Distava circa 40 miglia nautiche dalla costa della Libia l’imbarcazione in condizione di imminente naufragio che ha costretto questa mattina la nave della Marina Militare italiana al soccorso. La Cigala Fulgosi è intervenuta per salvare 36 persone e le ha prese a bordo. A bordo del natante, che imbarcava acqua, c’erano 26 uomini, 2 donne e 8 bambini, privi di salvagente ed in grave pericolo di vita. Sul caso, la Marina italiana precisa che l’intervento di soccorso, effettuato in acque internazionali a 75 chilometri dalla Libia, è stato svolto “in aderenza alle stringenti normative nazionali ed internazionali”. Un immediato messaggio a quanti, prevedibilmente, avrebbero criticato la decisione della nave della Marina Militare italiana di salvare dei profughi in pericolo. La prevedibile critica è giunta senza farsi attendere con il ministro dell’Interno, sempre pronto a scavalcare tutti i colleghi del Governo, che ha dichiarato “io porti non ne do”.
Il ministro Matteo Salvini, già in piena crisi di Governo con gli scontri sul sottosegretario Siri, sui negozi di cannabis e sui conflitti di competenza sui porti, si pone adesso in ruvido contrasto con il Ministero della Difesa e con lo Stato Maggiore della Difesa. Un fenomeno prossimo al delirio di onnipotenza che omette le prerogative del Ministero dell’Interno e quelle dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti. La nave Cigala Fulgosi, operativa nella missione “Mare Sicuro”, qualora costretta a navigare fino alle coste italiane per un eventuale negato trasbordo su unità navali della Guardia Costiera, dovrebbe sospendere la propria operazione per rientrare in porto. L’unico dettaglio, che sembra sfuggire a chi è immerso nella propria campagna elettorale, è che la nave della Marina Militare – dal punto di vista politico – dipende dal Ministero della Difesa ed i dicasteri dell’Interno e dei Trasporti non possono negarle l’accesso ad un porto militare come ad esempio quello di Augusta.
In soccorso di una Italia in crisi istituzionale arrivano alcuni Stati membri dell’Unione che avrebbero offerto, come dichiarato dal premier Giuseppe Conte, la propria disponibilità ad accogliere una quota dei 36 profughi soccorso dall’Italia mediante una propria nave militare. L’apertura arriva mentre il presidente del Consiglio si trova a Sibia, in Romania, per il vertice dei capi di Stato e di Governo dell’Unione europea. Un’apertura, quella degli Stati membri citati da Conte, che giunge malgrado Salvini abbia dichiarato che la nave Cigala Fulgosi ha soccorso in acque libiche, giocando sulla potenziale ignoranza tecnica dei suoi followers che non necessariamente distinguono le acque territoriali di uno Stato da quelle di competenza SAR, e che per quel che riguarda il Viminale restano chiusi i porti anche alla Marina Militare. La nave però non si trovava a largo della Libia per una passeggiata nel Mediterraneo centrale. La stessa Marina Militare precisa che tale “unità combattente” è operativa ed armata per la “missione assegnata dal Governo e dal Parlamento e finalizzata a proteggere gli interessi nazionali nel Mediterraneo centrale, sta conducendo attività di presenza, sorveglianza e deterrenza, anche in ragione all’attuale situazione di sicurezza presente in Libia”.
Recente è infatti la notizia dei nove pescherecci scampati ad un tentativo di aggressione, da parte della sedicente guardia costiera libica, in acque internazionali. In quell’occasione era intervenuta una nave della Marina Militare italiana a tutela dei pescherecci ed era conseguita una polemica sui complimenti della ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, poi ritrattati e con tweet “ritirato”. In pieno conflitto istituzionale, manca adesso che il Ministero dei Trasporti disponga il trasbordo dei 36 profughi salvati dalla Cigala Fulgosi su unità da soccorso che li possano condurre in sicurezza in un “porto sicuro”. Indicazione, quella del porto di sbarco, che il Ministero guidato da Danilo Toninelli dovrà prendere di concerto con il Ministero dell’Interno di Matteo Salvini. Quest’ultimo però non si può opporre all’assegnazione di un porto e non ha alcun potere decisionale sul protocollo che la Marina Militare, per il più sicuro proseguo della propria missione, intenderà seguire per mettere in sicurezza le persone soccorse in un porto di bandiera.