di Mauro Seminara
Sono state eseguite questa mattina le ordinanze emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Salerno, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di tre soggetti. Le ordinanze di custodia cautelare, eseguite da Guardia di Finanza e Carabinieri, sono intestate a tre nomi noti nel salernitano ed anche fuori provincia. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate di Salerno, Emilio Vastarella, è stato sottoposto al regime cautelare degli arresti domiciliari per corruzione, mentre in carcere è stato condotto l’imprenditore Gianluca La Marca, amministratore di fatto del noto “Caseificio Tre Stelle” di Eboli. Carcere disposto anche per il pluripregiudicato camorrista Giovanni Maiale. Quest’ultimo, detto “Giovanniello”, appartenente al clan Maiale della Piana del Sele, nel 1994 era divenuto collaboratore di giustizia a seguito di una condanna inflitta in primo grado di giudizio per il reato di associazione mafiosa e per il concorso in diverse estorsioni.
L’attività investigativa era incentrata sulla politica aziendale dell’imprenditore Gianluca La Marca e sul forte reinvestimento che questi aveva messo in atto negli ultimi anni attirando l’attenzione delle Fiamme Gialle insospettite dalla provenienza del capitale. La politica aziendale espansionista si è rivelata di fatto possibile mediante la massiccia evasione fiscale dell’impresa Caseificio Tre Stelle di La Marca. Il patrimonio sottratto all’Erario, nelle intenzioni dell’imprenditore, sarebbe stato reinvestito rilevando allevamenti di bufale da latte, in crisi economica, della zona di Capaccio Paestum ed Eboli. Sulle sue tracce, e su quelle dei suoi investimenti, le indagini hanno condotto gli inquirenti alla partecipazione del camorrista “Giovanniello” e della funzione intimidatoria per dissuadere altri imprenditori dall’acquisto in asta giudiziaria di aziende di allevamento e produzione di latte di bufala di interesse dell’amministratore della Caseificio Tre Stelle. Un caso è stato inoltre documentato dai Carabinieri che hanno visto aggiudicare, ufficialmente alla madre di La Marca, con questo sistema a gara semideserta un incanto al prezzo di 944mila euro contro un valore effettivo di circa 3 milioni di euro.
Gianluca La Marca però non è risultato, agli inquirenti, soltanto un imprenditore che si avvaleva di un camorrista per il “lavoro sporco”. Lo stesso La Marca era infatti in possesso di armi – un fucile a pompa ed una pistola con la matricola abrasa – che per cautela, temendo perquisizioni, aveva affidato al cugino che le custodiva presso la propria abitazione. La perquisizione, a seguito di intercettazioni che rivelavano l’affidamento delle armi, è stata eseguita a giugno dalla Guardia di Finanza e fucile e pistola sono così stati sequestrati. Il cugino dell’imprenditore si è poi anche reso colpevole di false dichiarazioni attribuendosi la proprietà delle armi pur di coprire Gianluca La Marca. Affermazioni mendaci che le intercettazioni avevano già smentito prima della perquisizione.
Il direttore dell’Agenzia delle Entrate di Salerno è stato corrotto da Gianluca La Marca con un bracciale in oro e diamanti per donna ed un orologio di alto valore. Il bracciale è stato effettivamente trovato nell’abitazione di Emilio Vastarella e l’orologio è stato intercettato durante l’ascolto dell’imprenditore che affermava di averlo consegnato al direttore dell’Agenzia delle Entrate. I regali avevano uno scopo corruttivo ben preciso e riguardavano i debiti con il Fisco della Caseificio Tre Stelle con la risoluzione delle pendenze tributarie. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate aveva infatti provveduto a predisporre la pratica di La Marca in modo da far ottenere all’imprenditore uno sconto di 60mila euro sulle sanzioni e lo sblocco su un grosso rimborso IVA congelato a seguito dell’intervento di Agenzia delle Entrate per le controversie tributarie. Il vantaggio economico indebitamente acquisito da Gianluca La Marca mediante la corruzione del direttore dell’Agenzia delle Entrate di Salerno, Emilio Vastarella, è stato quantificato in oltre un milione di euro che la Guardia di Finanza aveva già provveduto a sequestrare su precedente disposizione del GIP in accoglimento della richiesta formulata dalla Direzione Distrettuale Antimafia.