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Condannati alla solitudine

di Vittorio Alessandro

Leopoldo e Tommaso, due uomini di mare. Il primo, Leopoldo Manna, è un ufficiale superiore delle Capitanerie di Porto, impeccabile, generoso. Tommaso Stella, velista, era il comandante della “Alex”, l’imbarcazione di Mediterranea che ha salvato giorni fa 54 migranti.

Entrambi sono ora di fronte ai giudici, il primo per aver obbedito (come poteva) agli ordini confusi che, l’11 ottobre 2013 – qualche giorno dopo la tragedia di Lampedusa – arrivavano al suo telefono di capo della Centrale operativa di Roma, mentre affondava una barca “senza problemi”, come direbbe Salvini, colpita dalle mitraglie libiche: 268 persone annegate (o 286, cosa importa?), fra di esse 60 bambini; il secondo per aver disobbedito all’alt della Guardia di Finanza, forzando il limite delle acque territoriali.

Leopoldo è un amico, ma non so se condividerebbe queste righe: molti colleghi che prima per lavoro sentivo giorno e notte, adesso non mi parlano più.

Tommaso, leggevo ieri, subirà la sospensione della patente nautica che, per un uomo di mare, è molto di più che un’abilitazione: è uno status, anzi una scelta di vita.

Per lui è anche il lavoro, visto che si dedicava a portare in mare bambini, disabili, carcerati.

Così ci hanno ridotto in solitudine, mettendoci gli uni contro gli altri. E, prima, ci riconoscevamo da un cenno.

Vittorio Alessandro: Ammiraglio in congedo, è stato a lungo responsabile della comunicazione della Guardia costiera e del reparto ambientale delle Capitanerie. Ha curato l’informazione istituzionale in occasione delle migrazioni via mare nel 2011 e del sinistro della Costa Concordia nel 2012; ha guidato la missione ambientale italiana Bahar in Libano nel 2006. Dal 2012 al 2017 ha presieduto il Parco Nazionale e l’Area marina protetta delle Cinque Terre. Nel 2014 ha pubblicato “Puntonave” (Mursia editore) e dal 2012 cura l’omonima pagina su Facebook.
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