di Mauro Seminara
La nave della Ong tedesca Sea Eye, la Alan Kurdi, ha soccorso poche decine di minuti dopo le 13 odierne, altre 65 persone salpate a bordo di un gommone dalla Libia. L’intervento di salvataggio della nave è avvenuto a 34 miglia nautiche nord dalla costa della Libia, ad ovest di Tripoli. La notizia è stata da poco diffusa dalla stessa Ong che adesso attende come la barca a vela Alex di Mediterranea un Place of Safety in conformità alle vigenti norme internazionali. Il PoS, porto sicuro più vicino, non può essere quello della Libia – per cui la stessa Italia ha chiesto alle Nazioni Unite un’inchiesta sul crimine di guerra che ha ucciso decine di migranti in un centro di detenzione alle porte della capitale – e neanche un porto della Tunisia perché Stato che non ha strutture per la prima accoglienza dei migranti, non ha una area SAR e non ha assicurato in passato come con il caso Maridive 601 l’ottemperanza alla Convezioni di Ginevra sui diritti umani che aveva comunque sottoscritto.
Anche per la Alan Kurdi di Sea Eye rimane solo l’Italia quale porto sicuro più vicino, ed in particolare il porto italiano pelagico di Lampedusa davanti il quale attende la Alex di Mediterranea Saving Humans. Sul battello a vela della Ong, si sono recati i medici del Cisom che operano in convenzione con la Guardia Costiera italiana. Accompagnati a dodici miglia da una motovedetta di stanza a Lampedusa, i medici stanno valutando l’eventuale evacuazione medica dei soggetti più vulnerabili da non sottoporre a trasbordo su unità militare di Malta e navigazione fino a La Valletta. Intanto circolano le prime informazioni da palazzo sull’accordo che il Governo italiano avrebbe concluso con quello maltese pur di non autorizzare lo sbarco dei profughi soccorsi dalla Alex nel porto di Lampedusa: Malta prenderebbe i 54 a bordo del vascello Ong per portarli nel proprio Stato mentre l’Italia prenderebbe 55 migranti già a Malta per portarli in territorio italiano. Sembra un gioco di parole del principe De Curtis ma non lo è. Piuttosto appare come l’ultimo disperato tentativo del ministro dell’Interno italiano per non prendere un altro schiaffo morale e giuridico dalla magistratura potendo comunque continuare ad asserire che ha impedito in Italia dei profughi soccorsi dalla Ong che vuol “rompere le palle”.
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