di Mauro Seminara
Oggi, in seduta plenaria, l’Europarlamento ha votato l’atto conclusivo dell’iter per la riforma del diritto d’autore in rete. La direttiva è stata approvata con 348 voti favorevoli, 274 contrari e 36 astensioni. La votazione conclude quindi il processo legislativo iniziato dal Parlamento europeo nel 2016. I singoli Stati membri dovranno approvare la decisione del Parlamento europeo nelle prossime settimane. L’accordo sostenuto dal Parlamento deve essere ancora formalmente approvato dal Consiglio dei Ministri dell’Ue ed entrerà in vigore due anni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. “Questo accordo è un passo importante per correggere una situazione che ha permesso a poche aziende di guadagnare ingenti somme di denaro senza remunerare adeguatamente le migliaia di creativi e giornalisti da cui dipendono”, ha dichiarato il relatore Axel Voss.
Secondo le intenzioni dichiarate in sede europea dai riformisti proponenti, la direttiva dovrebbe garantire che diritti, e gli obblighi del diritto d’autore di lunga data, vengano applicati anche online. YouTube, Facebook e Google News sono alcuni dei nomi di gestori online maggiormente interessati da questa riforma legislativa. Nel testo approvato oggi è stato inoltre specificato che il caricamento di opere su enciclopedie online in modo non commerciale (come Wikipedia) o su piattaforme software open source (come GitHub) sarà automaticamente escluso dal campo di applicazione della direttiva. Le piattaforme di nuova costituzione (start-up) saranno soggette a obblighi più leggeri rispetto a quelle più consolidate. Al riguardo, il relatore Axel Voss ha precisato che “l’accordo contiene numerose disposizioni per garantire che Internet rimanga uno spazio di libera espressione”. Secondo Voss, “tali disposizioni non erano di per sé necessarie, perché la direttiva non creerà nuovi diritti per i titolari. Tuttavia, abbiamo ascoltato le preoccupazioni sollevate e abbiamo scelto di garantire doppiamente la libertà di espressione. I ‘meme’, i ‘gif’, i ‘snippet’ sono ora più che mai protetti”.
Quali sono i sostanziali cambiamenti
Le aziende online, i cosiddetti “big data”, sono notoriamente poco interessati – per usare un eufemismo – alla sottoscrizione di accordi di licenza equi con i titolari dei diritti. I colossi del web non si ritengono responsabili dei contenuti che i loro utenti caricano su piattaforme digitali come i social media e gli aggregatori di notizie. Attualmente sono obbligate a rimuovere i contenuti che violano i diritti solo su richiesta del titolare. Ciò è stato ritenuto dal legislatore oneroso per i titolari dei diritti e quindi inadeguato a garantire loro un reddito equo. La responsabilità delle società online aumenterà le possibilità dei titolari dei diritti (in particolare musicisti, interpreti e sceneggiatori, nonché editori di notizie e giornalisti) di ottenere accordi di licenza equi, ricavando in tal modo una remunerazione più giusta per l’uso delle loro opere sfruttate in forma digitale. In linea di massima appare come un buon proposito, ma in pratica rischia di diventare, al di là dell’ottimismo del relatore, una mannaia per la libertà di espressione ed un rovescio della farraginosa disputa quotidiana sul diritto d’autore. Oggi è il titolare del diritto a dover chiedere la rimozione di un contenuto, domani sarà chi pubblica contenuti a dover continuamente fornire spiegazioni sul come e perché se ne detengono i diritti. La lettura per la rimozione dei contenuti in presunta violazione sarà infatti affidata ad algoritmi di cui i gestori si dovranno dotare e che già oggi causano gravi effetti collaterali.
