di Vittorio Alessandro
Undici giorni per un soccorso che non trova conclusione. È vero: a questo punto la Sea Watch 3 avrebbe potuto trovarsi a Tripoli bombardata, o in rada a Tunisi ad aspettare che i naufraghi si convincano (con le buone o con le cattive, mentre friggono sotto il sole) a tornare nei paesi dai quali sono fuggiti.
Oppure, potrebbe già stare quasi a metà strada verso Amsterdam, sulla rotta delle grandi navi e dei navigatori solitari (sono indignato per il fatto che nessun responsabile istituzionale del Mare si indigni pubblicamente di fronte a un’idea così impraticabile e, perciò, provocatoria).
Una delle responsabilità più grandi di questa Europa è di averci consegnato il ruolo, prima, dell’unico paese accogliente e ora quello, molto peggiore e squallido, e gravido di conseguenze, dei torturatori di gente senza colpa.