di Mauro Seminara
Ecco che ci risiamo con le fotine che scappano via in netta violazione dei diritti del soggetto sottoposto a fermo di polizia. Lo avevamo visto con Carola Rackete, la cui foto del momento della fotosegnalazione era andata a farsi un giro su un social russo per poi tornare in Italia pubblicata ovunque, e lo stiamo vedendo con il giovane presunto assassino americano bendato ed ammanettato nel corso di un probabile primo interrogatorio in cui è facile presumere non fosse presente un avvocato. Il dibattito si è subito concentrato sulla benda, con i giustizialisti che lo volevano anche pestato a morte malgrado abbiamo appena visto una sentenza che ha rivelato la verità sui carabinieri che hanno pestato a morte Stefano Cucchi e poi depistato le indagini, e chi vorrebbe l’assoluto rispetto delle leggi da parte dei carabinieri che, a differenza dell’assassino di Mario Cerciello Rega, non sono delle bestie. Ma per quanto si possa chiudere un occhio su chi ha messo gravemente sotto pressione il presunto assassino del collega – comprensibile lo stato emotivo – ottenendo una confessione, non è possibile comprendere come la foto della “bestia prigioniera” abbia potuto fare il giro del mondo in questo modo. Esperti di risalita delle correnti scopriranno certamente da quale social azteco o nipponico sia partita la diffusione dello scatto, ma resta nel frattempo che chi ha fatto quella foto era autorizzato a stare tra i pochi carabinieri presenti nella stanza.
Abbiamo quindi agenti di pubblica sicurezza, siano essi carabinieri o finanzieri oppure ancora agenti di polizia, che espongono sulle picche della cinta muraria le teste dei loro prigionieri. Questo è di estrema gravità. Ancor più grave è che le istituzioni cavalchino tale deriva sociale, divulgando a loro volto, e con il numero elevatissimo di followers di cui dispongono, le foto in questione. Giustizialismo istituzionale con processi sommari messi in piedi da chi ha giurato nelle mani del presidente della Repubblica di rispettare la Costituzione, quindi di adoperarsi per farla rispettare. Non me ne vogliano i seguaci, fanatici, del “capitano”, della leader che vuole affondare barche e del viceministro che ha perso la propria identità, se insisto nell’ipotesi di assoluta stupidità dei suddetti esponenti politici. Perché in Italia sono milioni i cittadini capaci di comprendere che il ragazzo americano è ancora un presunto colpevole: la confessione ottenuta dai carabinieri – ci sono le prove fotografiche che hanno fatto il giro del mondo ed approderanno in Tribunale! – con la parvenza di una tortura non ha alcun valore e potrà facilmente essere ritrattata.
Tutti indignati, par già di sentirli, quando il presunto assassino verrà scarcerato o addirittura affidato alla sua bella Patria a stelle e strisce – quella che lo ha partorito – perché in Italia il ragazzo è a rischio viste le accuse e visto come gli è stata estorta la confessione. A quel punto sarà sicuramente tutta colpa dei giudici, magari comunisti, e non di un gruppo di idioti fanatici che ha rotto uova senza neanche accorgersene. In effetti, il “capitano” aveva già condannato il giovane assassino – quindi, se lo ha detto lui, non può che essere un assassino – ed ha già assolto i carabinieri. Non potrà che essere colpa di un giudice comunista se il presunto assassino se ne tornerà candido a casa ad attendere una condanna che, come la storia del nostro Paese ci insegna, non siamo mai riusciti ad ottenere con cittadini americani. Neanche quando per giocare ai Top Gun hanno tranciato il cavo di una funicolare causando una strage. Ma che importa! Ciò che conta è che le istituzioni italiane, quelle tenute al richiamo di chi mette in giro immagini di soggetti sottoposti a privazione della libertà personale, ammanettati, magari anche bendati, siano le prime ad ostentare l’estradato ammanettato come fosse la coppa dei campioni di calcio, la Capitana arrestata, il presunto ammazzacarabinieri ammanettato e bendato.
Ma, a questo punto, la domanda è una ed una sola: credete che in questo modo si sta ottenendo giustizia per il povero Mario Cerciello Rega oppure che si sta infangando la sua divisa da carabinieri ed il suo buon nome, restituendo inoltre la libertà al suo presunto assassino? L’orda inferocita degli italiani che hanno deciso di smettere di pensare, non si rende conto che violare le leggi non fornisce giustizia, come vorrebbe far credere colui che dirige un partito che deve spiegare dove sono finiti 49 milioni di euro degli italiani e che non intende spiegare al Parlamento che rapporti ha intrattenuto con uno sponsor-superpotenza straniero. Violare le leggi produce ingiustizia e soltanto quella. E l’ingiustizia prima o dopo tocca a tutti subirla se non si rimette a posto il Paese con la giusta osservanza delle leggi.