Tra gli effetti collaterali di cui sopra, è possibile fare un esempio che riguarda un fenomeno già in atto e di cui sono causa i più potenti editori con la complicità degli algoritmi messi in attuazione dai gestori. Se un piccolo quotidiano online pubblica sul proprio canale YouTube un video ricevuto da un ufficio relazioni esterne di un corpo dello Stato, come un arresto o un intervento di soccorso, ed un gigante dell’editoria italiana ha pubblicato lo stesso video (come centinaia di altre realtà), il gestore avvisa che tal editore rivendica i diritti del video. Di fatto il “tal editore” non rivendica nulla, perché un operatore umano sa che i diritti non appartengono né all’uno né all’altro, ma l’algoritmo messo in rete dall’editore sfrutta quello del gestore e quest’ultimo blocca la pagina o anche solo la monetizzazione di pagina. Dovrà quindi essere il micro-editore a dover spiegare al gestore, a danno compiuto, che i diritti non appartengono al grande editore che li rivendica in modo automatizzato. Forse ignaro di come realmente funziona il sistema rete e dominio dei big, il relatore europarlamentare Axel Voss ha candidamente dichiarato di essere “inoltre lieto che il testo concordato oggi protegga in particolare le imprese in fase di avviamento. Le aziende leader di domani sono le start-up di oggi e la diversità dipende da un profondo bacino di aziende giovani, innovative e dinamiche”.
Libertà di espressione e condivisione
La condivisione di frammenti di articoli di attualità è espressamente esclusa dal campo di applicazione della direttiva. Essa, secondo il legislatore, può continuare esattamente come prima, anche se non è ancora chiara la definizione di “frammenti”. La direttiva contiene anche delle disposizioni per evitare che gli aggregatori di notizie abusino del gioco di condivisione o riproposizione di contenuti dirottando sui propri domini il traffico dati in realtà appartenente al produttore del contenuto. Per gli internauti più avvezzi al linguaggio del web, lo “snippet” può continuare ad apparire in un “newsfeed”, come quello del noto Google News, oppure quando un articolo è condiviso su Facebook, ma a condizione che sia “molto breve”. Anche in questo caso, appare ancora poco chiara la definizione di “molto breve”. Il caricamento di opere protette per citazioni, critiche, recensioni, caricature, parodie o pastiche è stato protetto ancor più di prima, garantendo che ‘meme’ e GIF continuino ad essere disponibili e condivisibili sulle piattaforme online. Almeno secondo la direttiva approvata. Questa però, come già precisato, dovrà essere tradotta dai gestori in algoritmi efficienti e non censori, e sulla programmazione di questa “intelligenza artificiale” il legislatore non potrà intervenire in prima persona imponendo una applicazione generale di matrice Ue. Saranno quindi i gestori a decidere chi si avvantaggerà e chi perirà a causa della riforma del diritto d’autore europea.
Propositi ed effetti collaterali
Autori, artisti, interpreti o esecutori potranno chiedere alle piattaforme una remunerazione aggiuntiva per lo sfruttamento dei loro diritti qualora la remunerazione originariamente concordata fosse sproporzionatamente bassa rispetto ai benefici che ne derivano per i distributori. Questo prevede la direttiva approvata oggi. Bisognerà però attendere il recepimento da parte degli Stati membri, l’attuazione a due anni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue e i primi corsi e ricorsi per la reale regolamentazione del mercato che ad oggi ha asfissiato il mercato pubblicitario locale a fronte di riconoscimenti miserabili che arrivano anche a venti centesimi di euro ogni mille visualizzazioni di contenuto. Di contro, c’è anche da considerare che singoli artisti, autori, interpreti o esecutori, dovranno adeguarsi o dotarsi di assistenza legale continua per la gestione dei propri diritti, per la contrattazione della remunerazione, per il riconoscimento del diritto nel caso di cover o parodia erroneamente contestate dall’algoritmo del gestore.
Vantaggio per la ricerca
La direttiva prevede di consentire l’utilizzo gratuito di materiale protetto da copyright per preservare il patrimonio culturale. Le opere fuori commercio possono essere utilizzate quando non esiste un’organizzazione di gestione collettiva che possa rilasciare una licenza. Cosa che già avviene ed a beneficio dei singoli utenti come dei grossi gruppi editori. L’accordo, così come redatto ed approvato, mira a facilitare l’utilizzo di materiale protetto da diritti d’autore per la ricerca che si basa sull’estrazione di testi e dati. L’intenzione è quindi quella di eliminare un importante svantaggio competitivo che i ricercatori europei si trovano attualmente ad affrontare. Viene inoltre stabilito che le restrizioni del diritto d’autore non si applicheranno ai contenuti utilizzati per l’insegnamento e la ricerca scientifica.
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