di Mauro Seminara
Anche ieri, nel Mediterraneo centrale, due imbarcazioni cariche di profughi tentavano di lasciarsi la Libia alle spalle. Nel totale silenzio istituzionali, a monitorare e far uscire informazioni che sembrano sempre più un segreto di Stato, c’era la nave Mare Jonio. La nave della Ong Mediterranea Saving Humans che aveva lasciato tre giorni addietro il porto siciliano di Marsala malgrado la “diffida” ricevuta dalla Direzione Marittima di Palermo è stata ieri l’unico testimone delle operazioni di recupero e respingimento dei due natanti che accoglievano circa 180 persone. Le operazioni di recupero non sono state un affare interno alla Libia ma si sono consumate sotto gli “occhi” e sotto il coordinamento di sale operative di Coordinamento Soccorso europee e velivoli europei, sia di singoli Stati membri che della missione Ue Sophia. L’Unione europea ha pertanto lasciato che persone che tentavano di allontanarsi da una zona in conflitto militare – circa 400 morti da inizio scontri, oltre 2.000 feriti e circa 50.000 sfollati – venissero ricondotti contro la loro volontà presso lo stesso teatro di guerra e maltrattamenti da cui fuggivano.
Un primo gommone, a dimostrazione di una ripresa delle partenze dei profughi dalla Libia, era stato individuato grazie all’intenso traffico aereo con cui viene in questi giorni monitorato il flusso migratorio dal nord Africa. A bordo c’erano circa 80 persone ed il gommone bianco su cui navigavano era già arrivato a circa 65 miglia nord di Khoms, come testimonia l’Ong Mediterranea Saving Humans. Il natante carico di disperati che tentavano di allontanarsi dall’inferno libico era quindi già quasi fuori anche da quella che viene ufficialmente riconosciuta quale area di competenza SAR della Libia. A fermare la loro fuga, sotto contatto visivo di un velivolo Malta Air Force che monitorava la posizione del natante con i profughi comunicando con la sedicente guardia costiera libica mediante radio, è stata una delle motovedette che l’Italia ha donato alla Libia. La “Sabratah 654”, già pattugliatore classe Bigliani della Guardia di Finanza italiana, ha raggiunto il gommone ad oltre cento chilometri dalla Libia e ha ricondotto gli ottanta profughi nella stessa zona di conflitto da cui fuggivano.
“Una assoluta violazione di tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani, la cattura di persone in fuga da guerra e riportate in zona di conflitto”, annuncia la Ong Mediterranea Saving Humans, testimone del crimine che si è consumato ieri pomeriggio, intorno alle 19 nel Mediterraneo centrale. Il gommone bianco fermato dai libici, con l’aiuto dell’Unione europea ieri sera, non è stato l’unico natante gremito di profughi in fuga da zona di conflitto che è stato bloccato da una unità navale della Libia sotto gli occhi dell’Europa. Un secondo natante, con a bordo circa cento persone, è stato avvistato dal velivolo “AS 1126” di Malta Air Force. L’imbarcazione, di colore rosso, è stata ancora una volta segnalata ai libici dagli occhi aerei europei che ne hanno comunicato le coordinate. Allo stesso tempo, la nave Mare Jonio chiedeva istruzioni alla sala operativa italiana, l’MRCC di Roma, per poter intervenire in soccorso dei profughi. Anche il natante rosso con i cento profughi si era parecchio allontanato dalla Libia e la sua prua puntava Lampedusa mentre l’unità navale libica, a velocità sostenuta, sopraggiungeva ed il velivolo maltese lasciava l’aerea facendo rotta verso la base. Anche il secondo natante è stato quindi fermato dai cosiddetti guardacoste libici ed i cento profughi sono quindi stati ricondotti in zona di conflitto.
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