di Antonio Mazzeo
“Mario Ciancio Sanfilippo è imprenditore tra i più attivi e facoltosi a Catania e nell’intera Sicilia. Per raggiungere gli scopi della propria variegata attività, che ha preso le mosse dall’editoria ed ha poi riguardato anche alcune tra le più lucrose speculazioni edilizie in territorio catanese, si è avvalso e si avvale ad oggi di una molteplicità di imprese, costituite in forma societaria, spesso con la partecipazione (talora formalmente esclusiva) della moglie Valeria Guarnaccia o dei figli Angela, Rosa Emanuela, Carla, Natalia e Domenico. Tali società debbono essere guardate come facenti parte di un vero e proprio gruppo, esistente di fatto, facente capo al proposto, che, infatti, ne dirige e coordina l’attività. La ricostruzione dei flussi finanziari relativi alle attività di impresa ed alle compravendite immobiliari consente di affermare che a monte di ciascun investimento e di ciascun acquisto (…) si trova la notevole provvista economica che il Ciancio Sanfilippo mette a disposizione della famiglia”. È quanto scrivono i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania nell’ordinanza di confisca dei beni nella disponibilità dell’holding Ciancio & family emessa il 20 settembre 2018. Un atto giudiziario che descrive nei minimi dettagli i presunti rapporti di affari tra uno dei più potenti personaggi della recente storia siciliana e italiana, l’editore-imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo e alcuni esponenti di Cosa Nostra. Business multimilionari generati innanzitutto dalla cementificazione del territorio e dalla trasformazione di centinaia di ettari di terreni agricoli in complessi turistico-immobiliari o megaparchi commerciali.
Colate di asfalto e cemento sul Pigno di Catania
Uno dei capitoli chiave dell’ordinanza dei giudici catanesi è interamente dedicato alla realizzazione nel 2010 del noto centro commerciale Le Porte di Catania a due passi dal quartiere Pigno e dell’aeroporto di Fontanarossa, con “128 negozi con i brand più glamour di abbigliamento e accessori, oggetti per la cura della casa e della persona, una ricca area di ristorazione, un ipermercato e oltre cinquemila posti auto”, come recita la brochure illustrativa della società che ne detiene il controllo, Ceetrus Italy (gruppo Auchan). Un progetto quello de Le Porte di Catania che prendeva il via – coincidenza vuole – lo stesso giorno in cui Mario Ciancio Sanfilippo e alcuni suoi partner economici (tra essi il chiacchierato costruttore messinese Antonello Giostra) avviavano le procedure per realizzare a Misterbianco, in contrada Cardinale, il parco commerciale denominato Mito. “In data 28 febbraio 2003, ovvero quando la Euredil S.r.l. e la lmmencity One S.r.l. presentavano il progetto di polo commerciale integrato a Misterbianco, veniva richiesto al Comune di Catania dalla società ICOM S.r.l. il rilascio di concessione edilizia e autorizzazione all’apertura di un altro centro commerciale, da realizzarsi in variante allo strumento urbanistico vigente sempre su terreni riconducibili alla famiglia Ciancio”, annotano i R.O.S. dei Carabinieri in una loro informativa del 18 luglio 2013. Con deliberazione del 25 febbraio 2005, il Consiglio comunale di Catania esaminava il documento istruttorio redatto dal Direttore della VII Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio, approvando il cambio delle destinazioni urbanistiche dell’area che nel vigente P.R.G. era stata destinata a verde agricolo. Alla data della delibera consiliare, i terreni del nascente centro commerciale Le Porte erano di proprietà della Sud Flora S.r.l., di cui risultavano soci l’editore Ciancio Sanfilippo e la moglie Valeria Guarnaccia. “I terreni di proprietà del Ciancio erano stati da lui acquistati nel 1973, mentre quelli della Sud Flora tra il 1991 e il 2002”, annotano gli inquirenti. “La Sud Flora era stata costituita il 10 ottobre 1976 da Wilma Amelia Nofori e da Giuseppa Licciardo. Il primo elenco soci disponibile risale al 1999 ed in esso sono indicati quali titolari delle azioni i coniugi Ciancio. Va tuttavia rilevato che già alla data del 4 febbraio 1980 Valeria Guarnaccia aveva assunto la carica di amministratore unico, fatto, questo, dal quale può dedursi l’acquisto delle quote sociali da parte dei due coniugi già in quella data. Il 27 aprile 2007 tanto Mario Ciancio, quanto la moglie, cedevano tutte le quote della Sud Flora alla ICOM S.p.a., società che stava curando la realizzazione del parco commerciale Porte di Catania. Tale vendita, ovviamente, ha costituito un metodo per cedere all’acquirente i terreni di quali la Sud Flora era proprietaria senza sottostare ai più gravosi tributi dovuti per i trasferimenti immobiliari. La maggior parte degli investimenti nella Sud Flora ha avuto luogo in anni (1996, 1997,1998, 2000, 2001, 2002) nei quali i flussi economici negativi sono prevalenti rispetto a quelli positivi. Già tale considerazione consentirebbe di ritenere illecita l’attività imprenditoriale in oggetto, in quanto condotta perlopiù con capitali dei quali non è stata giustificata la provenienza. Va poi aggiunto che quantomeno dal 2003 la Sud Flora è stata finanziata e gestita in vista della sua cessione al soggetto che si sarebbe occupato della realizzazione del centro commerciale, operazione che, appare illecita per le infiltrazioni di Cosa Nostra nella stessa”.
