Questa mattina si è verificato l’ennesimo sisma di intensità da non sottovalutare. Anche l’epicentro, in rapporto alla magnitudo, non è da sottovalutare. La scossa di terremoto delle 08:35 di questa mattina è stata infatti localizzata a sud di Napoli, a nordest del Marsili, nella fossa del vulcano sommerso che per dimensioni supera perfino l’Etna. Tra il Marsili ed il Vesuvio, considerato quest’ultimo uno dei vulcani in quiescenza più pericolosi del mondo, una scossa di terremoto di 2.8 gradi di magnitudo come quella di questa mattina non è certo un evento da valutare con leggerezza. Soprattutto se questa si verifica dopo uno sciame sismico come quello che per l’intera mattina di martedì ha fatto brontolare l’Etna, cioè il vulcano attivo più grande d’Europa. Altra intensa attività sismica è stata rilevata dai sismografi dell’INGV nelle scorse settimane, sempre al largo della Calabria come quella di stamane, ma con picchi di magnitudo sopra i tre gradi.
L’Etna è un monte sacro in Sicilia, rispettato dai siciliani con la consapevolezza che da esso può dipendere la vita e la morte dell’intera popolazione. Monitorato con si fa con un dio del quale bisogna sempre conoscere l’umore. Ieri, a Catania, è stato firmato un protocollo d’intesa tra ANCE Catania e Geologi Sicilia per “Azioni comuni sulla mitigazione del rischio sismico”. In sintesi, l’obiettivo preposto è la cooperazione per l’elaborazione di banche dati e linee guida per indagini geologiche funzionali a strategie d’intervento sul patrimonio edilizio. A Catania, in altri termini, si inizia a fare sul serio per la definizione dei parametri di coabitazione con una potenza della natura come quella su cui la città e l’hinterland sorgono. L’obiettivo dell’accordo è quindi quello di promuovere un tavolo permanente di confronto fra le due realtà presiedute rispettivamente da Giuseppe Piana (Ance Catania) e Giuseppe Collura (Geologi Sicilia), i quali hanno firmato il documento nella sede dell’associazione catanese, alla presenza del vicepresidente dell’Ordine Mario Leta e dei consiglieri Mauro Corrao e Giovanna Pappalardo.
Oggi il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, è intervenuto al secondo dei tre giorni di European Forum for Disaster Risk Reduction, il forum europeo per la riduzione del rischio da disastri. L’intervento del presidente Conte, già nella sua premessa, ha dipinto un’Italia, sotto il profilo sismico e vulcanico, dalla quale ci si dovrebbe aspettare una prevenzione quantomeno pari a quella messa quotidianamente in atto dal Giappone: “L’Italia, come sapete, è da sempre esposta a svariate tipologie di rischio ambientale. Siamo, pensate, il Paese europeo con il più alto numero di vulcani attivi, molti dei quali fortunatamente in quiescenza, almeno temporanea. L’intera penisola nasconde nel sottosuolo uno straordinario intreccio di faglie sismogenetiche, suscettibili di produrre terremoti distruttivi e con effetti devastanti in relazione alla elevata vulnerabilità sismica di un patrimonio edilizio, monumentale, storico e infrastrutturale nella gran parte costruito in epoche in cui le tecniche antisismiche erano pressoché sconosciute”.
I rischi, gravissimi, a cui l’Italia è esposta sono stati espressi dal presidente del Consiglio presso il Centro Congressi Auditorium della Tecnica, alla cerimonia di apertura del Forum europeo sulla riduzione del rischio da disastri, immediatamente dopo quelli di natura tellurica: “Registriamo inoltre una notevole quantità di frane sulle zone collinari e montuose, da tempo non più coperte da un’adeguata forestazione e con terreni ormai da decenni lasciati privi di manutenzione ordinaria. Il rischio idrogeologico si è manifestato storicamente anche in esondazioni di fiumi e torrenti come conseguenza di alluvioni.” Eventi catastrofici ancora nella viva memoria di tutti gli italiani ed i cui effetti sono visibili nelle limitazioni che in molte regioni d’Italia gli alluvionati ed evacuati sono costretti ad affrontare. E di questa il premier ne ha fatto ineludibile menzione: “Nelle scorse settimane, come è noto, la nostra Penisola è stata flagellata dal maltempo che, da Nord a Sud, ha coinvolto 11 Regioni, ha causato 29 morti, a cui si aggiungono le quattro vittime di inizio ottobre, e danni ingenti ai territori e alle popolazioni. Non è la prima volta che il nostro Paese è interessato da simili fenomeni che, purtroppo, provocano devastazioni ambientali, morti e migliaia di persone coinvolte.”
Ministro dell’ambiente, Sergio Costa, aveva già annunciato che sono stati messi a disposizione delle Regioni oltre 6 miliardi di euro – 900 milioni per triennio, circa 300 milioni di euro all’anno tra tutte le regioni – per il contrasto al dissesto idrogeologico. Si tratta, come ha confermato il premier all’European Forum, di risorse che provengono prevalentemente dal Fondo per lo sviluppo e la coesione. Ciò che ha avuto più risonanza, oggi, sono le cifre che il premier ha ufficializzato al Forum circa gli stanziamenti del Governo per le aree più colpite: i 700 milioni di euro con il decreto Genova e, come annuncia lo stesso Conte, “per quanto poi concerne il maltempo delle settimane scorse, in Consiglio dei Ministri abbiamo deliberato lo stato d’emergenza per undici Regioni e stanziato 53,5 milioni di euro per i primissimi interventi, altri 200 milioni stanno arrivando con un mio personale decreto”. Non si parla però, ancora, di un fondo italiano per l’intervento immediato in caso di calamità naturali o catastrofi da attività tellurica o vulcanica. In ognuno di questi casi, l’unica pronta soluzione è quella del fondo di solidarietà europeo, capace di stanziare immediatamente ed ancora prima di ricevere relazioni tecniche sugli eventi una cifra pari a 30 milioni di euro. La massima contribuzione però si attesta intorno ai duecento milioni, e se dovesse esplodere il Vesuvio o un terremoto dovesse distruggere, come già accaduto in Italia, una grande città, forse il fondo europeo non basterebbe neanche per le solite italianissime cabine di regia per la concertazione del “dopo cosa facciamo?”.
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