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Sea Watch, sequestro con sbarco. Salvini lo scopre in diretta Tv

di Mauro Seminara

La nave Sea Watch 3 ha compiuto la sua missione, tutti i profughi soccorsi mercoledì nel Mediterraneo centrale sono sbarcati in un porto sicuro: Lampedusa. A disporre l’affidamento alla Questura di Agrigento delle persone soccorse dalla nave della Ong tedesca, che si trovavano ancora a bordo, è stata la Procura della Repubblica diretta dal procuratore capo Luigi Patronaggio. Un atto conseguente a quello di sequestro a fini probatori della nave che dopo una lunga sosta a largo della Libia, allontanata a forza dalla sedicente guardia costiera libica ed in assenza di indicazioni su sbarco in Tunisia da parte delle autorità di bandiera e dei centri di coordinamento soccorsi più vicini, si era diretta verso Lampedusa in vista di una forte perturbazione. Giunta al confine con le acque territoriali, dalla plancia di comando era stata presa una coraggiosa decisione: avvalersi dei diritti sanciti dalle leggi internazionali ed entrare in acque italiane per motivi umanitari malgrado l’avvertimento di divieto di accesso intimato dalla Guardia di Finanza. Una volta in acque territoriali italiane, alla fonda davanti l’isola di Lampedusa, il Ministero dell’Interno aveva ceduto sull’autorizzazione allo sbarco dei nuclei famigliari e dei soggetti più vulnerabili. Venerdì erano quindi sbarcati 18 dei 65 profughi soccorsi tre giorni prima. Il decreto sicurezza ed immigrazione, le direttive e le circolari ministeriali volute dal ministro dell’Interno hanno comunque posto la nave Sea Watch 3 nella stessa condizione della Mare Jonio, sequestrata a Lampedusa per le stesse ragioni e dalla stessa Procura. Un atto dovuto quindi, da parte della Procura della Repubblica di Agrigento, che ha ottemperato all’obbligo di accertamento di eventuali reati da parte della Ong.

“La GdF-ROAN di Palermo e la Guardia Costiera di Lampedusa hanno eseguito nel pomeriggio di oggi il sequestro probatorio della nave della ong Sea Wacth 3 per violazione dell’art. 12 T. U. Immigrazione ponendo il mezzo navale a disposizione di questa Procura che ne ha disposto, previo sbarco dei migranti, il trasferimento sotto scorta nel porto di Licata”. Lo ha annunciato con una nota per la stampa il procuratore capo Luigi Patronaggio dopo aver firmato il sequestro della nave. La nota è stata diffusa già prima delle venti e fa ovviamente riferimento alla necessità di accertare se la Ong ha violato l’articolo 12 del Testo Unico sull’Immigrazione che disciplina le disposizioni contro le immigrazioni clandestine. Un Testo Unico che vige già da una ventina di anni e che non fa sconti ai trafficanti di stranieri introdotti clandestinamente. La Procura di Agrigento ha anche disposto il trasferimento della Sea Watch 3 nel porto di Licata, dove è già stato disposto il trasferimento della Mare Jonio per le stesse ragioni, ed ha adesso altri nove giorni di tempo per accertare se la Ong tedesca ha commesso un reato o ha slavato delle persone nel completo rispetto di tutte le leggi. La conseguenza del sequestro probatorio è stata anche l’inevitabile ordine di sbarco dei restanti profughi. Notizia appresa e commentata in diretta televisiva dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che aveva appena detto di essere disposto a denunciare anche un magistrato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina se questi avesse fatto sbarcare i migranti.

“Spero venga tratto in arresto il comandante della nave che ha fatto da vice-scafista. Per me i porti rimangono chiusi, se qualcuno ha dato l’ordine ne risponderà di fronte agli italiani”. Lo ha dichiarato ieri sera Matteo Salvini a Non è l’Arena, il programma di Massimo Giletti in onda su La7 in cui era ospite in collegamento da Firenze il ministro. Poco prima, a trasbordo in atto e di cui il ministro era all’oscuro, la Ong twittava: La nostra missione umanitaria è finalmente compiuta. Grazie al Comandante e a tutto l’equipaggio”. Il comandante in questione aveva dialogato tutto il giorno con le autorità e le aveva informate della grave situazione a bordo, motivo per cui, se non fosse stata presa a breve una decisione per lo sbarco, alle 21 avrebbe comunque avviato la nave in porto. I profughi rimasti a bordo manifestavano reazioni emotive gravi e pare fossero pronti a tutto, anche a gettarsi in mare per tentare di raggiungere la costa a nuoto. La risoluzione dell’ennesimo braccio di ferro tra i “porti chiusi” e il diritto internazionale è giunta nel pomeriggio con il sequestro della nave. Giorgia Linardi, portavoce per l’Italia della Ong tedesca dichiarava durante le operazioni di sbarco: “I porti non sono chiusi, non possono essere chiusi. Abbiamo affermato un dovere di legge, un dovere morale, un atto di solidarietà: il soccorso in mare va protetto e difeso”.

Esclusa la Libia, porto non sicuro riconosciuto tale anche dalle Nazioni Unite oltre che zona di conflitto, l’unica ipotesi era la Tunisia. Nessuna autorizzazione era stata concertata tra i centri di coordinamento e l’autorità nazionale tunisina. L’alternativa, quindi, essendo Malta molto più lontana, era l’Italia con l’isola di Lampedusa. La nave però era stata definita, con la direttiva ministeriale ad navem del 15 maggio, “non inoffensiva” e pertanto le era stato precluso il riparo dal mare agitato ed anche il solo transito in acque territoriali. A fronte delle direttive del Viminale però ci sono l’obbligo di soccorso – l’omissione è un crimine – e le convenzioni internazionali a stabilire che ragioni superiori si pongono in deroga alle direttive ad navem per il contrasto dei flussi migratori e dei soccorsi dei profughi fuggiti da zona di conflitto. Ragioni umanitarie per cui si sono già ieri attivate le chiese protestanti per accogliere una quota dei 65 profughi in Italia e favorire la rapida ricollocazione dei restanti in altri Stati membri dell’Ue. Attività che si pone ancora in contrasto con le politiche di chiusura italiana e l’assenza di un programma strutturato di gestione europea dei flussi migratori. Come in contrasto con il livore del ministro dell’Interno in diretta televisiva, intento a ribadire che con lui i porti restano chiusi, erano quelle venti o trenta persone che fuori dal cancello del molo Favarolo di Lampedusa hanno accolto il passaggio dei profughi in transito verso il centro di accoglienza con applausi ed uno striscione che recitava “Welcome”, benvenuti.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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