di Mauro Seminara
La nave della Ong tedesca Sea Eye si trova ancora a sudest di Malta, in acque internazionali. Dalla Alan Kurdi è stata evacuata un’altra ragazza a causa di una crisi epilettica. La ragazza, una 23enne di nome Osumah, è in stato di gravidanza. Anche Osumah si trovava a bordo della Alan Kurdi da nove giorni; da quando la nave della Ong l’ha salvata insieme ad altre 63 persone a largo della Libia. Da quel giorno la nave vaga nel Mediterraneo senza un porto in cui poter approdare e concludere la propria missione di Ricerca e Soccorso. La 23enne in stato di gravidanza è stata affidata ad una motovedetta maltese per un ricovero ospedaliero, ma il padre della creatura che porta in grembo è rimasto sulla Alan Kurdi: Malta ha negato all’uomo di accompagnare la moglie. Quella di Osumah è la seconda evacuazione medica dalla Alan Kurdi a Malta. La prima era stata autorizzata a seguito di uno svenimento di un’altra ragazza, questa volta una 24enne che aveva perso conoscenza.
Dopo nove giorni in mare dal soccorso di 64 profughi salpati dalla Libia, adesso 62 rimasti a bordo della nave, la Alan Kurdi era ormai a corto di viveri. Tra soccorsi e soccorritori c’erano circa 80 persone a bordo e oltre al porto le è stata negata anche altra forma di assistenza. A fronte di una Unione europea disumana, che blatera di civiltà e diritti umani conquistati dalla società civile europea, nata dalle ceneri del dopoguerra, c’è un martirio eseguito con lucido cinismo nelle acque internazionali a sudest di Malta. In soccorso della Alan Kurdi si è mossa un’altra Ong. Il Moas, organizzazione non governativa fondata da Regina Catrambone, ha abbordato ieri con la propria nave la Alan Kurdi per trasbordarvi cibo, acqua potabile ed indumenti puliti. Una Organizzazione Non Governativa, finanziata da donazioni della società civile, che interviene in aiuto di un’altra Ong analogamente finanziata. Un caso di civiltà volontaria contro una manifesta inciviltà di Stato e di Unione di Stati.
Malta resta ferma sulla propria posizione, negando il proprio Place of Safety, “porto sicuro”, ai 64 profughi come prima fece l’Italia a largo di Lampedusa. La Germania non sembra tanto solerte nel voler risolvere la vicenda che vede “sequestrata” fuori dai confini territoriali europei una nave iscritta al registro navale del proprio Stato. Ma mentre Malta nega l’approdo a 64 profughi, ad eccezione delle due ragazze ospedalizzate, sembra non avere problemi nell’eventualità di dover accogliere combattenti libici feriti in battaglia. Sull’isola-Stato si è infatti accesa una diatriba tra il Ministero della Sanità ed il sindacato dei medici ed infermieri dell’ospedale Mater Dei. Il Ministero nega quanto affermato dal sindacato, sulla base delle informazioni fornite da medici ed infermieri iscritti, circa un’attività presso la struttura ospedaliera maltese per i casi ospedalieri gravi volta a predisporre l’eventuale ricovero di combattenti libici feriti in battaglia. Il sindacato replica al Ministero della Salute che, anche dopo la smentita ufficiale del piano di predisposizione per il ricovero dei libici feriti sul campo di battaglia, il personale del Mater Dei conferma l’attività logistica in struttura per tale evenienza.