di Fulvio Vassallo Paleologo
Situazione di stallo nel porto militare di Augusta (Siracusa) dove rimangono bloccati i naufraghi soccorsi dalla nave Gregoretti della Guardia Costiera italiana, che li aveva trasbordati da un peschereccio siciliano e da una motovedetta della Guardia di Finanza, intervenute in precedenza, prima che le imbarcazioni sulle quali erano stati fatti partire dalla Libia affondassero. Ad altre imbarcazioni partite contemporaneamente da quelle stesse coste nessuno aveva prestato aiuto. Per questa assenza di mezzi di soccorso, frutto dei sequestri e dell’allontanamento delle ONG, oltre che degli accordi con la sedicente “guardia costiera libica”, si è verificata la più grave tragedia del Mediterraneo di quest’anno, con oltre cento vittime. Dopo i primi soccorsi prestati da pescatori locali, sarebbe intervenuta la sedicente guardia costiera libica, che ha dimostrato un ritardo evidente secondo le testimonianze raccolte tra i naufraghi.
Almeno 115 morti, tra cui donne e bambini, altre 135 persone soccorse. Sono i numeri forniti dall’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, del naufragio del 25 luglio al largo delle coste di Al Khoms, un porto a circa 100 chilometri a est di Tripoli, una zona in guerra. Altri numeri vengono dati dalla cosiddetta guardia costiera libica, che parla di 116 dispersi e, nel pomeriggio di venerdì, riferisce di aver recuperato decine di corpi.
Nelle stesse ore in cui avveniva il naufragio al largo della Libia, la Camera ha votato la fiducia al Governo sul decreto sicurezza bis che prevede un’ulteriore criminalizzazione del soccorso in mare. Il decreto legge 53, approvato dal Governo il 15 giugno scorso, dovrà ora essere approvato dal Senato entro il 13 agosto. Anche su questo avallo parlamentare si fondano le decisioni del ministro dell’interno che arriva a bloccare lo sbarco di una nave della Guardia Costiera. Evidentemente il voto del Parlamento che ha bloccato il processo sul caso Diciotti fa ritenere a Salvini di potere impunemente violare il diritto internazionale, le norme europee ed i richiami della Costituzione italiana in materia.
La nave Gregoretti ha preso a bordo i 50 migranti che erano stati soccorsi dal peschereccio “Accursio Giarratano” e altri 91 salvati da un pattugliatore della Guardia di Finanza. Entrambi gli interventi sono avvenuti in acque SAR (Ricerca e Soccorso) maltesi. «Ho dato disposizione – ha informato in mattinata il ministro dell’Interno – che non venga assegnato nessun porto prima che ci sia sulla carta una redistribuzione in tutta Europa di tutti i 140 migranti a bordo»
Un comunicato della Guardia Costiera italiana, reso noto il 28 luglio, apre finalmente uno spiraglio di luce, dopo un lungo periodo di silenzi stampa, sugli ultimi sviluppi della guerra contro i soccorsi in mare ingaggiata dal Governo italiano per dimostrare al suo elettorato l’efficacia dell’azione di contrasto contro l’immigrazione “illegale”. Una guerra a colpi di direttive ministeriali e decreti legge, che, dopo essere stata diretta contro le navi umanitarie delle ONG, coinvolge adesso unità navali appartenenti a corpi dello Stato.
“Il giorno 25 luglio diversi gommoni carichi di migranti hanno lasciato la Libia per dirigersi verso le coste europee. Tre sono stati soccorsi dalla guardia costiera libica, intervenuta anche sul barcone affondato al largo di Al Khoms mentre altri tre hanno proseguito la navigazione entrando all’interno della zona di SAR maltese. Le autorità de La Valletta hanno soccorso un gommone con circa 100 migranti e richiesto nel contempo collaborazione all’Italia che ha inviato – su indicazioni del Ministero dell’Interno – due motovedette, della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, che hanno assistito 141 naufraghi. Successivamente 6 migranti per ragioni sanitarie sono stati portati sull’isola di Lampedusa.”
