L’attuale ed il precedente governo italiano, più nello specifico l’attuale ed il precedente titolare del Viminale, se fossero dei siluranti potrebbero fare una nuova tacca sui tubi: anche la Aquarius è stata “affondata”. Lo ha comunicato ieri Medici Senza Frontiere con una nota stampa: “Mentre rifugiati, migranti e richiedenti asilo continuano a morire nel Mar Mediterraneo, con il nostro partner SOS Mediterranee siamo costretti a chiudere le operazioni della nave di ricerca e soccorso Aquarius”. La decisione è stata presa quale epilogo di una guerra alle Ong che nel caso della nave arancione di SOS Mediterranee in partnership con Medici Senza Frontiere vede un ordine di sequestro emesso su richiesta della solita Procura di Catania e l’impossibilità delle organizzazioni internazionali di riuscire a trovare uno Stato il cui registro navale sia disposto a concedere iscrizione e quindi bandiera. La nave è infatti ferma a Marsiglia senza bandiera e virtualmente sotto sequestro. Una nave fantasma che, da inizio attività nel febbraio del 2016, aveva salvato la vita a 30mila persone. Tutte potenzialmente vittime di naufragio nel Mediterraneo centrale durante le traversate dalla Libia all’Italia.
“La fine forzata delle attività della Aquarius avviene in un momento critico. Almeno 2.133 persone sono morte nel Mediterraneo quest’anno, la stragrande maggioranza era partita dalla Libia. Gli stati membri dell’Europa hanno alimentato terribili sofferenze consentendo alla guardia costiera libica di intercettare più di 14.000 persone in mare e riportarle forzatamente in Libia, in aperta violazione del diritto internazionale. Ma nel 2015, l’Europa aveva preso un impegno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: nessuna persona soccorsa in mare sarebbe stata costretta a tornare in Libia.” Questa è la fotografia, semplice e cruda, dello stato di fatto descritta dal Medici Senza Frontiere nella nota pubblicata ieri. La flotta delle navi civili da soccorso umanitario è stata quindi praticamente azzerata, anche se la stessa era niente altro che il frutto di una missione italiana – Mare Nostrum – avviata e ritirata dopo che lo stesso avvicinamento delle navi della Marina Militare tricolore alle coste della Libia aveva causato un esponenziale incremento dei rischi di naufragio per i migranti. Il ritiro della missione umanitaria italiana, che l’Unione europea si era rifiutata di rendere una missione Ue, aveva lasciato un vuoto che veniva colmato dal numero di morti accolti sul fondo del Mar Mediterraneo.
L’ultima grande nave da soccorso umanitario è quindi ufficialmente fuori da qualunque ipotesi di ripresa della missione. La sua missione si è interrotta il 4 ottobre 2018, quando la nave è arrivata al porto di Marsiglia dopo aver soccorso 58 persone. Già altre navi erano state tagliate fuori con vari metodi e ragioni nel corso del ministero di Marco Minniti al Viminale. “Con le precedenti navi umanitarie, Bourbon Argos, Dignity, Prudence e Phoenix, MSF ha soccorso o assistito oltre 80.000 persone dal 2015”, scrive l’organizzazione internazionale nella nota di ieri. Tutte navi, quelle elencate da MSF, che sono state allontanate dal Mediterraneo centrale con ignominia, malgrado le accuse mosse a carico delle Ong che le armavano si rivelarono tutti insussistenti. Rimane la Mare Jonio, rimorchiatore “solitario” messo in mare dalla italiana Mediterranea Saving Humans, a fare da osservatore e – quando possibile – soccorritore la dove le consegne sembrano ormai essere quelle di non soccorrere nessuno e lasciare che ad operare siano solo i libici che non potrebbero invece prendere i migranti e riportarli nel loro porto internazionalmente ed ufficialmente riconosciuto quale “porto non sicuro”.
Anche SOS Mediterranee, nel suo piano originale di internazionalizzazione della missione, aveva una componente italiana. Dopo SOS Mediterranee francese e tedesca, le prime costituite dai fondatori, la francese Sophie Beau ed il tedesco Klaus Vogel, era nata SOS Mediterranee Italia. L’associazione però non ebbe la capacità di far fronte ai propri impegni né di cogliere in pieno le proprie responsabilità. La prima associazione umanitaria italiana che avrebbe contribuito a salvare vite nel Mediterraneo centrale mancò di grande misura l’obiettivo di rappresentare le Ong nel Paese che accoglieva i migranti soccorsi e difenderle pubblicamente dagli attacchi politici e dell’opinione pubblica. Anche gli obiettivi di raccolta fondi non sono stati neanche sfiorati e l’associazione italiana si è arenata, già dalla sua costituzione, in uno stato ectoplasmatico in cui l’anonimato e l’assenza di struttura l’hanno fatta da padrone. Un lassismo, condito da passiva sudditanza alle consorelle francese e tedesca, che ha portato l’associazione italiana alle recenti dimissioni della sua presidente e del direttivo, peraltro senza idee di sostituzione o di nuovi piani. La disfatta della flottiglia di navi da soccorso umanitario è stata quindi resa ancor più facile ad un nemico organizzato in maniera militare. Governi contro, intelligence contro, Difesa contro, “macchina del fango” contro e Procure contro, erano troppo per qualunque Ong che si muoveva senza gli strumenti per contrastare politiche internazionali-istituzionali mirate a sgomberare il campo e rendere il Mediterraneo centrale un luogo assolutamente privo di testimoni civili.
Gabriele Eminente, Direttore Generale MSF Italia, dichiara sul caso: “È un giorno buio. Non solo l’Europa ha fallito nel garantire la necessaria capacità di ricerca e soccorso, ma ha anche sabotato chi cercava di salvare vite umane. La fine di Aquarius vuol dire più morti in mare, più morti evitabili che avverranno senza alcun testimone.” Claudia Lodesani, presidente MSF Italia, nella speranza di poter riprendere missioni di soccorso alternative per le persone a cui si offriva un soccorso ed un approdo sicuro dai rischi della traversata, traccia il contorno in cui questa perdita di civiltà italiana ed europea si concretizzano: “In un crescente clima di criminalizzazione dei migranti e di chi li aiuta, si perde di vista il principio stesso di umanità. Finché le persone continueranno a morire in mare o a subire atroci sofferenze in Libia, cercheremo nuovi modi per fornire loro l’assistenza umanitaria e le cure mediche di cui hanno disperatamente bisogno.” Assistenza e cure mediche che, con grande probabilità, Medici Senza Frontiere si vedrà costretta a fornire sul territorio italiano a quei migranti che la cosiddetta Legge Salvini sta buttando in mezzo ad una strada, rendendoli invisibili clandestini in balia della fame, dei rischi sanitari e della criminalità organizzata che farà leva sull’istinto di sopravvivenza.