di Fulvio Vassallo Paleologo
Uno sbarco imposto dalle attività di indagine della magistratura. Inutile che il ministro della propaganda sventagli i 5 paesi europei che li accoglieranno. La Francia ne prenderà 30 solo se supereranno un preesame come richiedenti asilo, 50 resteranno comunque in Italia ospiti della CEI ma con la procedura di protezione avviata in Italia, con tutte le conseguenze del caso, visti i tassi di diniego che le commissioni territoriali, su evidente indirizzo ministeriale, stanno evidenziando. Vediamo quando e verso quali paesi trasferiranno gli altri che saranno anche loro da questa sera nel centro Hotspot di Pozzallo. Si deve ricordare che la condanna dell’Italia sul caso Khlaifia è arrivata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per un trattenimento indebito che si era protratto come in questo caso solo per pochi giorni. La magistratura dovrebbe proseguire nella sua attività di indagine per eventuali reati commessi in questa ultima occasione, anche per impedire che i naufraghi siano sottoposti, nei casi che seguiranno, a trattamenti disumani o degradanti, vietati dall’art.3 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo.
Come ha chiarito la Procura presso il Tribunale di Palermo, con la richiesta di archiviazione del 28 maggio 2018 (richiesta accolta dal Tribunale di Palermo il 15 giugno 2018) del procedimento nei confronti della Ong Sea Watch, “occorre sottolineare che, secondo quanto previsto dalla Convenzione SAR siglata ad Amburgo nel 1979, le operazioni SAR di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare dei migranti, ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in un luogo sicuro (POS, Place of Safety)”; secondo la risoluzione 1821 (2011) dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, la nozione di luogo sicuro comprende necessariamente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse. Lo sbarco non cancella i trattamenti disumani e degradanti imposti dal ministro dell’interno ai naufraghi raccolti dopo i primi soccorsi a bordo della Gregoretti. Vediamo che cosa rimane in Italia dello stato di diritto.
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