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Colpiti i clan Cappello-Cintorino e Santapaola-Ercolano, 31 arresti e sequestro per 1 milione di euro

Al termine di una lunga indagine, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Catania, sulle attività dei clan mafiosi che operavano tra Catania e Taormina sono stati spiccati 31 mandati di arresto e disposti sequestri per un valore milionario. I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, supportati dalla Compagnia di Taormina, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata e con il Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania nei confronti di 26 ordinate in carcere e 5 agli arresti domiciliari. I soggetti sono indagati in concorso per associazione a delinquere di tipo mafioso, ma anche per estorsioni, trasferimento fraudolento di valori, intestazione fittizia, usura, rapina, associazione finalizzata al narcotraffico, detenzione e spaccio di stupefacenti, tutti reati aggravati dalle finalità mafiose.

L’attività investigativa, nome convenzionale “Operazione Isola Bella”, ha disvelato l’operatività di un’agguerrita compagine criminale mafiosa, quella dei Cintorino, collegata alla famiglia mafiosa catanese dei Cappello. Lo stesso provvedimento giudiziario disposto per gli arresti prevedeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di un patrimonio societario di pertinenza del clan Cappello-Cintorino e di quello Santapaola-Ercolano per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro. Un patrimonio di notevole dimensione appresentato da una società di noleggio di acquascooter, un bar e un lido balneare, tutti ubicati in Giardini Naxos, e da una ditta attiva “nella preparazione del cantiere edile e sistemazione del terreno”.

A dar vita alle indagini, rilevando anomalie, con le prime investigazioni, è stata la Compagnia della Guardia di Finanza di Riposto, Comune della provincia etnea. L’esito delle indagini attesta come il clan Cintorino sia particolarmente radicato ed attivo nella propria “roccaforte” storica di Calatabiano, ed opera ancora sotto l’egida di Mario Pace. Il boss è uno storico componente del clan Cappello, già condannato all’ergastolo, che durante i permessi premio organizzava “summit” mafiosi, dava disposizioni e ribadiva la propria egemonia all’interno del mandamento. Così, nel riferire alla compagna l’esito di uno di tali incontri, Carmelo Porto – il principale referente del gruppo – riportava quanto detto da Mario Pace: “Io vi ammazzo, dicci a Mario e Carmelo Spinella a Calatabiano comando io, Mario Pace; trent’anni fa io ho fatto Calatabiano, ed io comando lì, neanche Nino, Nino ha il 41, fagli fare il 41 io ho fatto le discussioni, Calatabiano e Giardini ci sono io”.

Carmelo Porto è una figura apicale del clan Cintorino, e riveste il ruolo di reggente fino alla scarcerazione di altro esponente storico: Salvatore Trovato. Quest’ultimo, dopo circa un ventennio di detenzione, aveva recuperato le redini del gruppo. Figura di grande spessore, emersa dalle attività investigative, è quella di Gaetano Di Bella, soggetto incensurato che fa da tramite fra la famiglia catanese Cappello e Carmelo Porto. Le indagini hanno fatto emergere numerose vicende estorsive perpetrate dal gruppo mafioso, emblematiche del radicato controllo territoriale operato dai Cintorino a Calatabiano. Altra fonte significativa di introiti per il clan Cintorino è rappresentata dal traffico di stupefacenti – cocaina, hashish e marijuana – in relazione al quale è stata tracciata l’esistenza di svariati canali stabili di rifornimento. Tali canali di approvvigionamento hanno permesso al clan Cintorino di superare i “danni” causati dai sequestri operati dalla Guardia di Finanza nel corso delle indagini con vari sequestri di sostanze stupefacenti.

Infine è emersa anche l’attività di usura con tassi di interesse che variano dal 120% al 450% annuale. Il clan ha infatti dimostrato di saper affiancare alle classiche attività estorsive, di usura e di spaccio di stupefacenti, la concreta propensione a insinuarsi tra le iniziative imprenditoriali più redditizie e visibili del territorio di competenza, con particolari proiezioni nel territorio della provincia di Messina, come Giardini di Naxos e Taormina. Località particolarmente appetibili, sia per il controllo delle attività turistiche, sia per investire i proventi illeciti in attività imprenditoriali riconducibili al clan. Particolarmente significativo delle mire espansionistiche nelle citate località, è il tratto della conversazione tra Di Bella ed il suo interlocutore Marcello Rocco:

Di Bella: “ma tu devi stare a Taormina…!”

Rocco: “Quanto ci stanno i Carabinieri a sapere le cose…?”

Di Bella: “eeee lo so, però c’è Taormina, c’è…!”

Rocco: “Naxos…!”

Di Bella: “c’è tutto un giro va…!”

Rocco: “Taormina, Giardini, certo Letojanni…!”

Di Bella: “eeeeh il giro c’è ed è grande…!”.

Le attività investigative, ed in particolare le intercettazioni degli indagati, hanno permesso di comprendere che le escursioni turistiche effettuate da piccoli imprenditori, nel tratto di mare destro e sinistro antistante l’Isola Bella di Taormina, con barche da diporto, erano oggetto di pesanti infiltrazioni mafiose. Gli esercenti l’attività di noleggio di mezzi di trasporto marittimo, operanti nel famoso specchio d’acqua erano, infatti, costretti a “cedere” quotidianamente una parte dei loro guadagni. Detta attività era condivisa con esponenti della famiglia Santapaola-Ercolano, il cui referente locale era Salvatore Leonardi. Le indagini acclarano infatti che, in relazione al business delle attività turistiche, tra i due sodalizi era stato raggiunto un patto per la spartizione dei proventi e, al fine di evitare contrasti nel corso della stagione turistica estiva, che avrebbero “nuociuto” agli affari, Di Bella e Trovato – dietro le direttive di Mario Pace ed il controllo operato dai figli Antonio e Giuseppe Pace, che eseguivano sopralluoghi e ‘rendicontavano’ al padre Mario durante i colloqui in carcere – insieme a “Turi” Leonardi, siglavano un accordo in base al quale avrebbero diviso spese e incassi in tre parti, una per i mafiosi del clan Cappello-Cintorino, una per il clan Santapaola-Ercolano e solo una misera terza parte veniva lasciata agli imprenditori estorti.

Il controllo delle attività è radicale, anche la sostituzione di un’imbarcazione in avaria non poteva essere disposta dall’imprenditore estorto se non previa autorizzazione del sodalizio mafioso di riferimento. In alcune circostanze, non mancavano esplicite minacce degli estortori a danno delle imprese: nello specifico, era Salvatore Leonardi a paventare l’affondamento delle imbarcazioni qualora il patto di spartizione degli introiti non fosse stato rispettato come concordato tra i due clan rivali. Il giro di affari era notevole, così, Di Bella e l’altro affiliato del clan Cintorino, Pasqualino Bonaccorsi, effettuando una stima dei profitti realizzabili attraverso il controllo delle imbarcazioni, per la stagione estiva, prevedevano di introitare, in media, 20.000 euro al giorno da dividere in tre parti. L’espansione territoriale verso le suddette località turistiche si manifesta anche attraverso progetti imprenditoriali particolarmente ambiziosi: quello di aprire attività commerciali, intestate a soggetti terzi incensurati, reimpiegando in tal modo capitali di illecita provenienza. La realizzazione di tali progetti imprenditoriali è alla base dei sequestri operati a carico della società di noleggio acquascooter, del lido Recanati beach e del Bar “Etoile”, queste ultime due attività ubicate a Giardini di Naxos.

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