Sbarcheranno a Zarzis i 75 profughi soccorsi il 31 maggio dalla nave Maridive 61 e tenuti a largo per 18 giorni in un surreale sequestro di Stato messo in atto dalla Tunisia. Sbarcheranno ma solo per procedere con una identificazione finalizzata alla “volontaria” rinuncia di chiedere asilo o protezione. Dopo quasi tre settimane a bordo di una piccola nave mercantile, sfiniti, i 75 migranti salvati in acque internazionali hanno accettato di farsi rimpatriare pur di mettere piede a terra e non rischiare un respingimento in Libia. Mustapha Abdelkebir, presidente dell’Osservatorio tunisino per i diritti umani, spiega alla stampa locale che 64 cittadini del Bangladesh hanno trattato tutta la giornata di sabato con l’ambasciatore del loro Paese in Tunisia. Al termine del lungo negoziato, i profughi del Bangladesh fuggiti dalla Libia hanno accettato l’aut aut: per scendere rinunciano a qualunque pretesa di protezione. La proposta delle autorità tunisine era stata inizialmente rigettata dalle 75 persone a bordo. Poi, sfiniti da quello che pare abbia tutti i tratti distintivi di un sequestro finalizzato alla coazione, hanno accettato i cittadini del Bangladesh ed anche gli altri profughi, tra cui nove egiziani, un marocchino e un sudanese.
L’associazione pescatori di Zarzis, sentita da Mediterraneo Cronaca, spiega che lo sbarco – che dovrebbe avvenire in queste ore – dei 75 profughi vedrà una sosta nella città portuale del sud Tunisia per il breve tempo necessario all’espletamento della procedura di invio documentazione ai Paesi di origine e successivo rimpatrio. Una condizione sine qua non – spiegano dall’associazione – perché le persone potessero finalmente sbarcare e la nave Maridive 601 poter tornare alle proprie attività di supporto logistico alle piattaforme offshore. Abdelkébir, il presidente dell’Osservatorio tunisino per i diritti umani, ha invece detto alla stampa locale – come riportato da African Manager – che la situazione nel governatorato di Medenine è “difficile” da quando nel 2011 sono state ospitate decine di migliaia di migranti ad apertura frontiera per la guerra che rase al suolo la Libia. Migliaia rimasero poi lì per anni in un campo profughi allestito dall’UNHCR. Il sequestro si conclude quindi dopo 18 giorni con una rinuncia da parte delle persone soccorse a tutti i propri diritti internazionali.
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