di Mauro Seminara
La prassi prevede che, pronti ad una inaugurazione di una caserma o di un commissariato, alla massima autorità politica competente venga spedito l’invito senza data di cerimonia. La data la stabilisce il ministro in base alla propria disponibilità. La disponibilità del ministro dell’Interno, per la nuova sede del Commissariato di Polizia di Corleone, era per il 25 aprile: giorno in cui le più alte cariche dello Stato celebrano l’anniversario della Liberazione. La ricorrenza della data in cui l’Italia uscì dal ventennio buio della dittatura e guadagno la libertà di pensiero ed espressione, la democrazia e la Costituzione più minacciata del mondo proprio a causa delle tutele che garantisce al popolo italiano. Al ministro che ammicca al fascismo – si ricordano il suo “molti nemici, molto onore” e la sua idea di “asse Roma-Berlino” ma anche il perdurare del mancato sgombero degli estremisti di Casa Pound dal palazzo occupato a Roma – pare però più appropriato disertare la cerimonia del 25 aprile all’Altare della Patria di Roma per pronunciare anche uno strafalcione frutto dell’ignoranza, sua o a beneficio di quella dei suoi elettori, sull’associazione tra la Liberazione quale festa dei comunisti e la liberazione dalla mafia; alludendo ad una realtà storica diversa da quella in cui i comunisti siciliani furono vittime di sentenze politiche eseguite proprio dalla mafia che già al tempo era in “trattativa” con lo Stato e le parti deviate di esso.
Mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella pronunciava da Roma il suo discorso sulla Liberazione, ricordando quale monito al futuro – scelta chiara di un presidente che avvertiva più che ricordare – che chi promette ordine e disciplina potrebbe rivelarsi colui che priva il popolo della libertà, il ministro dell’Interno presenziava la cerimonia di inaugurazione del Commissariato di Corleone. Quel comune dell’entroterra siciliano che diede i natali a Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, Luciano Leggio, Vito Ciancimino e tanti altri mafiosi senza scrupoli artefici di una mattanza in Sicilia, ha adesso un nuovo Commissariato di Polizia e sul suo muro c’è un lunghissimo elenco di nomi: sono gli agenti caduti sul campo nella lotta alla mafia. La solennità del momento, forse, meritava una maggiore sobrietà ed un maggior rispetto istituzionale: un jeans ed una camicia bianca sbottonata potrebbero risultare offensivi per la memoria delle vittime di mafia, per la Polizia di Stato e per i siciliani che la Liberazione dalla mafia la attendono sul serio e da tanto tempo. Le sedi del Parlamento nazionale, come il Parlamento siciliano, prevedono che solo in giacca e cravatta vi si possa accedere; e questo vale anche per ministri o presidenti delle Camere. Non è un vezzo, da etichetta, ma ha un grande valore ideologico circa il rispetto che i rappresentanti dello Stato devono esprimere in ogni modo allo Stato ed alle istituzioni in cui esperiscono il mandato concesso dagli elettori italiani. Sembra però che inaugurare il nuovo avamposto dello Stato in terra di mafia corleonese, ricordare tutti gli agenti di Polizia uccisi per mano mafiosa, promettere ai siciliani un sempre maggiore impegno nella lotta alla mafia, non fossero impegni meritevoli di un’adeguata mise da rappresentante dello Stato e ministro della sicurezza interna del Paese.
Piuttosto, pare che il ministro fosse già a Corleone in adeguata mise da sbracato leader politico che gira i comuni impegnati in elezioni amministrative domenica per fare campagna elettorale ai propri candidati. Sarebbe davvero disdicevole se Matteo Salvini avesse usato l’inaugurazione del Commissariato di Polizia di Corleone, giusto il giorno nazionale della Festa della Liberazione, solo come scusa per disertare Roma e fare campagna elettorale in Sicilia ai propri candidati. Sarebbe una vera vergogna per tutti quei siciliani, per quei magistrati, per quegli agenti delle forze dell’ordine – tutti e non soltanto della Polizia – e per tutti quei siciliani liberi, comunisti e non, che sono caduti o si sono dovuti piegare alla supremazia di Cosa Nostra rispetto alla Stato italiano in Sicilia. Sarebbe una vergogna paragonabile all’uso falso e premeditato di concetti quali onestà, legalità e meritocrazia a fini elettorali in questa Italia martoriata da corruzione, mafia e assenza di meritocrazia nel pubblico e nel privato.
La data coincide alla perfezione e così, esattamente tre giorni prima delle elezioni, il ministro in visita istituzionale in Sicilia si trasforma in leader politico in un battibaleno e con la stessa “divisa” da cerimonia a Corleone sale sui palchi elettorali a fare bagni di folla tra i siciliani che lo accolgono come il liberatore nel giorno della Liberazione. Una stranezza che fa salire un brivido lungo la schiena. Un insieme di fattori stridenti degni di unghie su una lavagna. Proprio il leader del Carroccio, del partito che è alleato di Fratelli d’Italia e che ammicca tacitamente – quindi senza mai attaccarli o sfollarli – a Casa Pound e Forza Nuova, che stringe alleanze europee con leader politici degni delle dittature di inizio secolo scorso, viene acclamato in Sicilia da quei siciliani che hanno pagato col sangue la libertà e che da soli hanno dovuto alzare la testa contro l’oppressione della mafia da cui lo Stato non li ha mai davvero difesi. Eppure, quello che si è visto ieri a Monreale, a Bagheria, a Motta Sant’Anastasia ed a Caltanissetta, è stato un bagno di folla per il ministro milanese che sequestra migranti ed equipaggi e fugge ai processi. Piazze gremite e doppio giro di palco per strette di mano e selfie vari. Applausi da rockstar che si esibisce gratuitamente in piccoli comuni. Eppure è solo il “segretario federale” del partito federalista del nord Italia, quello che voleva la secessione, che definiva il sud un peso morto, che vorrebbe togliere al Mezzogiorno ciò che ha e di cui non ha mai goduto, che è composto di iscritti per i quali ancora oggi i siciliani sono tutti mafiosi scansafatiche, terroni e tanto altro di natura fortemente offensiva. A meno che le persone che gremivano le piazze di Bagheria e Monreale e Caltanissetta, non fossero il concentramento di tutti i siciliani furbetti, e poco fraterni, pronti a salire su quello che è adesso il nuovo carro del vincitore: il Carroccio. Se così fosse, allora bisognerebbe ringraziare questo sgraziato ministro dell’Interno, perché sarebbe suo il merito del riconoscimento di questi siciliani pronti a vendere la propria terra ed i propri compaesani per mera opportunità politica.
Sarebbe interessante una spiegazione del ministro dell’Interno sul perché sul suo account Twitter viene condannata la marcia di Modena “contro Fascisti, CPR e Stato di Polizia” ma non viene pubblicato neanche un cinguettio sui nove denunciati ieri per lo striscione a Piazzale Loreto con la scritta “Onore a Benito Mussolini”. Sarà mica perché non è opportuno attaccare i “compagni di militanza”?