La società acquirente, ICOM S.p.a. (già ICOM s.r.l.), era stata costituta il 16 marzo 2000 da un gruppo di imprenditori pugliesi e siciliani. Due anni dopo, in luogo di taluni dei soci fondatori subentrava la Insular Consulting S.r.l., società costituta da Vincenzo Viola e dai suoi familiari e della quale, nel corso degli anni, avevano fatto parte anche Giovanni Vizzini e Tommaso Mercadante. “Il 15 febbraio 2002 il Viola ed il Mercadante entravano nel consiglio di amministrazione della ICOM”, annotano i ROS. “Nel marzo 2003 i predetti Vizzini, Mercadante e Viola entravano a far parte direttamente della compagine sociale a seguito della cessione in loro favore di parte delle quote detenute dalla Insular Consulting. II 19 maggio 2003 Mario Ciancio Sanfilippo e Valeria Guarnaccia acquistavano il 34% circa del capitale sociale della ICOM. Così Mario Ciancio e Valeria Guarnaccia facevano parte di tale società unitamente agli allora soci Michele Annoscia, Pasquale Iamele, Donato Di Donna, Vincenzo Viola, Loredana Leone, Tommaso Mercadante, Luigi Mellina, Giovanni Vizzini, Michele Castiglione e l’avvocato-editore Fabrizio Lombardo Pijola. La compagine sociale subiva un mutamento nel 2005, quando ai soci Annoscia, Iamele e Lombardo Pijola subentrava la Sircom Real Estate S.p.a.”. La Sircom è una nota società di promozione e sviluppo immobiliare (centri commerciali, resort, hotel, centri congressi, ecc.) con sedi centrali a Bari e Milano.
Il 27 aprile 2007 si registrava un nuovo mutamento tra le compagini societarie impegnate nell’affaire Le Porte; i soci (compresi i coniugi Ciancio-Guarnotta) cedevano infatti le quote della ICOM alla ImmobiliarEuropea S.p.a. e alla Gallerie Commerciali S.p.a.: la prima con sede a Milano (scopo sociale lo sviluppo di centri commerciali per la grande distribuzione, strutture ricettive-alberghiere e porticcioli turistici) e riferibile all’imprenditore-editore sardo Sergio Zuncheddu; la seconda invece interamente controllata da una società di diritto olandese, la I.D.C. Int. Development Corp. N.V., titolare della nota holding francese Auchan. Secondo quanto riferito agli inquirenti dall’allora dirigente del settore sviluppo di Auchan S.p.a. Carlo Salvini, le somme dovute per la vendita delle quote ICOM alla ImmobiliarEuropea e alla Gallerie Commerciali sarebbero state così corrisposte: il 50% all’atto della vendita ed il restante 50% suddiviso in tre tranche, rispettivamente, dopo l’approvazione della variante in corso d’opera, all’approvazione della proroga delle autorizzazioni commerciali e all’inaugurazione del centro commerciale. Stando alla documentazione contabile acquisita nel corso delle indagini, il 19 giugno 2007 l’assemblea straordinaria dei soci della Sud Flora deliberò altresì la fusione della società per incorporazione nella ICOM S.p.a.. Grazie alla cessione delle proprie quote alla ICOM, la Sud Flora ottenne nell’anno fiscale 2007 ricavi per 5.111.984 euro.
