di Mauro Seminara
Le prime notizie sono state diffuse dopo le tre del pomeriggio dai referenti in Libia delle organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite e poi confermate anche dalla sedicente guardia costiera libica. Si parla di oltre 150 vittime in un solo colpo. Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, parla della “peggiore tragedia di quest’anno nel Mediterraneo”. Le prime notizie, ancora un po’ confuse, riguardano infatti di 300 persone salpate dalla costa nei pressi di al-Khoms, città libica ad est di Tripoli, e naufragate dopo poco tempo. Inizialmente pareva fosse un unico barcone, ma altri dettagli che giungono frastagliati indicherebbero un doppio naufragio consumatosi quasi simultaneamente. L’unica certezza è che i superstiti sono circa 140 e che mancano all’appello oltre 150 persone tra decessi testimoniati e dispersi.
La Ocean Viking, la nuova nave della partnership SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere, si trova ancora ad ovest del Portogallo, a giorni di navigazione dall’area SAR più letale del Mediterraneo. La Alan Kurdi è partita da poco da Palma di Majorca e anche per questa nave Ong ci vorranno un paio di giorni per giungere sul posto. La Sea Watch 3, la Mare Jonio e la Alex sono tutte e tre sotto sequestro a Licata. La spagnola Open Arms, sulla quale pende una minaccia da 900mila euro assicurata dalla Spagna in caso di intervento SAR nel Mediterraneo centrale ed una da 50mila più sequestro garantita dall’Italia, è al momento ferma nel porto di Siracusa. Le navi della missione europea Sophia si sono ritirate mesi addietro grazie alla politica della propaganda non diplomatica del governo italiano in Unione europea e nel Mediterraneo centrale ci sono solo i libici, che “respingono” i fuggitivi facendo il lavoro sporco per conto dell’Europa, e la marineria mercantile già abbondantemente minacciata di sequestri e conseguenze varie in caso di intervento.
La tragedia che si è consumata oggi, della quale non si conosce il vero numero delle vittime ma che fa aumentare la percentuale delle morti in mare ben oltre ogni florida aspettativa del Governo dei “porti chiusi”, arriva mentre i fatti smentiscono causticamente la frottola sul rapporto tra la presenza delle navi Ong e la partenza dei migranti. Frottole con cui “influencer” iscritti all’Ordine dei Giornalisti ed “Influencer” che fanno solo propaganda di partito sui social spacciano come verità rivelate la complicità delle organizzazioni non governative. Oggi però il rapporto tra Ong e partenze viene meno e, purtroppo, viene meno anche la regina delle bufale da propaganda “nazionalsovranista”: meno partenze, meno morti in mare. Oggi oltre 150 vittime da partenze criminali dei trafficanti libici. Ieri a Lampedusa è stata fermata una barca salpata dalla Libia con 77 persone a bordo. Una delle donne è stata trasferita d’urgenza, con un elicottero del 118, da Lampedusa – luogo di primo approdo da sempre privo di sala parto ed anche di un pronto soccorso che possa soddisfare le esigenze dei residenti, dei turisti che arrivano anche a 20mila in contemporanea e dei migranti – ad un ospedale in Sicilia per le doglie già in atto mentre la futura (si spera) mamma veniva trasbordata dalla carretta del mare alla motovedetta e poi sbarcata dalla motovedetta a terra. La donna avrebbe anche potuto iniziare il parto sul barcone e morire per una banale complicazione, essendo venuti meno i soccorsi in acque internazionali.
Come in altre circostanze analoghe, il logorroico account Twitter del ministro dell’Interno tace stranamente. Nessun cinguettio sulle vittime dei trafficanti partite in assenza di Ong e nemmeno sull’incapacità della sedicente “guardia costiera” della Libia che, secondo il governo italiano, è all’altezza dell’infinita area SAR che l’Italia ha voluto ed ottenuto che le si affidasse. L’ultimo tweet di Matteo Salvini, non in ordine di tempo ma “fissato” in cima alla bacheca del suo account, è quello in cui il ministro e vicepremier attacca ancora una volta il presidente francese con le seguenti parole: “Macron vuole i porti aperti? C’è Marsiglia, c’è la Corsica, ma l’Italia non sarà mai il suo campo profughi. Gli Italiani non sono servi o schiavi di nessuno. Punto”. Pare che nessuno abbia mai spiegato al ministro milanese che i morti del Mediterraneo centrale sono morti nei nostri mari, che passano dalle reti dei nostri pescherecci, che a volte vengono restituiti dal mare sulle nostre coste. Che sono prova inequivocabile della nostra inciviltà e non di quella francese perché è sotto casa nostra che muoiono. Le motovedette classe 300 della Guardia Costiera sono capaci di navigare, in qualunque condizione meteo marina, ad oltre 30 nodi (oltre 50 Km/h), eppure sono ferme nel porto di Lampedusa. I porti chiusi sono chiusi anche se le persone sono disperse in mare. Questa è la civiltà italiana.
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