A questo punto, spiega la nota stampa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, le motovedette intervenute hanno “trasbordato i rimanenti 135 migranti su Nave Gregoretti della Guardia Costiera dotata di un team medico del Cisom in grado di assistere adeguatamente i naufraghi in attesa di indicazioni relative al successivo trasferimento verso un place of safety”. Il primo porto che la CP920 ha raggiunto, Catania, è stato deciso “in previsione del peggioramento delle condizioni meteo la nave ha poi assunto rotta verso la Sicilia Orientale”. A Catania, spiegano dal Comando, la Gregoretti è stata rifornita di viveri e medicinali. Ma pare che il porto di Catania non fosse abbastanza al riparo dalle avverse condizioni meteo marine – stando al comunicato stampa – per fermarvi ben ormeggiata la Gregoretti. Una spiegazione che non convince affatto, anche alla luce dei bollettini meteo di quelle ore.
Secondo lo stesso comunicato della Guardia Costiera italiana, “nella serata di ieri, (27 luglio, n.d.a.) allo scopo di consentire riparo dal peggioramento delle condimeteo in zona – spiega il comunicato della Guardia Costiera – è stato disposto a Nave Gregoretti, su concorde parere del Ministro Toninelli e previa informazione al Viminale, di dirigere verso il porto di Augusta dove l’unità è giunta intorno alle ore 03:00 di questa mattina”.
La Croce Rossa sta fornendo un minimo di assistenza, trasferendo sulla nave Gregoretti indumenti, kit igiene e scarpe. Ma questo non esonera il Governo italiano dai suoi doveri, fin qui violati, di garantire lo sbarco a persone che sono state soccorse in acque internazionali da mezzi appartenenti alla Guardia di Finanza ed alla Guardia Costiera. Lo stallo che si sta verificando nel porto militare di Augusta, dove 132 naufraghi, tra cui donne e minori, rimangono ristretti a bordo di una nave militare in violazione di leggi dello Stato e di Regolamenti europei, dipende anche da precedenti decisioni dei giudici di Strasburgo che non hanno avuto il coraggio di intimare al Governo italiano lo sbarco immediato dei naufraghi in un porto sicuro. Sono queste le conseguenze di una decisione pilatesca della Corte Europea dei diritti dell’uomo che, in un analogo precedente caso, si è limitata ad imporre obblighi di generica assistenza senza però ordinare al governo italiano lo sbarco nel porto sicuro più vicino.
Se la Corte Europea non ha considerato nel dovuto rilievo i diritti fondamentali delle persone trattenute a bordo della nave soccorritrice per scelta del ministro dell’Interno, la sua pronuncia sulla richiesta di una misura d’urgenza non cancella certo gli obblighi di soccorso e sbarco nel porto sicuro più vicino, derivante dal diritto internazionale del mare e dalla Convenzione di Ginevra del 1951 che sancisce il principio di non respingimento (art. 33). Sono troppe le stragi di migranti nel Mediterraneo centrale, effetto della rarefazione delle navi di soccorso, quelle militari ritirate dai governi e dall’Unione europea, quelle delle ONG sottoposte a sequestro o bloccate da cavilli burocratici. Questi i risultati della campagna d’odio contro i soccorsi umanitari. Per documentarsi sul crollo dell’impegno italiano ed europeo nei soccorsi in mare basta consultare gli ultimi rapporti di attività della Guardia Costiera italiana relativi al 2017-2018.
C’è poi un «principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare». A dirlo non è un esponente delle “magliette rosse”, ma l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante della Guardia Costiera italiana. Vedremo come giustificheranno il trattenimento arbitrario, soprattutto con riferimento ai minori non accompagnati che trovandosi già su nave battente bandiera italiana, dunque in territorio italiano, non sono espellibili né respingibili. In favore dei minori non accompagnati devono scattare immediatamente misure di assistenza che fino ad oggi il ministro dell’Interno ha impedito.