Le plusvalenze milionarie di Ciancio & soci
Oltre a consolidare la propria presenza nel tessuto economico catanese, Mario Ciancio Sanfilippo e familiari – scrivono i magistrati – conseguivano importanti guadagni derivanti dalla monetizzazione delle plusvalenze, attraverso la vendita delle azioni della ICOM. “In particolare, il dott. Ciancio (e sua moglie) cedevano il 33% delle loro quote ICOM ricevendo quale prezzo la somma complessiva di 12.400.000 euro. In pari data, ICOM S.r.l. comprava da Ciancio Sanfilippo Mario, quale persona fisica, i terreni in contrada Bicocca di cui questi era proprietario ed acquistava le azioni della Sud Flora S.p.A. (di Ciancio e della moglie Guarnaccia), società quest’ultima proprietaria di altra parte dei terreni necessari per la costruzione del centro commerciale. Il prezzo pagato dalla ICOM a Ciancio (compreso il prezzo della Sud Flora) ammonta a 15.730.216 euro. Complessivamente, quindi, Ciancio riceveva per l’affare la somma complessiva di 28.130.216 euro”. Altrettanto rilevanti i ricavi conseguiti dagli altri soci ICOM: 9,6 milioni di euro in tutto, di cui 1.532.082 a Vincenzo Viola, 910.118 a Tommaso Mercadante e 4.850.770 alla Sircom Real Estate S.p.a. di Bari-Milano.
“Quanto alle persone fisiche componenti le società in esame, va rilevato che Vincenzo Viola è un uomo politico siciliano, europarlamentare per il Patto Segni negli anni Novanta; si tratta di soggetto il quale, pur non ricoprendo all’epoca dei fatti alcun ruolo politico attivo, era molto vicino agli ambienti politico-amministrativi regionali siciliani”, riporta la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania. Già funzionario dell’Assemblea regionale siciliana, vicedirettore del Servizio studi legislativi e capo dell’Ufficio del bilancio, Vincenzo Viola fu eletto al Parlamento di Strasburgo nel 1995, ricoprendo l’incarico di coordinatore del gruppo PPE per le relazioni euro-mediterranee. Dopo l’Europarlamento, nel 2001 è stato nominato dal Presidente della regione Siciliana consigliere d’amministrazione del Banco di Sicilia, in quota Alleanza nazionale.
Non meno rilevante la figura dell’altro socio di Ciancio Sanfilippo in ICOM, Tommaso Mercadante, figlio di Giovanni Mercadante, il primario di radiologia a Palermo ed ex deputato regionale di Forza Italia condannato a 10 anni e 8 mesi per il delitto di associazione mafiosa con sentenza della Corte di Appello di Palermo del 21 marzo 2014, irrevocabile dall’8 aprile 2015 (Mercadante era stato condannato in primo grado e assolto in appello, con sentenza poi annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione). “Giovanni Mercadante è nipote di Tommaso Masino Cannella, capo della potente famiglia di Prizzi, ritenuto uno degli uomini di vertice di Cosa Nostra, vicinissimo all’allora latitante Bernardo Provenzano”, scrivono i giudici etnei. “Proprio il Mercadante, come emerge dalle dichiarazioni di numerosi collaboranti, tra i quali Giovanni Brusca, Angelo Siino e Antonino Giuffrè, era tra i soggetti coinvolti nella gestione della latitanza di Provenzano”. Gli inquirenti hanno accertato come tra i due Mercadante ci fossero anche relazioni di tipo economico. “Il 27 maggio 2011 Tommaso Mercadante conferiva al padre Giovanni Mercadante, frattanto assolto dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza del 21 febbraio 2011, delega ad operare sul proprio conto”, annotano nell’ordinanza di sequestro dei beni dell’editore Ciancio. “Proprio questo ultimo particolare consente di affermare che Tommaso Mercadante fosse prestanome del padre Giovanni, effettivo socio della ICOM, per conto del quale aveva ricevuto il pagamento dell’ultima tranche del prezzo di cessione delle quote di tale società alla ImmobiliarEuropea ed alla Gallerie Commerciali; ed invero, solamente quando Giovanni Mercadante era stato assolto dal delitto di associazione mafiosa, e quindi, nella sua percezione, non vi erano più pericoli a gestire personalmente le somme derivanti dall’operazione ICOM, il figlio gli aveva rilasciato delega ad operare sul conto sopra descritto e, pertanto, gli aveva consentito di disporre di dette somme (Giovanni Mercadante non poteva ovviamente sapere che la Suprema Corte avrebbe annullato la sentenza di assoluzione con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo, che avrebbe invece confermato la condanna emessa)”.
