Luca Pagni, Enrico Currò, Carlo Festa e Tobia De Stefano sono quattro cronisti rispettivamente di Repubblica i primi due, del Sole 24 Ore il terzo e di Libero l’ultimo. I quattro giornalisti, pur non essendosi accorti di nulla, furono pedinati dal 19 febbraio al 2 marzo 2018. A farli seguire fu Marco Fassone, allora amministratore delegato della società calcistica Milan. La gravissima circostanza è stata rivelata al Tribunale del lavoro di Milano in seguito al licenziamento di Fassone avvenuto nel mese di agosto dello stesso anno. Il manager si era infatti rivolto al Foro milanese per ottenere il reintegro. La notizia è stata accertata e confermata anche dall’Osservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate.
“A febbraio-marzo 2018, la società calcistica apparteneva al cinese Yonghong Li, che aveva contratto con il fondo americano Elliott un debito di circa 380 milioni di euro. L’uomo d’affari cinese aveva chiesto quel prestito per acquistare il Milan dalla società Finivest. Si era impegnato a estinguerlo entro la fine del 2018. Invece a luglio Elliot divenne l’effettivo proprietario della squadra.” Questo il quadro come verificato dall’associazione “Ossigeno”, acronimo dell’osservatorio. L’obiettivo di Marco Fassone, attraverso la grave violazione commessa facendo pedinare i quattro cronisti, era di scoprire come o da chi questi avessero potuto ottenere informazioni sulle difficoltà finanziarie del Milan e, soprattutto, sugli assetti societari e sui progetti per il futuro del club rossonero.
Del pedinamento dei quattro giornalisti si era occupata l’agenzia investigativa Carpinvest e nel luglio del 2018 questa aveva richiesto il pagamento dei servizi resi. Nel frattempo erano stati nominati dal fondo americano Elliot i nuovi vertici societari, a cui è pervenuta la richiesta di compenso per 74.000 euro avanzata da Carpinvest per l’incarico affidatole da Marco Fassone. In questa circostanza, l’agenzia investigativa aveva inoltre reso noto al club rossonero, dettagliando i servizi resi, che erano stati posti sotto controllo anche dipendenti del Milan. Marco Fassone, nella sua linea di difesa, ha sostenuto che il pedinamento dei giornalisti e dei dipendenti della società erano stati concordati con la precedente dirigenza del club.