioni erano state rese: tam tam contro Casalino che manco fosse la notizia sulla Legge di bilancio dello Stato. Qualcuno però, per fortuna, si era anche accorto che il video – dopo 14 anni dalla sua realizzazione – era stato pubblicato su YouTube con una settimanella di anticipo rispetto all’esplosione virale su tutte le testate. Dettaglio da tenere a mente. Tutti si sono concentrati sulle sconcertanti frasi riguardanti i portatori di handicap e anziani, ma nessuno ascolta o evidenzia quanto lo stesso Casalino, qualche minuto più avanti, dichiara nel corso dello stesso incontro con i giovani futuri giornalisti in quel corso di formazione professionale organizzato all’Istituto Bauer di Milano. In quelle parole, pronunciate da Rocco Casalino quando non esisteva neanche il Movimento 5 Stelle, c’era il passato, il presente ed il futuro della politica nazionale. Ma, nulla. Quelle sono sfuggite!
In una parte della lunga interlocuzione tra Rocco Casalino, al tempo semplicemente un ex concorrente del Grande Fratello nella sua prima storica edizione, si evince chiarezza da parte dell’attuale guru della comunicazione pentastellata in materia di media e condizionamento del pubblico. Casalino cita gli esempi di Emilio Fede e Michele Santoro, diversi tra loro, a suo dire, non nelle intenzioni ma nello stile e per target di pubblico a cui essi si rivolgono. Emilio Fede era quindi un comunicatore, notoriamente fedelissimo a Silvio Berlusconi, che si rivolgeva alla massaia dal suo telegiornale su Rete 4, mentre Michele Santoro, di opposta ideologia politica, affrontava un target più complesso e strutturato come i giovani eruditi italiani.
In un altro momento dell’incontro tra Casalino e gli studenti, l’ex concorrente del Grande Fratello sembra quasi presagire l’arrivo, al tempo ancora molto lontano, del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo con il relativo “mandiamoli a casa” e conseguente turn over politico. Nel 2004, secondo Rocco Casalino, c’era una sorta di immobilismo, un “blocco” che impediva le nuove entrate in politica e nelle aziende pubbliche per cui era inevitabile – sembra far intendere – che dovesse accadere nuovamente qualcosa come era successo all’inizio del decennio precedente con l’inchiesta “Mani pulite” da cui poi nacque la cosiddetta “Seconda repubblica”. Saltando un po’ nel corso del lungo incontro, in questa seconda breve sequenza si sente Casalino non celare le proprie ambizioni e tornare sulla questione del talento da frontman che, a suo dire è innato e non lo si può maturare. Dono innato come potrebbe essere, ad esempio, quello del più amato tra i pentastellati: il Di Battista che nel 2004 Casalino si suppone non conoscesse ancora.
Infine, in questa terza breve selezione di argomentazioni che Casalino ha donato alla sua piccola platea, il dietro le quinte del “litigio” a favor di pubblico, come si intrattiene lo spettatore con sempre nuovi espedienti, come lo si stupisce, ed una piccola manifestazione di autostima per le doti che sotto questo profilo lo stesso Casalino si riconosce. Dulcis in fundo, in questa selezione, il principio enunciato da Rocco Casalino secondo cui non importa se e come lo si definisce, purché lo spettatore non cambi mai canale, e le sue buone sensazioni sul trovare in futuro un suo “spazio” dove mettere a frutto le doti di strategia comunicativa di cui si sente fiero. Quest’ultima parte del lungo intervento-lezione tenuta nel 2004 a Milano da Rocco casalino, riascoltata in chiave Casalino spin doctor del Movimento 5 Stelle, sembra decisamente più interessante di altre in cui l’ex concorrente giocava a fare il provocatore su disabilità e integrazione. Alla luce di questa datata spiegazione del dietro le quinte del mondo della comunicazione, l’odierno numero uno della comunicazione politica pentastellata sembra stupire meno. Molto di più, invece, stupiscono quei giornalisti che oggi scenderanno in piazza per seguire un copione scritto con buona probabilità da uno stratega della manipolazione massmediatica ed interpretato, a loro insaputa, da migliaia di giornalisti. E magari non tutti lo interpretano davvero a loro insaputa. Nel frattempo, con il caso fortuito della pubblicazione del video da cui sono estratte queste sequenze, casualmente scoperti da Dagospia e ripresi da quasi tutte le testate per l’indignazione sulla frase riguardante quanti hanno la sindrome di Down, il buon vecchio Rocco Casalino si è anche fatto un passaggio – tutto suo, da protagonista – a Che Tempo che Fa di Fabio Fazio, con una audience notevole e con conseguenti reprise sui giornali. A poker si suol dire che quando non si sa per certo chi è il pollo, allora il pollo sei proprio tu!
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