Relativamente ad altro socio ICOM, Giovanni Vizzini, la Procura ha accertato trattarsi del fratello di Carlo Vizzini, pluriministro tra il 1982 e il 1992 (in particolare ha guidato i dicasteri delle Poste e telecomunicazioni e della Marina mercantile), già segretario del Psdi tra il 1992 e il 1993, poi esponente politico di Forza Italia e Pdl. “La figlia di Carlo Vizzini, Maria Sole, ha sposato Vincenzo Rappa, figlio di Filippo Rappa; questi è stato sottoposto a procedimento penale per i delitti di riciclaggio aggravato e di associazione a delinquere di tipo mafioso, ma è stato assolto da tali reati ex art. 530 c.p., rispettivamente ai sensi del primo e del secondo comma. Va tuttavia rilevato che la famiglia Rappa annovera tra le sue fila il capostipite Vincenzo Rappa, padre di Filippo, condannato per il delitto di cui all’art. 416-ins c.p., con sentenza irrevocabile”, annotano gli inquirenti.
Sulla famiglia Rappa e su Giovanni Mercadante ha reso importanti dichiarazioni l’ex imprenditore Massimo Ciancimino, figlio di don Vito Ciancimino, il sindaco Dc del sacco di Palermo contiguo agli ambienti mafiosi corleonesi. “Nei propri interrogatori del 10 aprile 2009 e 8 maggio 2009, Massimo Ciancimino ha riferito che i due erano soggetti vicini al padre e che essi avevano avuto anche problemi con la giustizia per reati di mafia”, si riporta nell’ordinanza di sequestro dei beni della famiglia Ciancio. “In particolare, il capostipite, Vincenzo Rappa, era stato condannato per il delitto di associazione mafiosa. Il nipote del Rappa era sposato con la figlia del già menzionato Carlo Vizzini e le due famiglie erano legate da forte amicizia. Il Ciancimino ha riferito in tali occasioni che in quanto figlio di Vito Ciancimino, aveva avuto modo di prendere parte alla attività del padre, che comprendeva pure incontri con appartenenti al mondo imprenditoriale, anche catanesi, quali Costanzo, Rendo ed altri; ha riferito inoltre dei rapporti esistenti tra il Ciancio Sanfilippo e la famiglia Rappa, affermando, in particolare, che l’odierno proposto era legato a soggetti palermitani vicini a Cosa Nostra…”.
“Quanto a Tommaso Mercadante, il Ciancimino ha riferito che costui – a lui ben noto per essere stato fidanzato per diversi anni con la figlia Gisella Mercadante – era nipote di Tommaso Masino Cannella, soggetto che, unitamente a Pino Lipari, aveva il ruolo di luogotenente di Provenzano e con tale ruolo erano accreditati presso suo padre, con il quale, nell’interesse del predetto Provenzano, trattavano la materia degli appalti. Secondo il Ciancimino, inoltre, i suindicati Rappa erano legati da rapporti di affari con l’imprenditore catanese Ciancio, con il quale condividevano interessi nel settore delle emittenti televisive private. Aggiungeva poi che dagli appunti di suo padre aveva appreso di taluni incontri tenutisi in alberghi di Taormina (fra cui il Timeo) tra suo padre, Ciancio con altri imprenditori palermitani e catanesi ed esponenti di Cosa Nostra fra cui anche Benedetto Santapaola”. Altri compromettenti incontri dell’editore catanese sarebbero avvenuti in una villa di fronte all’hotel Zagarella, nel palermitano (vi erano, oltre a Ciancio e mio padre, anche Santapaola, Provenzano e Costanzo); all’hotel Costa Verde di Cefalù (certamente parteciparono, oltre a mio padre ed al Ciancio, anche Masino Cannella in rappresentanza di Provenzano).
