di Fulvio Vassallo Paleologo
I partiti sovranisti e populisti in gara per le prossime elezioni europee litigano su tutto, ma trovano una posizione comune soltanto per intensificare i processi di esternalizzazione delle frontiere europee con risorse sempre maggiori ai paesi terzi che collaborano per fermare, sequestrare, respingere i migranti che ancora cercano vie di fuga verso l’Europa. Persino la Brexit ha saldato settori contrapposti dell’elettorato inglese all’insegna dello sbarramento delle frontiere ai migranti dei paesi terzi, nascondendo i crescenti problemi economici della Gran Bretagna e la questione principale della mobilità del lavoro a livello intraeuropeo, con una mobilità interna certamente superiore agli arrivi di coloro che venivano soccorsi nel Mediterraneo. Saranno i cittadini inglesi a sperimentare per primi, sulla loro pelle, le conseguenze di un voto di chiusura che in nome di una falsa sicurezza ha premiato la spinta nazionalista e protezionista.
In Italia si vorrebbe alimentare una contrapposizione tra autorità nazionali ed istituzioni di Bruxelles, quando invece in materia di immigrazione e asilo, c’è stata una forte convergenza quando si trattava di respingere i migranti da soccorrere in acque internazionali, o da evacuare dalla Libia attraverso i meccanismi di resettlement organizzati dall’UNHCR, rimasti a lungo paralizzati dalla mancanza di disponibilità da parte dei principali paesi europei. Tanto che sono dovute intervenire le organizzazioni non governative per aprire corridoi umanitari, rimasti però troppo ristretti per dare una prospettiva di salvezza alle decine di migliaia di migranti detenuti nei centri di detenzione in Libia o sotto sequestro nelle fattorie nelle quali sono sottoposti a schiavitù ed a ogni tipo di abuso.
Uniti nel respingere, i paesi dell’Unione Europea, divisi nel pagare i costi dei respingimenti e nell’accoglienza diffusa e condivisa. Anche quando si sono adottate misure di contrasto congiunte a livello europeo, come l’Operazione Sophia di EunavforMed, in scadenza al 31 marzo, e come le ultime missioni di Frontex Themis, i principali paesi europei hanno fatto venire meno la loro solidarietà, soprattutto in conseguenza della posizione del governo italiano che ha chiuso i porti di sbarco con il ricatto sulla distribuzione dei naufraghi in Europa, prima ancora che fosse determinato il loro status giuridico. Ma prima ancora erano stati molti paesi europei a non rispettare gli obblighi di relocation (redistribuzione) dei richiedenti asilo giunti in Italia a partire dal 2014, violando anche l’Agenda europea sulle migrazioni (cosiddetto Piano Juncker adottato nel maggio del 2015). E tutti gli stati europei, governati da populisti e nazionalisti, compresi gli italiani, hanno affossato la riforma del regolamento Dublino III che era stata approvata dal Parlamento europeo il 27 marzo 2018.
La mancata firma del Global compact for Migration da parte del governo italiano, soltanto perché richiamava al rispetto dei diritti fondamentali di tutti i migranti in quanto persone, costituisce solo l’ultimo atto del governo italiano che si continua a caratterizzare per gravi violazioni del diritto internazionale in materia di obblighi di ricerca e soccorso in mare. Lo stesso governo con i rapporti privilegiati instaurati con la Guardia costiera libica, aggira il divieto di respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra (art.33). Anche altri paesi europei a guida sovranisti si sono allineati alla posizione italiana. Una grave frattura dell’Unione Europea. Adesso ci attende una campagna elettorale al veleno, carica di odio verso i migranti e chi li assiste, nella quale si alterneranno i temi del blocco delle migrazioni, per qualcuno addirittura del blocco navale, con i temi imposti dalla crisi economica. Anche se gli arrivi di migranti in Europa ed in Italia si sono ridotti al minimo degli ultimi anni, non si vedono prospettive di miglioramento per le condizioni di vita e di lavoro degli italiani, ed in genere dei cittadini europei.
L’attuale modello di sviluppo, i processi di delocalizzazione, la crisi dello stato sociale, i particolarismi regionali, condannano intere generazioni europee ad un futuro di emigrazione (anche interna) e di precarietà. Occorre invertire questo degrado e contrastare l’aggressione contro i più deboli, contro le povertà e le differenze, ma con la pratica di un nuovo modello di convivenza sociale basato sulla solidarietà, sulla valorizzazione dei beni comuni, sull’ambiente, sull’accoglienza considerata come una risorsa e non un problema da risolvere con misure da ordine pubblico. La disuguaglianza, dopo avere colpito i migranti sta aggredendo le fasce più deboli della cittadinanza, ancora illuse che le nuove misure sui redditi di cittadinanza possano compensare la fine delle prospettive di lavoro.
