Il testo era stato depositato dal ministro pentastellato Alfonso Bonafede e, come ogni iniziativa dell’attuale Governo, presentato come una delle armi vincenti del Movimento 5 Stelle contro la corruzione. Tra le iniziative anticorruzione, oltre all’agente sotto copertura finalmente inquadrato tra le leggi italiane, c’era anche un adeguamento del Decreto legge 149 del 2013 con cui si regolamentavano le fondazioni, le associazioni ed i comitati riconducibili ai partiti politici. Un fenomeno in ascesa negli ultimi anni. Fondazioni, “Think tank”, associazioni e comitati vari, beneficiando di scarsi obblighi di legge, con particolare riferimento alle donazioni liberali, erano divenuti casse occulte di finanziamento a partiti o ancora peggio a personaggi politici di peso all’interno dei grandi partiti. Sulla questione si batte da anni l’osservatorio OpenPolis, e dal 2015 ad oggi aveva censito 121 fondazioni riconducibili ai partiti. La stessa associazione promotrice dell’adeguamento normativo per la trasparenza delle fondazioni politiche denuncia adesso perplessità sul testo della Legge approvata il 13 dicembre scorso e già emanata dal presidente della Repubblica.
Metodi di annullamento per eccesso di regole vaghe non sono una novità nella politica della cosiddetta “Seconda Repubblica”. Anche in questo caso, il dubbio è che l’ampliamento della definizione contenuta nell’articolo 20, comma 1, del DDL anticorruzione, renda impossibile controllare le fondazioni e le sue donazioni ai partiti o ai singoli personaggi politici impegnati in campagne elettorali. Già nel parere espresso sul Disegno di Legge da Raffaele Cantone, capo dell’autorità nazionale anticorruzione, era presente la criticità sull’effettiva esecuzione del controllo ispettivo da parte della Commissione che dovrebbe garantire la trasparenza delle fondazioni e quindi dei finanziamenti ai partiti. “È il caso di ricordare sommessamente – relazionava in parere Raffaele Cantone ad ottobre dello scorso anno – che i componenti della prima commissione, nominata nel 2012, si dimisero in massa meno di due anni dopo per protestare contro la mancanza di risorse, strumentali e di personale, che di fatto impediva lo svolgimento dei compiti affidati dalla legge.”
Il motivo di tale allarme, per cui Cantone raccomandava “un adeguato rafforzamento del personale e dei mezzi a disposizione della Commissione”, consiste nella definizione dell’articolo 1 sopracitato che recita: “[…] sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che siano o siano state, nei dieci anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali per esservi state elette o nominate in virtù della loro appartenenza a partiti o movimenti politici, nonché le fondazioni e le associazioni che eroghino somme a titolo di liberalità o contribuiscano in misura pari o superiore a euro 5.000 l’anno al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, di membri di organi di partiti o movimenti politici o di persone che ricoprono incarichi istituzionali.”
Le 121 fondazioni e think tank censite in tre anni da OpenPolis, come lo stesso osservatorio asserisce, con tale ampiezza di definizione e partecipazioni, potrebbero diventare un numero enorme ed impossibile da controllare. Ad aggravare l’ambiguità della definizione al comma 20 dell’articolo 1 c’è poi una scelta letteraria impossibile da applicare a norma di legge se non per soggettiva interpretazione: “in tutto o in parte”. Come dire “tutto o nulla”, “molto o poco”, “utile o del tutto inutile” come una legge scritta in simile vago modo. Il risultato quindi, allo stato attuale, è di un sicuro vantaggio ai partiti. Le fondazioni da controllare saranno così migliaia ed il personale che dovrà verificare tutte le presenze negli organi direttivi, considerando anche chi nell’ultimo decennio è stato eletto in un Consiglio comunale, non sarà mai sufficiente. Tecnicamente basterà costituire nuove fondazioni, think tank, associazioni e comitati ogni anno per eludere i controlli ispettivi della Commissione. La Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, rimane infatti composta da cinque membri. Di questi, uno viene designato dal primo presidente della Corte di Cassazione, uno designato dal presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal presidente della Corte dei conti. Invece di moltiplicare gli ispettori sono state moltiplicate le fondazioni da ispezionare. Ed una volta individuata la fondazione riconducibile ad un partito? Pare che nel DDL anticorruzione, la “spazzacorrotti”, abbiano dimenticato di precisare l’estensione degli obblighi di legge per la trasparenza che si limiterà a quanto già previsto dal Decreto legge del 2013.