Ciancio era socio dei costruttori Rappa, ha dichiarato Ciancimino. Avevano in comune un’iniziativa nel settore della televisione, in quanto erano comproprietari di una emittente. In particolare ricordo, per avermelo detto mio padre, che detta emittente fu poi ceduta al gruppo Mediaset ed incorporata in Rete4. Di recente gli stessi Rappa e Ciancio hanno condotto altra analoga operazione vendendo sempre al Gruppo Mediaset delle frequenze del digitale terrestre, per una somma di denaro notevole. Lo stesso Vincenzo Rappa mi ha riferito – infatti – in occasione di un incontro nel porto di Salina in uno yacht che aveva appena acquistato, di avere investito tale somma in parte nell’acquisto della barca e in parte per l’acquisto delle concessionarie Bmw di Catania e Chrysler di Palermo. Ricordo che il padre Filippo e il nonno Vincenzo Rappa, entrambi frequentatori ed amici di mio padre, sono stati coinvolti in vicende giudiziarie legate a Cosa Nostra e Michele Sindona (…) In effetti, come diceva mio padre e come in parte ho avuto anche io modo di constare, Ciancio per determinati settori, era considerato un punto di riferimento, ossia la faccia pulita da spendere; in sostanza era uno dei personaggi che nei grossi affari che interessavano Catania doveva essere cooptato con il compito di trovare il punto di convergenza e di intesa nei grossi giochi di potere politico e di affare locale e, in ogni caso, Ciancio rientrava anche tra le voci autorevoli allorché nel generale contesto siciliano si decidevano le grandi linee di spartizione del territorio per quanto atteneva ai grossi affari con interessi imprenditoriali nei quali ovviamente vi era l’interferenza non secondaria dell’interesse mafioso (…) Ho ragione di ritenere che il dott. Ciancio Sanfilippo si è associato a Mercadante proprio perché consapevole della caratura e della vicinanza di quest’ultimo, per il tramite di Cannella, a Bernardo Provenzano. Peraltro era notorio a Palermo che Mercadante era un pupo (tale espressione usava mio padre) nelle mani dello zio Cannella, braccio destro di Provenzano, e che lo stesso Cannella era soggetto ben noto a Ciancio per averlo anche incontrato in quel summit alla Costa Verde…
E alla Regione ci pensa Raffaele Lombardo
Gli inquirenti ritengono che nonostante la cessione delle quote della ICOM, Mario Ciancio Sanfilippo, unitamente all’ex europarlamentare Vincenzo Viola, continuò ad occuparsi dello sviluppo del progetto del centro commerciale Porte di Catania. Questa convinzione è suffragata dal tenore di due conversazioni intercettate il 28 luglio 2008 dal R.O.S. dei Carabinieri proprio nell’ufficio del potente signore dei media siciliani. “A tali conversazioni avevano preso parte, oltre al Ciancio Sanfilippo, Raffaele Lombardo, all’epoca Presidente della Regione Siciliana (l’elezione era avvenuta solo pochi mesi prima Nda), Vincenzo Viola, Sergio Zuncheddu, Carlo Ignazio Fantola (consigliere di amministrazione della ImmobiliarEuropea) e Carlo Salvini (dirigente del gruppo La Rinascente – Auchan)”, scrivono i giudici. “Nel corso di tale riunione, gli interlocutori discutevano di una variante edilizia da apportare al progetto del centro commerciale, che volevano evitare fosse sottoposta al vaglio del Consiglio comunale e attirasse le attenzioni dell’Autorità Giudiziaria. La soluzione veniva trovata dal Lombardo, il quale affermava che si sarebbe attivato, tramite l’architetto Matteo Zapparrata, già dirigente tecnico della Provincia Regionale di Catania (della quale lo stesso Lombardo era stato Presidente, prima di essere eletto alla carica di Capo del Governo Regionale), affinché detta variante venisse approvata dai tecnici comunali”. L’ingegnere Zapparrata è ritenuto uomo di assoluta fiducia di Raffaele Lombardo; inoltre è stato alla guida della Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Catania dall’1 gennaio al 31 dicembre 2008.
In verità, l’11 novembre 2008, la dirigente del Servizio attuazione della Pianificazione del Comune di Catania, l’architetta Gabriella Sardella, rilasciava alla ICOM S.p.a. la variante alla concessione edificatoria “per modifiche in corso d’opera alla nuova costruzione di parco commerciale in corso di realizzazione in Contrada Bicocca”, proprio come auspicavano i partecipanti al meeting ospitato da Mario Ciancio. “Si ricava quindi dagli elementi sopra evidenziati la circostanza che, nonostante la vendita delle quote della ICOM, ancora alla data del 28 luglio 2008, il Ciancio Sanfilippo curava personalmente il buon andamento dell’affare (…) con Raffaele Lombardo, da poco divenuto Presidente della Regione Siciliana, il quale formalmente non rivestiva alcun incarico istituzionale che gli attribuisse competenze in ordine all’iter burocratico del progetto. Deve conseguentemente ritenersi che la riunione fotografata dalle due conversazioni intercettate avesse ad oggetto la ricerca di una via parallela per la risoluzione di un problema amministrativo che avrebbe richiesto molto più tempo e non sarebbe neppure stata garantita”, commentano i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania.
