di Mauro Seminara
Da sette giorni ormai la nave Alan Kurdi vaga nel Mediterraneo senza un porto in cui poter approdare. A bordo della nave, fino a poche ore fa, c’erano 64 persone soccorse sette giorni addietro a largo della Libia. La stessa Libia da giorni teatro di una guerra per la conquista di Tripoli avviata dal generale Khalifa Haftar, e che il giorno del soccorso non aveva guardacoste disponibili per cercare cinquanta migranti dispersi e neanche i 64 salvati dalla Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye. Da poco, sulla nave i profughi sono 63. Una ragazza di 24 anni è stata infatti evacuata da una unità SAR di Malta. Si tratta di un “Medevac”, una evacuazione medica. La ragazza aveva perso conoscenza a bordo della Alan Kurdi e le sue condizioni di salute stavano degenerando più rapidamente di quelle dei compagni di sventura. Dopo la detenzione in Libia sotto le mani dei carnefici e trafficanti di esseri umani, dopo il pericolo corso in 64 su un piccolo e fragile gommone celeste, i profughi salvati dalla nave della Ong si sono trovati imprigionati insieme ai loro soccorritori in acque internazionali, senza un porto di destinazione. Nessuno li vuole accogliere.
La nave si dirigeva verso Malta, o la costa sudest della Sicilia, quando le condizioni meteo marine le hanno imposto di dirottare sulla più vicina isola di Lampedusa. A largo dell’isola pelagica italiana la Alan Kurdi è rimasta un paio di giorni, ma il suo porto è rimasto chiuso per volontà politica del Governo italiano. Era stato offerto alle sole due donne con figli di sbarcare a Lampedusa, ma l’offerta era un frutto avvelenato che avrebbe separato dei nuclei famigliari. Le donne hanno infatti deciso di declinare l’offerta e restare insieme ai loro compagni, ai padri dei loro figli. I bambini, ai quali si voleva allontanare i padri, sono un ragazzino di sei anni ed una bambina di appena undici mesi. Dopo Lampedusa, schiarite le condizioni meteo, la nave ha fatto rotta verso Malta mentre con vari appelli chiedeva al premier maltese Joseph Muscat di concedere il Place of Safety, il “porto sicuro” dell’isola-Stato ai profughi già abbastanza provati. A distanza di giorni, e con scorte di acqua e viveri razionati dalla lunga sosta in mare senza approvvigionamenti, da Malta è stato concesso lo sbarco della sola ragazza 24enne svenuta a bordo della Alan Kurdi. Il bambino di sei anni e la neonata di undici mesi si trovano ancora sulla nave della Ong.
A monte di trattati e convenzioni internazionali c’è la Costituzione della Repubblica italiana. Essa, la madre di tutte le Leggi che ordinano il Paese, all’articolo 10 impone quanto segue: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”. La semplicità della parte fondativa della Costituzione non lascia spazio ad arbitrarie interpretazioni e, nel caso specifico, prevede che per dar seguito a quanto stabilito vengano espletate le necessarie attività. Nel caso in oggetto, per stabilire se lo straniero a bordo della nave Alan Kurdi abbia diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, bisogna far sbarcare lo straniero che chiede protezione e verificarne lo stato. Nel caso della sosta a largo di Lampedusa, con le autorità italiane per ore abbordate alla nave della Ong, non è stato verificato se a chiedere di poter accedere alle acque territoriali – dalla posizione nella fascia contigua che occupava la nave – fossero richiedenti asilo oppure no.
La Repubblica italiana si è quindi sottratta ai propri doveri costituzionali. Quale che sia la prescrizione costituzionale maltese in materia di asilo ed accoglienza, neanche Malta lascia che la Alan Kurdi ed il suo minuscolo carico di profughi entri in porto e neanche solo in acque territoriali. La Germania, Stato di cui la nave batte bandiera, non ha ancora trovato una soluzione al caso e l’Unione europea – con la sua popolazione di 508 milioni di persone – non riesce a trovare una soluzione per far toccare terra a queste persone imprigionate in acque internazionali come i reietti dell’umanità. Quelli che nessuno vuole, che tutti rifiutano senza sapere neanche chi sono. La civiltà della società moderna si manifesta in questo modo e contro queste persone. Contro queste restanti 63 persone che non trovano posto tra i 508 milioni di civilissimi europei.