di Mauro Seminara
Quello che sappiamo, con opportuna certezza, è che un uomo è stato ucciso mentre svolgeva il proprio dovere da vicebrigadiere della Benemerita. Un uomo meritevole che, da quel che risulta, oltre a servire lo Stato, quindi tutti i cittadini, si prodigava anche nel tempo libero aiutando il prossimo con particolare riguardo ai più vulnerabili. Mario Cerciello Rega è morto in servizio, ucciso con otto coltellate inferte da una sottovalutazione. Perché sia Mario Cerciello Rega che il collega erano intervenuti per arrestare due delinquentelli che tentavano di estorcere cento euro alla persona che avevano derubato dello zainetto contenente il telefonino. Il vicebrigadiere che uno dei due giovani criminali ha accoltellato per otto volte è morto, con buona probabilità, perché esiste un lugubre sottobosco sociale in cui anche le forze dell’ordine rischiano la vita – o la perdono, come Mario – pur non essendo coinvolte in un imponente blitz antimafia. Anzi, abbiamo visto gli arresti eccellenti dei potenti boss stragisti ed in quel momento pareva di avere a che fare con indifesi agnellini. Esiste quindi una fascia di disadattati in questo Paese, ed è estremamente pericolosa. Non soltanto a Roma. Non soltanto tra gli invisibili piccoli criminali, tossici, alcolisti, di cui lo Stato italiano non riesce a prendersi cura. Non soltanto i quei quartieri per i quali non bastano gli agenti in servizio per prevenire la deriva sociale. Ci sono anche quelli ubriachi che travolgono l’agente della stradale uccidendolo e quelli che a 21 anni danno in escandescenza ed accoltellano l’agente di polizia che interviene su una lite familiare.
Per ognuno di questi agenti in servizio per lo Stato dovrebbero celebrarsi solenni funerali di Stato. Perché le alte cariche dello Stato non dovrebbero preoccuparsi soltanto degli “eroi” caduti in circostanze eccezionali. Ogni agente di Polizia, ogni Carabiniere, ogni militare della Guardia di Finanza, ogni Vigile del Fuoco, è un eroe che lavora ogni giorno al servizio dello Stato per un misero tozzo di pane, con mezzi inadeguati e garanzie carenti per i rischi che il servizio prevede. Proprio per questa ragione appare indegna la abbagliante esposizione mediatica riservata al vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Meritava un intervento ufficiale in sede istituzionale da una delle alte cariche dello Stato, ha avuto dei tweet da parte di ciarlatani pronti a cavalcare la ghiotta circostanza con la loro propaganda. Motivo più che sufficiente per provare vergogna verso le istituzioni politiche di questo miserabile Paese. Una ipotesi relazionata in prima istanza dai carabinieri che si stavano occupando dell’apparente banale caso di truffa a Roma ha lanciato la campagna più vomitevole che ci si poteva attende mentre il corpo di Mario Cerciello Rega era ancora caldo e la sposina di soli 43 giorni già vedova inconsolabile. Nessuna colpa sulla prima valutazione dei colleghi di Mario: erano stranieri, forse nordafricani, uno mesciato; si stava cercando di capire. Ma come può un ministro iniziare una così meschina propaganda in un momento del genere? Perché, cari lettori, da qualche parte è partito l’input che la stampa ha colto sbattendo due mostri africani in prima pagina.
I due africani, già condannati dal ministro che fugge ai processi e ne fa di sommari agli altri, erano invece due americani. Due giovani figli di quella California che vediamo soltanto in chiave hollywoodiana immaginandola chissà come. Certo, ci sarebbe anche da chiedere scusa a qualcuno. Magari alla comunità africana in Italia. E soprattutto ci sarebbe adesso da chiedersi, visto che non sono negri arrivati col barcone, se la linea dura contro i “pezzi di me..a” cambierà per magia. Resta che Mario Cerciello Rega è stato ucciso durante il servizio reso per uno Stato sfruttatore e che dopo morto è stato sfruttato per ancor più meschina propaganda politica. Sia chiaro che non si vuol incensare adesso tutti gli agenti delle forze dell’ordine italiane e criticare soltanto il pagliaccio con la felpa ruffiana. Ci sono agenti che ricorderemo a vita per l’episodio della scuola Diaz, ed altri che mai più dimenticheremo per il pestaggio di Cucchi. Ci sono quelli che non hanno perquisito né presidiato il covo di Riina perché il magistrato non ha immediatamente provveduto a dir loro di farlo pensando fosse a dir poco ovvio che andava fatto d’ufficio. Ci sono poi tutti quelli che si sono arruolati giusto perché cercavano lavoro ed avevano una buona raccomandazione – perché l’Italia è un Paese fondato sulla raccomandazione – e quelli che invece cercavano un distintivo ed una pistola e che adesso magari invocano il ritorno al fascismo.
Forse l’unica cosa bella che ci rimane di questa vicenda sono le sirene della Polizia davanti la caserma dei Carabinieri per l’omaggio a Mario Cerciello Rega. Ma quelli che tutti dovremmo sperare è che tutti questi agenti, siano essi carabinieri, finanzieri o poliziotti, comprendano che non è accanendosi contro un nemico debole e diffuso che si risolvono i problemi in Italia. In Italia serve una legge equa ed un tutore dell’ordine altrettanto equo. Servono tutori dell’ordine adeguatamente retribuiti per il coraggio ma anche perché non siano stressati sul lavoro a causa di bollette da pagare ed asilo che non si trova per i figli. Il tutore della legge deve essere tutelato dallo Stato. E tra le forme di obbligatoria tutela c’è anche il non farlo sentire solo. Servono nuovi agenti e ne servono di più. Servono auto nuove e ne servono di più. Servono gli strumenti necessari per dar la caccia ai criminali e non è possibile che i pià appassionati acquistino la carta per i verbali ed i Gps per le indagini con il denaro dei loro miseri stipendi. Serve uno Stato che dimostri di voler fare rispettare la legge in Italia e che dica grazie ai propri tutori della legge. E che abbia il tempo per far sentire lo Stato presente al momento delle esequie. Certo non uno Stato rappresentato da ciarlatani che twittano idiozie propagandiste contro gli africani per speculare sulla morte di uno dei suoi più fedeli servitori, in servizio e fuori servizio.
Il rispetto si manifesta in tanti modi. Spesso assistiamo alla forma più grave per i grandi numeri di aderenti: il minuto di silenzio. Mario Cerciello Rega meritava almeno un minuto di silenzio.