Le intercettazioni del R.O.S. dei Carabinieri evidenzierebbero pure come alcuni protagonisti dell’affaire si sarebbero adoperati per ottenere l’approvazione di un disegno di legge che aumentava la volumetria disponibile per i centri commerciali in Sicilia. Due i dialoghi chiave in mano agli inquirenti: il primo è stato intercettato il 6 dicembre 2005 tra Rosario Ragusa “soggetto vicino ai vertici catanesi di Cosa Nostra” e Marcello Massinelli, all’epoca dei fatti consigliere economico dell’allora Presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro; il secondo, due giorni dopo, ancora tra Rosario Ragusa e Fulvio Reina, socio di Marcello Massinelli nella società di intermediazione che si occupava di vendere le quote della “Tenutella S.r.l.”, la società a capo dell’omonimo centro commerciale di Misterbianco in via di costruzione ancora una volta su terreni di proprietà di Ciancio Sanfilippo. “In particolare, nel corso delle conversazioni, gli interlocutori ponevano in rilievo la circostanza che tale disegno di legge avrebbe agevolato il Ciancio Sanfilippo e i suoi interessi”, aggiungono i giudici. “Ed in effetti l’emendamento in questione era relativo alla legge regionale 20/2005, avente ad oggetto Misure per la competitività del sistema produttivo con modifiche alla disciplina degli interventi per le imprese commerciali. Il comma 4 dell’art. 7 cit. prevedeva infatti che nelle more di una più compiuta programmazione della rete distributiva (… ) l’Assessore regionale per la Cooperazione, il commercio, l’artigianato e la pesca provvede, entro trenta giorni dalla pubblicazione della presente legge, ad una revisione dei limiti e delle condizioni per il rilascio delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita nei territori delle grandi aree metropolitane prevedendo, in particolare, un incremento non inferiore ad un terzo dei limiti di superficie attualmente vigenti…”.
Il 20 marzo 2013, Raffaele Lombardo, nell’udienza preliminare del procedimento a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa, in riferimento all’approvazione dell’emendamento alla legge regionale 20/2005 che consentiva l’incremento delle superfici da destinare a grandi centri commerciali, ha ammesso di essersi effettivamente occupato della questione relativa alla variante urbanistica del P.R.G. con riferimento al Porte di Catania e che tale questione era stata sottoposta alla sua attenzione, in occasione di un incontro avvenuto nell’anno 2003, dal Ciancio Sanfilippo e da Vincenzo Viola. Ricordo bene che me ne parlò di questa cosa, quando ne parlammo col dottore Ciancio, questa persona che io conoscevo bene e che credo abbia avuto un ruolo nella vicenda, cioè l’onorevole Viola, che fu parlamentare europeo, ma che era stato vice-segretario generale dell’Assemblea Regione Siciliana, ha riferito l’ex governatore Lombardo. Enzo Viola era interessato a questa cosa. Può darsi che lui d’accordo con Ciancio portasse gli investitori o roba del genere. Io l’ho interpretato così, l’ho vissuto così il discorso di Viola. Non mi sembrava Viola uno che ci mette, che so, dieci milioni di euro per fare una operazione del genere, o cento….
Subappaltatori attivi e mancati in odor di mafia
I lavori del centro commerciale Porte di Catania furono poi realizzati dalla società ImmobiliareEuropea S.pA. quale general contractor; le opere di accantieramento furono affidati alla Framer S.r.l. dei fratelli Francesco e Massimiliano Antonio Laudani, trasformata nel maggio 2007 in Framer S.pA., mentre per la movimentazione terra fu scelta la Fratelli Basilotta S.p.A. (dal 16 aprile 2009 rinominata In.Co.Ter Infrastrutture Costruzioni Territorio S.p.A.), di proprietà di Salvatore Basilotta figlio di Vincenzo Basilotta e di Luigi Agatino e Giuseppe Basilotta, fratelli di Vincenzo. “Vi è una serie di ulteriori conversazioni, intercettate nell’ambito del procedimento penale n. 890/07 (la cosiddetta operazione antimafia Iblis), dalle quali si evince che le imprese che avrebbero dovuto effettuare i lavori di movimento terra (In.Co.Ter dei F.lli Basilotta) e le strutture cementizie (ICOB) facevano a loro volta capo a soggetti appartenenti a Cosa Nostra catanese e calatina”, rilevano gli inquirenti della Procura. “Vanno, a tale riguardo, esaminate le figure di Mariano Cono Incarbone e di Vincenzo Basilotta; il primo è soggetto condannato per il delitto di associazione mafiosa, in esito al menzionato procedimento penale Iblis, con sentenza della Corte di Appello di Catania del 10 settembre 2014 irrevocabile il 7 giugno 2016; l’appartenenza dello stesso alla famiglia Santapaola-Ercolano è quindi definitivamente accertata”.
