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Governo italiano indagato, Ong che salvano migranti invece No

Il noto “caso Diciotti” aveva visto il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, premuroso nei confronti del ministro dell’Interno a cui aveva sentito di dover comunicare un personale suggerimento di archiviazione allegato alla trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri etneo. Il Tribunale non ne aveva – logicamente e giuridicamente – tenuto conto ed aveva richiesto di poter sottoporre a processo il ministro dei “#portichiusi”. La vicenda impegnò le prime pagine di tutti i quotidiani nazionali – e non solo – e si concluse con un voto di difesa del ministro da parte della maggioranza di onorevoli senatori dopo che già in Giunta per le immunità era stato “graziato” il titolare del Viminale. In quella circostanza, le la decisione della Giunta del Senato, i ministri Di Maio e Toninelli avevano trasmesso una memoria difensiva allegata a quella del ministro imputato e che portava con sé principalmente l’ammissione in concorso di responsabilità del presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte.

Il Governo si era schierato in difesa del ministro accusato di sequestro di persona, e lo aveva fatto definendo le azioni incriminate quali volontà politica dell’intero Governo per la difesa di un “preminente interesse dello Stato”. Adesso si verifica una circostanza analoga a quella del caso della nave della Guardia Costiera “Ubaldo Diciotti”, e riguarda un sequestro di persona eseguito sulla nave della Ong Sea Watch che da Siracusa era stata dirottata a Catania e lì le era stato negato lo sbarco dei migranti, minori inclusi, malgrado l’ingiunzione di Tribunale dei minori etneo. La Procura della Repubblica di Roma aveva delegato la Guardia Costiera dell’accertamento dei fatti e, esaminata la relazione prodotta dagli “ex angeli del mare”, aveva trasmesso al competente Tribunale di Siracusa la conclusione dell’accertamento che ravvisava l’ipotesi di reato per sequestro di persona. Il colpo di scena viene rivelato ieri, con la trasmissione degli atti dalla Procura di Siracusa al Tribunale dei ministri territoriale (di Catania) mediante la Procura di Carmelo Zuccaro che, anche questa volta, ha ritenuto immotivato procedere contro il vicepremier Matteo Salvini. Solo che questa volta il Tribunale dei ministri di Catania vorrebbe sul banco degli imputati non soltanto Matteo Salvini ma anche i suoi correi per pubblica ammissione: Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli.

Il Governo Conte passerà alla storia, qualunque cosa accada, quale primo Governo per il quale è stato richiesto il processo di premier, dei due vicepremier e ministri e di un ulteriore membro del Consiglio dei ministri, tutti responsabili dello stesso caso di sequestro di persona. Il procedimento seguirà lo stesso iter del precedente passando quindi per la Giunta per le Immunità delle Camere di appartenenza per poi, eventualmente, approdare in aula per il voto collegiale. Ma il caso è adesso diverso. Sul banco degli imputati siede quasi mezzo Consiglio dei ministri e fuori è cambiato tutto. Il presidente del Consiglio di transizione libico, Fayez al-Serraj, come se avesse appena scoperto il metodo Gheddafi, inizia a ricattare l’Unione europea con l’Italia in testa asserendo che – se non lo si aiuta militarmente – 800.000 migranti potrebbero invadere le coste dell’Unione partendo dalla più vicina Italia. La ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, chiarisce subito che se si interviene militarmente dall’esterno – quindi se l’Italia dichiara guerra ad Haftar – la Libia passa da Paese “sull’orlo della Guerra civile” (definizione mainstream dello stato in Libia) a Paese in guerra e quindi i migranti in fuga diverrebbero ufficialmente rifugiati. A questo punto, anche grazie alla nuova direttiva del Viminale, terza in un mese ed a scavalco degli appositi Decreti legge previsti dalla Costituzione, il leader del Carroccio inizia a tentare un’azione salvafaccia con cui smarcarsi dalla questione migratoria della Libia.

Dopo dieci mesi di governo M5S-Lega ed altrettanto tempo sprecato dall’esecutivo a dare la caccia alle Ong che salvano i migranti in mare ed a chiudere i porti senza alcun atto ufficiale finora mostrato, il risultato è a dir poco esilarante: il premier e tre ministri indagati e nessuna Ong ha attualmente la propria nave sotto sequestro in Italia. Un risultato che in molti avrebbero potuto pronosticare già da diverso tempo analizzando l’insussistenza di prove a carico in quella che si rivelava, giorno dopo giorno, una inutile caccia alle streghe. Nel frattempo, sotto gli occhi di tutti, stampa ed opinione pubblica, venivano violate leggi, Costituzione e convenzioni e trattati internazionali proprio da chi le avrebbe dovute rispettare e far rispettare. Tutto in nome di un potere conferito con l’elezione e di una missione che vedeva vittime soltanto soccorritori e poveri disgraziati a cui attribuire la responsabilità delle incapacità politiche italiane e del conseguente disagio sociale degli italiani. Il commento di Giorgia Linardi, portavoce italiana della Ong tedesca Sea Watch, è stato più che esaustivo: “Ci solleva osservare che la magistratura si stia rivolgendo ai rappresentanti delle istituzioni che in quei giorni hanno calpestato diritti umani e obblighi di legge, non concedendo l’approdo senza addurre motivazioni giuridiche. Siamo pronti a testimoniare. Il trattenimento a bordo a fini di propaganda non può restare ancora una volta ingiudicato perché protetto dalla politica”.

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