“Prima gli italiani”, con la firma di accordi e memorandum d’intesa con paesi che non rispettano i diritti umani, sta significando ancora morte nel Mediterraneo, con centinaia di dispersi nel Mediterraneo, e di tanti non si sa nulla, perchè vige una stretta censura militare e politica. Soprattutto, dopo la eliminazione quasi totale delle ONG, colpite da iniziative giudiziarie e da campagne d’opinione devastanti, si registra un aumento dei migranti massacrati ed estorti nei centri di detenzione libici, anche in quelli governativi, come confermano le preoccupazioni espresse dall’UNHCR dopo le visite periodiche che ancora riesce a garantire in alcune strutture. Un esempio per tutti, il centro di Al Sikka a Tripoli.
Occorre costruire un vasto fronte di opposizione a queste politiche di morte, sia a livello europeo che a livello nazionale. Attivare meccanismi e soggettività per la solidarietà tra le popolazioni delle due sponde del Mediterraneo. La spinta dal basso, la capacità di resistenza degli attori locali, i processi di autorganizzazione esistono già. Ma occorrono forti e credibili segnali di discontinuità con il passato per non ricadere nelle contraddizioni che hanno caratterizzato la politica migratoria dei governi socialdemocratici in Italia ed in Europa.
Riportiamo una lettera di Don Mussie Zerai sul tradimento dell’Europa e dell’Italia rispetto alle speranze di vita che sono riposte in ogni essere umano e soprattutto di chi si trova ad essere alle mercè delle milizie in Libia, incluse quelle che sostengono il governo Serraj alleato con le autorità italiane ed espressione di una decisione delle Nazioni Unite.
12 marzo 2019, Don Zerai: “Europa, sei complice dell’orrore in Libia”
Pubblichiamo integralmente questo accorato e quasi disperato appello di don Mussie Zerai, il prete di origine eritrea, già candidato al Premio Nobel per la Pace, che da tanti anni si batte per i diritti dei rifugiati
“A tutti gli uomini e a tutte le donne nelle Istituzioni Europee
Ormai da mesi riceviamo segnalazioni e grida di dolore da centinaia di profughi rinchiusi nelle prigioni e nei lager libici: decine di lager disseminati in tutto il territorio e soprattutto lungo le coste. Ma l’orrore è reso invisibile da accordi bilaterali e aiuti di Stato a favore di milizie che controllano i territori. Migliaia di esseri umani sono ridotti in stato di schiavitù e in condizioni degradanti per la dignità umana. E tutto questo accade anche con la complicità di alcuni governi europei, mentre la grande stampa ha scelto di non raccontare questa tragedia dei giorni nostri. Nessuno può dire di non sapere quello che succedeva nel territorio libico, sulla pelle dei più vulnerabili.
Ogni anno celebriamo le giornate mondiali per i diritti dei migranti e dei rifugiati, ma contemporaneamente neghiamo a loro ogni accesso legale per ottenere la protezione di cui hanno bisogno. Celebriamo la giornata contro la schiavitù e contro la tratta, ma certi governi finanziano milizie e guardia-coste collusi con il traffico di esseri umani. Respingiamo le persone che fuggono da quelle realtà consegnandole ai loro aguzzini. Celebriamo la giornata per l’infanzia a protezione dei diritti dei bambini, ma li lasciamo morire nel deserto e nel mare come anche nei lager libici. E tutto questo sta succedendo oggi, non in un altro secolo.
Chiedo a tutti, Uomini e Donne che hanno una coscienza e un’alta considerazione della dignità umana, di attivarsi per rompere ogni muro di omertà, spingere il Parlamento europeo e gli Stati membri a non essere complici di questo orrore, l’olocausto dei giorni nostri, e ad usare ogni strumento utile per liberare e soccorrere le vittime, evacuandole verso territori sicuri e Paesi terzi in grado garantire protezione e futuro dignitoso per questi Esseri Umani.
Esperite ogni canale legale, attivate programmi di reinsediamento, concedete visti umanitari, visti per ricongiungimento familiare, visti per motivo di studio e cure mediche, e attivate il sistema degli sponsor.
Premiate i Paesi africani virtuosi sul sistema di accoglienza, quelli che fanno ogni sforzo per l’integrazione e inclusione di rifugiati e migranti.
Serve un progetto di piano Marshall per l’Africa, in modo che le sue risorse naturali ed umane si trasformino in sviluppo e democrazia per ridare la prospettiva di un futuro dignitoso in Africa a milioni di giovani africani.
Tacere di fronte a tutto l’orrore che accade a poche miglia dal continente europeo e alimentarlo, al contrario, con fondi europei di supporto tecnico e militare, vi rende complici delle gravissime violazioni di diritti fondamentali e delle tante perdite di vite umane”.
Don Mussie Zerai.
Presidente Agenzia umanitaria Habeshia
Articolo redatto dal professor Fulvio Vassallo Paleologo per ADIF