Quanto invece alla figura dell’imprenditore edile Vincenzo Basilotta, i magistrati etnei rilevano come lo stesso sia stato condannato in primo grado e in appello, nel procedimento penale Dioniso per il delitto di associazione mafiosa; la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catania è stata tuttavia annullata con rinvio dalla Suprema Corte ed il procedimento si è concluso con sentenza di non doversi procedere per la sopravvenuta morte dell’imputato. “Lo stesso Basilotta è stato altresì destinatario di misura di prevenzione patrimoniale con decreto emesso dal Tribunale di Catania il 2 maggio 2012 e poi revocato nei confronti degli eredi, essendo il proposto nelle more deceduto, con provvedimento del 28 aprile 2016”, aggiungono gli inquirenti. “Diverse conversazioni telefoniche, intercettate nell’ambito dei procedimenti Dioniso e Dioniso 2 e testualmente riportate nella sentenza contro Raffaele Lombardo emessa dal G.U.P. del Tribunale di Catania il 18 febbraio 2014 consentono di affermare che il Basilotta facesse parte dell’organizzazione criminale Cosa Nostra, e fosse in particolare vicino al potente boss di Caltagirone Francesco La Rocca: ciò in quanto, la sua attività imprenditoriale aveva conosciuto un imponente incremento grazie ai lavori procuratigli dal predetto La Rocca e dall’ala della famiglia Santapaola riconducibile ad Antonino Santapaola fratello di Benedetto Nitto e ad Alfio Mirabile, che in quel periodo era notoriamente contrapposta all’ala facente capo alla famiglia Ercolano e successivamente a Vincenzo Aiello”.
È stato accertato come il Basilotta avesse ottenuto in precedenza parte dei lavori di costruzione del grande centro commerciale Etnapolis, realizzato a Belpasso dalla società Maltauro di Vicenza. Nel corso dell’indagine Iblis veniva invece documentata la presenza dell’impresa di Vincenzo Basilotta nei cantieri del centro Porte di Catania. Veniva altresì intercettato un colloquio tra il geologo Giovanni Barbagallo, al tempo esponente dell’Mpa di Raffaele Lombardo e il boss mafioso Vincenzo Aiello in cui quest’ultimo lamentava di avere richiesto inutilmente a Vincenzo Basilotta il versamento della tangente per quei lavori. Interrogato dalla DIA di Catania nella primavera del 2011, il Barbagallo ha confermato il forte rancore dell’Aiello nei confronti di Basilotta, sia perché costui non gli riconosceva alcuna autorevolezza, sia perché, pur volendo che il Basilotta non lavorasse più, questi riceveva l’aiuto di Raffaele Lombardo.
“Anche i collaboranti Giuseppe e Paolo Mirabile hanno reso dichiarazioni con riguardo a Vincenzo Basilotta”, si legge nell’ordinanza di sequestro dei beni di Mario Ciancio Sanfilippo. “Il primo, in particolare, ha riferito il 6 ottobre 2012 di avere conosciuto il Basilotta, presentatogli da Sebastiano Rampulla e da Pietro Iudicello per ordine di Francesco La Rocca, in quanto lo stesso avrebbe dovuto essere gestito dalla famiglia Santapaola; il Basilotta, quindi, avrebbe dovuto pagare una percentuale all’organizzazione, la quale – se avesse procurato il lavoro – avrebbe avuto anche diritto a scegliere i propri fornitori e subappaltatori (…) Risulta evidente che Vincenzo Basilotta fosse ben più di un imprenditore gestito da Cosa Nostra, il quale doveva versare una percentuale degli importi ricavati dai lavori effettuati, in cambio di protezione, ma era soggetto inserito nella struttura dell’organizzazione criminale, in grado di dialogare da pari a pari con il rappresentante provinciale dell’organizzazione Vincenzo Aiello, al quale non soltantoaveva rifiutato la messa a posto, ma aveva anche rivolto espressioniingiuriose e minacciose quando l’Aiello, con modi aggressivi, gli avevachiesto di regolarizzare la sua posizione nei confronti del clan…”.
