La nave della Ong Mediterranea Saving Humans, battente bandiera italiana, ha lascia all’alba di questa mattina il porto di Lampedusa dove si era riparata da una perturbazione sopraggiunta dopo aver salpato domenica da Marsala. Nel corso della navigazione della Mare Jonio verso l’aerea di Mediterraneo in cui muoiono ogni anno centinaia di migranti, è stata diffusa la notizia di una nuova direttiva emanata dal Viminale, Secondo il Ministero dell’Interno, la nave Mare Jonio, in quanto Ong che salva migranti in mare a largo della Libia, “può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni”. Una circolare, quella firmata dal ministro Matteo Salvini, emanata appositamente per la seconda missione della Mare Jonio e che sembra non tenere conto del sistema di identificazione ed investigativo dei Centri di Primo Soccorso ed Accoglienza e dei cosiddetti “hotspot” in cui operano anche funzionari dell’agenzia europea Frontex.
Caustica l’apertura della nota stampa di Mediterranea Saving Humans in replica alla direttiva del ministro: “Apprendiamo che il Viminale ha dedicato, nella sua intensa attività di produzione di ‘direttive ad navem’, una nuova direttiva interamente dedicata alla nostra nave, Mare Jonio, salpata per la seconda missione del 2019 il 14 aprile scorso”. La direttiva ad hoc, o ad Ong, secondo Mediterranea Saving Humans “appare scritta come se il Governo vivesse in un mondo parallelo”. Il riferimento della Ong è diretto allo stato in cui versa la Libia, con la recente guerra civile che ha già causato oltre 170 morti e 750 feriti e con le testimonianze conclamate dalle Nazioni Unite sulle condizioni in cui vengono detenute, torturate ed abusate le persone nei centri libici e nei centri di detenzione dei trafficanti di esseri umani. Mediterranea ricorda anche il numero delle persone annegate e, come altre entità ufficiali e non, precisa che il numero delle vittime nel Mediterraneo centrale è in proporzione crescente e non in diminuzione; quindi smentendo il dato assoluto citato in varie sedi istituzionali dal ministro dell’Interno. Nel solo 2018 infatti, a fronte di una riduzione degli arrivi drastica sull’anno precedente, le vittime della tratta nel Mediterraneo centrale sono state 2.100. Ancora in crescita, in proporzione al numero dei migranti soccorsi, è il dato del 2019 rispetto a quello dell’anno precedente. Sulla questione dello stato sociale in Libia arriva la frecciata della Ong con base in Italia: Forse dovrebbero parlarsi tra Ministeri: la Ministra della Difesa italiana ha appena affermato infatti che “con la guerra non avremmo migranti ma rifugiati e i rifugiati si accolgono”.
“Nelle considerazioni introduttive – afferma la Ong con il proprio comunicato – della direttiva in questione, si leggono una serie di slogan di propaganda, oltre che un elenco di bugie, peraltro relative a eventi al momento sotto l’attenzione della Procura di Agrigento nel corso dell’indagine che ci riguarda e che abbiamo accolto offrendo tutta la nostra collaborazione. Sappiamo infatti di avere sempre rispettato i diritti e il diritto, cosa che i governi europei, e il nostro in particolare, dovrebbero cominciare a fare in relazione a quanto avviene nel Mediterraneo Centrale”. La vicenda odierna è quindi uno scontro tra Viminale/Governo ed Ong che si consuma sul campo delle convenzioni e dei trattati internazionali, oltre che della Costituzione italiana, e che già ad oggi ha visto in vantaggio le Organizzazioni Non Governative rispetto al pluri-indagato ministro Salvini che questa volta si vede notificato un avviso di garanzia insieme al premier Conte, al collega vicepremier Di Maio ed al collega ministro Toninelli. Il rischio, più che concreto, è che l’iniziativa del Viminale sia una partita di pura propaganda giocata a fini elettorali. In prospettiva di tale idea sembra rispondere parte della nota di Mediterranea: “Ricordiamo che nel nostro soccorso avvenuto il 18 marzo, nessuna autorità ci ha ordinato alcunché, se non di stare lontani 8 miglia da un punto dal quale siamo rimasti ben più distanti per tutto il tempo. In ogni caso, ci auguriamo che la direttiva non faccia riferimento all’autorità libica, poiché in questo caso, si tratterebbe di una istigazione a delinquere: se già in precedenza era un reato riportare in Libia le persone soccorse, oggi, con la guerra in corso, è un’affermazione semplicemente criminale”.
“Siamo di nuovo nel Mediterraneo, grazie alle tantissime realtà e persone che ci sostengono, per continuare nella nostra missione di monitoraggio e denuncia della violazione dei diritti umani, senza sottrarci mai all’obbligo giuridico ed etico di salvare le vite in pericolo e portarle in salvo”. Fatta questa premessa, in risposta alla minacciosa “direttiva ad navem” di Matteo Salvini, arriva la chiosa della Ong che ribalta le posizioni diffidando il ministro dell’Interno: “Diffidiamo altresì chiunque, e nella fattispecie il Ministro dell’Interno italiano, dal mettere in atto comportamenti che violino le leggi nazionali ed internazionali in materia di rispetto dei diritti umani e di obbligo di salvataggio in mare”. Pubblica diffida della Ong a parte, una prossima eventuale azione di forza, del Governo coeso o del Ministero dell’interno in autoritaria autonomia, rischierà di trasformarsi nella Caporetto di Matteo Salvini a poco più di un mese dalle elezioni europee, con sempre più evidenti incrinature in Consiglio dei ministri e con una nuova richiesta di autorizzazioni a procedere dal Tribunale dei ministri che pende sul suo capo e su quello di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli.