di Mauro Seminara
Le forze di Haftar, stratega militare che ha ripreso in buona parte un modello di accerchiamento già riuscito al secolo di Gheddafi, hanno assediato la capitale della Libia. Dal governo presieduto da Fayez al-Serraj, l’uomo calato dalle Nazioni Unite per una riunificazione impossibile della Libia, è partita una controffensiva ma la tattica di guerra del “Mushir” mira ad asfissiare Tripoli tagliandole i viveri e forse anche gas e petrolio. Il vecchio aeroporto di Mitiga è sotto il controllo del LNA, l’Esercito Nazionale Libico di Haftar, e sarà probabilmente il checkpoint per le milizie che da Misurata tenteranno di raggiungere la capitale in difesa del Governo di Serraj. Oggi è stato confermato anche il controllo dell’aeroporto internazionale di Tripoli, a sud della capitale, dopo che interpretazioni europee avevano definito la sua conquista come un bluff di Haftar. Il portavoce del LNA, Ahmed Mismari, ha confermato anche l’attacco aereo all’aeroporto, precisando però che l’unico obiettivo colpito è stato un Mig (un caccia militare) parcheggiato sulla pista. Nessun velivolo civile è stato colpito, secondo Mismari. L’aeroporto però è adesso chiuso e gli unici aerei diretti in Libia hanno invertito la rotta mentre sorvolavano il confine tra Tunisia e Libia oppure, direttamente, in altri casi non hanno lasciato l’aeroporto di partenza.
La strategia di Haftar, che ha preso il controllo di oltre il 90% della Libia e vanta dalla sua l’alleanza con quasi tutte le tribù e le milizie, ad eccezione di quelle di Misurata, mira a chiudere in una morsa la capitale per impedirle di ricevere aiuti e risorse dall’esterno. Per questa ragione, l’attacco a Tripoli non è partito da est, la strada che da Bengasi conduce alla capitale, ma da sud. La prima vera conquista del generale, che i suoi fedeli chiamano Feldmaresciallo, è stata la regione a sud di Tripoli. Fatta propria la totalità della Cirenaica, il generale si mosso alla conquista del Fezzan, la regione desertica di 700mila chilometri quadrati a sud della Tripolitania. Dal Fezzan, preso il controllo dei grossi pozzi di estrazione e spostate sul campo le forze necessarie, l’Esercito Nazionale Libico di Haftar ha dato il via alla sua avanzata verso Tripoli. L’attacco è stato condotto a tridente con il supporto aereo da est, da Bengasi. Una linea di fuoco si è spostata sulla strada che dalla città di Gharyan porta al vecchio aeroporto di Mitiga per costituire un fronte ad est della città da assediare, l’altra ha preso il controllo dell’aeroporto internazionale – unico ancora in funzione – della capitale ed una terza linea si è portata ad ovest di Tripoli per stabilirsi in un compound nel Distretto di Sabratha, tra le città di Zuwarah e Zawiya. La posizione strategica ad ovest – poche decine di chilometri – da Tripoli mira a chiudere l’accerchiamento per sferrare l’attacco decisivo, ma solo dopo aver sfinito l’oggetto dell’assedio anche grazie alla chiusura della linea di approvvigionamento che dalla Tunisia arriva alla capitale proprio attraverso il Distretto di Sabratha.
L’attacco a Tripoli non si consumerà in pochi giorni ed il numero delle vittime è destinato a salire ben oltre le trenta contate ad oggi. Haftar mira, come detto, ad asfissiare Tripoli prima di sferrare il colpo finale. A meno che non intervengano forze esterne con aviazione letale, Serraj è ormai da considerarsi un errore delle Nazioni Unite del passato. Allarme invece è dovuto per le persone sfollate, già oltre tremila nelle aree di combattimento, e per quelle imprigionate tra i colpi che le due fazioni sparano. Tra queste vittime indifese di una guerra senza quartiere ci sono anche i migranti imprigionati tra il mare ed i combattimenti. Le forze del generale Haftar non hanno ancora raggiunto la città di Sabratha, ma si trovano una decina di chilometri a sud delle tre principali sedi dei trafficanti e da cui partivano gli unici gommoni carichi di migranti nelle ultime settimane. Da ovest verso est, le città di Zwuarah, Sabratha e Zawiya potrebbero essere nuovamente base di partenza per migliaia di persone che si dirigeranno verso l’Europa se i loro aguzzini decideranno che ucciderli è più impegnativo che farli partire. La terza opzione, il mantenimento di migliaia di bocche da sfamare in piena guerra, è decisamente escludibile.