Per quel che concerne invece Mariano Cono Incarbone, legato politicamente sia a Raffaele Lombardo che a Giuseppe Firrarello (ex senatore ed ex sindaco di Bronte di centrodestra), le indagini hanno appurato che in un primo momento gli erano state garantite le opere cementizie per il Porte di Catania, ma successivamente l’imprenditore era stato estromesso dai lavori, in quanto la ImmobiliarEuropea aveva scelto come subappaltatrice la società SICEP. Di quanto accaduto Mariano Incarbone se ne lamentò personalmente il 12 novembre 2007 con l’imprenditore veneto Renzo Bissoli, già amministratore delegato dei cantieri navali SMEB di Messina e poi socio unico e amministratore della Stella Polare S.r.l., la società proponente il centro polifunzionale previsto a sud della città di Catania, nell’ambito del cosiddetto Pua – Piano urbanistico attuativo. “Si comprende dal tenore del dialogo che il Bissoli si era speso affinché la commessa venisse affidata all’Incarbone”, scrivono i magistrati catanesi. “In questa conversazione l’Incarbone affermava che la mancata assegnazione a lui della commessa presso il cantiere del Pigno costituiva uno sgarbo non solo verso il Bissoli, ma anche nei confronti di un’altra persona, che avrebbe dovuto essere informata. Si intuisce dalla successiva conversazione del 22 novembre 2007 che tale soggetto era Raffaele Lombardo, all’epoca Presidente della Provincia di Catania”.
Incarbone: Ma tu con Fantola non ci puoi parlare?
Bissoli: Sì, questa è una cosa che io sto cercando di fare da sei volte che sto cercando di chiamare.
Incarbone: A Fantola hai cercato, pensavo a Zuncheddu…
Bissoli: No, a quello là ho provato una volta sola e il segretario mi ha detto che era impegnato ed altre cinque volte ho provato a chiamare a Fantola però, devi andare anche dal Capo ora a dirgli questa cosa.
La conversazione si chiudeva con Renzo Bissoli che rassicurava l’interlocutore estromesso dai lavori del centro commerciale di Catania con la notizia sull’avvenuta approvazione in commissione della variante al PRG per l’area della Plaja, suscitandone la piena soddisfazione: Uno a zero palla al centro….
“Tutti gli elementi sin qui esaminati consentono di affermare che tanto Mariano Cono Incarbone quanto Vincenzo Basilotta fossero imprenditori che operavano nell’alveo delle famiglie calatina e catanese di Cosa Nostra”, conclude la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania. “Emerge inoltre come fosse già predefinito il pacchetto di imprenditori incaricati della esecuzione dei lavori strutturali (sbancamento dei terreni, ecc.) e di altre analoghe operazioni commerciali (…) Tali imprenditori costituivano pertanto parte di un meccanismo nel quale convergevano gli interessi loro e di tutti gli altri soggetti coinvolti nella vicenda, ovvero di Cosa Nostra catanese, che avrebbe beneficiato del pagamento delle percentuali corrisposte dai predetti imprenditori/amici; del referente politico di turno, nel caso di specie il Lombardo, che garantiva l’esito positivo dell’iter amministrativo per il rilascio delle varie concessioni, ottenendo in cambio vantaggi per la propria carriera politica (voti e denaro per la campagna elettorale); del Ciancio Sanfilippo, che otteneva una rilevantissima plusvalenza dall’impiego dei suoi terreni, a vocazione agricola e dunque inutilizzabili per qualsivoglia altro scopo, per la realizzazione dell’operazione, resa possibile solo grazie all’intervento politico che ne ha modificato la destinazione urbanistica”.
Dieci anni dopo l’affaire Porte di Catania, alcuni dei protagonisti si ripresentano a Messina per chiudere finalmente una partita rimasta aperta da allora, la realizzazione nella zona sud di Fiumara-Zafferia-Tremestieri di un grande centro commerciale (una sessantina di negozi con parcheggio per 2.500 auto). A promuovere il progetto nel capoluogo dello Stretto c’è ancora una volta l’ImmobiliarEuropea S.p.A. di Milano per conto di Ceetrus Italy – Auchan. Il colpo di acceleratore all’ennesima cementificazione del territorio in nome del commercio selvaggio è stato dato prima dall’amministrazione Accorinti (assessore competente l’ingegnere Sergio De Cola, responsabile unico del procedimento, l’ingegnere Raffaele Cucinotta) e adesso dal sindaco Cateno De Luca. Lo scorso 28 marzo a palazzo Zanca l’ultimo incontro tra il vicesindaco Salvatore Mondello, il presidente della VI Commissione consiliare (Urbanistica) Biagio Bonfiglio e il presidente della società CCR S.r.l. (gruppo ImmobiliarEuropea) Carlo Ignazio Fantola “al fine di valutare l’iter di approvazione del progetto relativo al centro commerciale e al connesso raccordo autostradale”, come riporta il comunicato stampa emesso dal Comune di Messina.
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