Se anche fossero sbarcati i minori non accompagnati, il trattenimento degli altri naufraghi a bordo della Gregoretti configura la stessa situazione di fatto che è stata portata all’attenzione dei magistrati nel caso Diciotti. Le diverse normative che sono nel frattempo sopravvenute impongono comunque un intervento della magistratura che, in quest’ultimo caso, a quasi un anno di distanza, si trova di fronte a provvedimenti formali adottati dal ministro dell’Interno. Provvedimenti di cui occorre accertare la legittimità.
Per effetto del Regolamento Dublino attualmente in vigore, tutti i naufraghi della Gregoretti devono essere sbarcati al più presto e potere presentare in Italia una richiesta di protezione internazionale, anche se intendono poi trasferirsi in un altro Paese o se un accordo europeo ne preveda un ricollocamento. In base all’art. 3 del Regolamento n.604/2013/UE, gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Come hanno ricordato i tribunali siciliani, lo impone anche l’art.10 ter del Testo Unico 286/1998 in materia di immigrazione, in base al quale “lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi.” (Hotspot, ndr).
Nell’ordinanza del GIP di Agrigento del 2 luglio 2019, infatti, si afferma che: «l’art. 11 comma ter del D. Lgs 286-98 (introdotto dal D. L. n. 53/2019): difatti, ai sensi di detta disposizione, il divieto interministeriale da essa previsto (di ingresso, transito e sosta) può avvenire, sempre nel rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, solo in presenza di attività di carico o scarico di persone in violazione delle leggi vigenti nello Stato Costiero, fattispecie qui non ricorrente vertendosi in una ipotesi di salvataggio in mare in caso di rischio di naufragio. Peraltro, l’eventuale violazione del citato art. 11 comma 1 ter – si ribadisce sanzionata in sola via ammnistrativa – non fa venir meno l’inderogabile disposto di cui all’art. 10 ter del Dlgs 286/98, avente ad oggetto l’obbligo di assicurare il soccorso, prima, e la conduzione presso gli appositi centri di assistenza, poi».
La Commissione europea non ha alcun potere vincolante in materia e non può adottare decisioni imperative in materia di ricollocazione di persone sbarcate in uno stato membro. Né può evidentemente adottare prassi o regole che violino le Convenzioni internazionali di diritto del mare o in materia di rifugiati e richiedenti asilo (Convenzione di Ginevra). I 14 stati europei che pochi giorni fa hanno concordato a Parigi un piano di ripartizione dei naufraghi soccorsi in mare non saranno certo disponibili ad intervenire tanto facilmente verso governi come quelli italiano e maltese che hanno irriso la loro decisione di condivisione delle responsabilità, per un nuovo metodo di ricollocamento, senza neppure partecipare alle riunioni europee. Chi non partecipa alle riunioni europee e fa solo campagna elettorale, non ha nessuna credibilità a livello internazionale e presto ne vedremo le conseguenze. Speriamo soltanto che la magistratura italiana, a partire da quella minorile, sappia ripristinare lo stato di diritto che vige anche nel porto militare di Augusta, che non può essere considerato come una zona rossa sottratta a qualsiasi giurisdizione. Per il resto ci aspetta sicuramente un procedimento di infrazione davanti la Corte di Giustizia UE e i giuristi che non si piegano ai diktat del Governo sapranno rappresentare in tutte le sedi competenti, e per esteso, le gravi violazioni perpetrate dal Governo italiano rispetto a Direttive e Regolamenti, o a precedenti decisioni della Corte di Lussemburgo, che per Salvini e Di Maio valgono quanto la carta straccia.
Complici di strage, i governi riprendano i soccorsi in mare e interrompano la guerra alla solidarietà.
Articolo redatto dal professor Fulvio Vassallo Paleologo per ADIF, Associazione Diritti e Frontiere
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