di Vincenzo Giardina
Donald Trump ha affermato di riconoscere Juan Guaidò, dirigente dell’opposizione del Venezuela, come capo dello Stato ad interim del Paese latinoamericano. In una dichiarazione, il presidente statunitense ha definito il governo di Nicolas Maduro “illegittimo”, sostenendo che al contrario “l’unico ramo dell’esecutivo legittimo” fa capo a Guaidò. Guaidò si era autoproclamato presidente durante una manifestazione di protesta organizzata nel giorno che ricorda la fine nel 1958 della dittatura di Perez Jimenez. Guaidò guida l’Assemblea nazionale, un organismo controllato dall’opposizione e privato di poteri legislativi dall’esecutivo “bolivariano”.
Decine di migliaia di persone sono scese in piazza ieri a Caracas e in altre città del Venezuela, dove si è celebrata la festa nazionale per il 61esimo anniversario della fine del regime militare di Marcos Pérez Jiménez. Sul suo sito web, il quotidiano di opposizione ‘El Nacional’ ha parlato di lanci di lacrimogeni nell’area di El Paraiso, a Caracas, contro i manifestanti che si oppongono al presidente Nicolas Maduro. Da parte sua, la televisione ‘Telesur’, più vicina alle posizioni del Partito Socialista Unito (Psuv), ha diffuso le immagini di una manifestazione filo-governativa nella capitale, accusando l’opposizione di appoggiare un’agenda legata a “ordini degli Stati Uniti”. ‘Gritemos con brio’, ‘gridiamo con forza’, è invece l’hashtag lanciato dall’ong per i diritti umani ‘Provea’ in occasione dei cortei di ieri: “In oltre 60 città il popolo venezuelano ha alzato la voce contro la dittatura” si legge in una nota pubblicata sul suo sito. “La soluzione alla situazione critica che viviamo passa dal protagonismo del popolo e dall’attivazione dei meccanismi stabiliti dalla Costituzione” prosegue il comunicato, invocando elezioni “credibili, giuste e inclusive”.
“La chiave sono le Forze armate, non solo i comandi ma anche i gradi più bassi, fino a quei soldati che sentono i morsi della crisi economica sulle loro stesse famiglie”: così all’agenzia ‘Dire’ padre Wilson Ochem, missionario a Caracas, sul conflitto politico in Venezuela. Secondo il religioso, brasiliano, della congregazione della Consolata, “ai livelli inferiori dell’esercito si sta diffondendo scontento per le privazioni e le difficoltà quotidiane”. La tesi è che proprio gli orientamenti in seno alle Forze armate definiranno l’esito del conflitto tra il capo dello Stato, Nicolas Maduro, e l’opposizione che fa ora riferimento a Juan Guaido’. Secondo padre Wilson, “è improbabile che il presidente e il suo governo accettino di lasciare soccombendo alla pressione popolare, perché non lo hanno fatto già in altre occasioni, ancora pochi mesi fa”.
Secondo testimonianze di ong locali, in scontri tra dimostranti e agenti anti-sommossa negli ultimi due giorni sono rimaste uccise 14 persone. L’auspicio del missionario, a ogni modo, è che presto possa emergere “una soluzione che aiuti il benessere del popolo”. L’assunto di padre Wilson è che negli ultimi mesi la crisi si è aggravata anche sul piano dei servizi, a cominciare dall’assistenza sanitaria. “Sono stati colpiti pure i quartieri popolari storicamente roccaforte del governo del Partido Socialista Unido de Venezuela” dice il missionario. Convinto che a incidere non saranno comunque i moniti sul rispetto dei risultati delle elezioni del maggio scorso e della “legalità costituzionale”, rilanciati da Maduro dopo che ieri Gaudio’ ha giurato in piazza da “presidente”.
Vincenzo Giardina – Agenzia DIRE