La conferenza stampa del presidente della Corte Costituzionale, Giorgio Lattanzi, tenutasi oggi a mezzogiorno, ha visto un relatore in difficoltà perso in una interminabile risposta ad una domanda piuttosto chiara. La giornalista di Repubblica, presente in sala, aveva chiesto al presidente Lattanzi se le motivazioni di interesse pubblico espresse dal ministro Salvini sul caso Diciotti erano di fatto legittime al punto da assolverlo politicamente dal presunto reato commesso, risparmiandogli in tal modo il processo. La risposta del giudice è stata lunga e tortuosa, a tratti tristemente prossima a quella di un anziano che non ricorda più di cosa stava parlando. Tanti approssimativi dettagli sulle ragioni del voto in Parlamento, sull’equilibrio tra i due poteri (legislativo e magistratura) ed altri rudimenti sui dettami costituzionali, ma nessuna risposta chiara sulla liceità di commettere reati in qualità di ministri della Repubblica.
La giornalista prova a riformulare, ma il presidente evade ancora la risposta. Accenna a conflitti di attribuzione e alle ragioni per cui si passa dal Parlamento, ma non entra mai nel merito del tipo di reato ipotizzato dal Tribunale dei ministri né su come l’esecutivo – ed in particolare il ministro Salvini – ha motivato la legittimità del “sequestro” di cui viene accusato. Il tentativo, da parte di chi rivolgeva le domande al presidente, era di ottenere una opinione sul “precedente” pericoloso che si viene a creare in Italia se un “preminente” interesse dello Stato giustifica ordini criminali impartiti e poi spiegati in maniera elusiva in Parlamento al fine di evitare il processo e l’eventuale condanna. La presidenza della Corte Costituzionale si è però ben guardata dal prendere una posizione su quanto accaduto con il caso Diciotti da agosto al voto di ieri in Senato.