X

La Giornata Mondiale del Respinto

di Mauro Seminara

Oggi dovrebbe essere la Giornata Mondiale del Rifugiato, ma i fatti dimostrano che questa è una delle ormai innumerevoli giornate dell’ipocrisia. Dagli Stati Uniti, con il loro muro al confine con il Messico, all’Australia con i suoi respingimenti in mare e passando per l’Europa con la sua penisola italiana in testa, i fatti dimostrano che ai rifugiati nessuno è disposto ad offrire un rifugio. Perfino Matteo Salvini ricorda la “Giornata” con i suoi immancabili tweet. Il “ministro di tutto”, della propaganda razzista e della disgregazione sociale del Paese, è capace di dimostrare già con un solo cinguettio – in due parti – il livello culturale e umano dei suoi fedeli seguaci. “Viva i veri rifugiati: dal 2014 al 14 giugno 2019 rappresentano solo il 7,3% delle 420.834 domande esaminate dall’Italia. Più del 60%, invece, sono clandestini che hanno ingrassato il business di qualche professionista della falsa accoglienza. #GiornataMondialedelRifugiato”. Lo scrive Matteo Salvini nel primo dei due tweet che compongono il suo pensiero sul caso. Nella seconda parte, inevitabilmente, il vicepremier ribadisce il solito trito concetto: “Per chi vuole entrare nel nostro Paese senza chiedere permesso, i porti restano chiusi. Chi fugge dalla guerra può e deve arrivare in Italia, senza doversi affidare a trafficanti di esseri umani o a navi pirata. #GiornataMondialedelRifugiato”.

Triste, deprimente, immaginare le facoltà intellettive di chi segue ed approva simili deprecabili esternazioni. Inutile quindi provare a capire come può un “vero rifugiato” chiedere asilo se qualcuno non si reca nel luogo in cui egli subisce i soprusi per chiedergli se vuole asilo in un Paese “civile”. Secondo il segretario federale del partito che voleva dividere l’Italia i due, a metà, e che adesso sta dividendo l’Italia in due in modo diffuso, un rifugiato dovrebbe arrivare in Italia senza doversi affidare a trafficanti di esseri umani o a “navi pirata” che, nel linguaggio non istituzionale di un ministro della Repubblica, sono le navi delle Ong. Si suppone che secondo il signor Salvini, ed i suoi seguaci, i rifugiati dovrebbero affidarsi alle brigate di miliziani e trafficanti libici – la cosiddetta guardia costiera della Libia – e farsi respingere al punto di partenza per continuare a farsi torturare ed uccidere; oppure dovrebbero fare una autoselezione di chi ha veramente diritto secondo i parametri delle Commissioni territoriali italiane e partire così solamente i veri rifugiati accettabili per l’Italia, lasciando in tal modo quanti nati in Paesi dei quali non è riconosciuta esigenza nazionale d’asilo a farsi torturare ed uccidere in Libia. Ma è la Giornata Mondiale del Rifugiato ed è normale che chiunque spari la sua sul tema. D’altro canto, abbiamo visto il ministro che sembra combattere soltanto le Ong anche a Palermo per la commemorazione della strage di Capaci in cui morirono giudici ed agenti di scorta. Che male c’è ad unirsi ad una festa?

Nella Giornata Mondiale del Rifugiato ci sono dentro tutti, non solo i migranti che arrivano attraverso la “roulette russa” del gommone in mare. Ci sono i collaboratori di giustizia, rifugiati e sotto protezione perché la mafia attende solo di poter eseguire la vendetta pronunciata come una sentenza senza prescrizione. Ci sono quelli che fuggono da minacce di morte e sono per questo costretti a vivere in terra straniera dove nessuno li conosce. Ci sono le donne che vengono rapite e vendute come merce destinata a battere i marciapiedi. Ci sono quanti fuggono da guerre tra Stati e quanti fuggono da “guerre civili”. Ci sono anche quelli che fuggono dalla carestia, che fa tanti morti quanti ne fanno le bombe. Ci sono quelli che fuggono da nubifragi che hanno distrutto la loro casa e la loro terra ormai non più coltivabile. C’è di tutto nel concetto di “rifugiato”. Ed oltre ad esserci, c’è stato di tutto in questa definizione. Anche gli italiani che migrarono in Germani e negli Stati Uniti erano, in qualche modo, dei rifugiati. Tra loro c’erano quelli che non potevano sopravvivere a casa, dove la mafia aveva preso tutto ed opprimeva la loro vita oltre a farli morire di fame. C’erano quelli che sono dovuti andare via, nascondersi, perché le loro idee di libertà e uguaglianza dei diritti veniva perseguita come fosse una grave minaccia per la sicurezza del Paese. Forse quest’ultimo concetto può risultare un po’ astruso. Meglio quindi proporre un esempio.

Sandro Pertini, il presidente della Repubblica più amato nella storia di questo insulso Paese, era un partigiano ed era uno tra i più determinati avversari del fascismo. Pertini dovette vivere in Francia, da “rifugiato”, per diverso tempo, perché sulla sua testa pendeva una condanna a morte da parte dei fascisti. Se analizzassimo la situazione di Sandro Pertini con i parametri delle Commissioni territoriali, gli negheremmo il soggiorno in Francia e lo respingeremmo in Italia perché questa non era un Paese in guerra. Forse era un Paese in guerra civile, come la Libia di oggi e nella quale si vogliono respingere prima che chiedano asilo i profughi che vengono fermati in mare. Sandro Pertini però era un signore, e non uno animale carico di odio come certi individui, siano essi i fascisti del ventennio o quelli che picchiano chi va via da una proiezione al Cinema America. Sandro Pertini fu infatti colui che diede l’immediato ordine di rispetto per i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci, appesi a testa in giù, come soltanto delle bestie avrebbero potuto fare, in piazzale Loreto. La differenza tra un Sandro Pertini ed un Benito Mussolini stava proprio in questo: il primo lottava per difendere il prossimo e le sue libertà, il secondo faceva lottare il prossimo per difendere il proprio diritto di vietare la libertà altrui. Oggi mancano i Sandro Pertini, ma di Benito Mussolini in giro si vedono tanti stupidi cloni.

Per sapere se ci sono profughi meritevoli dello status di Rifugiato, bisogna farli scendere dalla nave che li ha salvati e vagliare la loro condizione. Non sequestrarli a bordo, in acque internazionali, come se l’ordine arrivasse da un aspirante leader fascista e ad eseguirlo fossero delle aspiranti camicie nere che non attendevano altro che dare sfogo alla propria anima nera.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
Related Post