di Mauro Seminara
Si potrebbe cambiare il nome della nave e la data per spacciare in modo estremamente semplice un articolo del 12 giugno come attuale
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ala notizia del soccorso effettuato dalla nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye, ha subito affermato che la nave poteva andare in Tunisia per sbarcare i naufraghi. Grave che un ministro della Repubblica suggerisca a qualcuno di violare le leggi, siano esse nazionali o internazionali. Perché la Tunisia, che non ha mai adottato leggi sulla regolamentazione del diritto d’asilo, non può essere considerata “porto sicuro”. Ma ancor più grave è la menzogna del ministro della Repubblica italiana agli italiani, visto che tale carica pubblica – a differenza dei suoi seguaci – dovrebbe sapere che la Alan Kurdi non può andare in Tunisia quale alternativa all’Italia. Purtroppo, per una certa fascia sociale degli italiani, è difficile credere che la nave Ong non possa andare in Tunisia se a suggerirle di farlo è stato un ministro nell’esercizio delle sue funzioni.
Nel frattempo, mentre i ministri dicono menzogne per boccaloni e la Libia dichiara il porto della bombardata capitale quale porto sicuro, la nave Alan Kurdi – come a giugno fece la nave Sea Watch 3 – ha iniziato a navigare lentamente in direzione di Lampedusa. L’isola pelagica italiana è il primo vero porto sicuro dalla posizione geografica in cui sono stati soccorsi i profughi, salpati dalla Libia, che non possono certo essere ricondotti nei lager di provenienza. La Alan Kurdi, alla media di cinque-sei nodi (meno di 10 Km/h), ha navigato verso nord e questa mattina ha quasi raggiunto la fascia territoriale italiana di Lampedusa. A bordo ci sono 40 persone soccorse ieri mattina a 30 miglia nautiche nord di Sabrata e si prevede adesso che l’Italia provi ad applicare il noto decreto sicurezza bis di Salvini, anche a costo di far affondare una o più motovedette delle forze italiane.
Il decreto, approvato alla Camera dei deputati per il suo iter di conversione in Legge, dovrà adesso – a settembre – passare dal vaglio dei senatori. Nel frattempo, malgrado la maggioranza che alla Camera lo ha votato favorevolmente, il testo era stato valutato dalla Commissione Giustizia che aveva ascoltato vari esperti interessati. Dalle risultanze delle audizioni in Commissione, il “decreto sicurezza bis” non ci sarebbe neanche dovuto arrivare in aula. Dal procuratore capo di Agrigento al presidente del sindacato di Polizia, la bocciatura è stata grave oltre che unanime. Il testo si basava su una emergenza da tutti smentita e per la Polizia rappresentava anche motivo per ritenere la sua applicazione grave causa di sommosse o comunque di stressante gestione dell’ordine pubblico in un prossimo futuro.
La Sea Watch 3 è rimasta ferma 14 giorni prima di approdare nel porto di Lampedusa con una prova di forza della Capitana Carola Rackete che passerà alla storia. La comandante dell’altra nave Ong, quella che batte bandiera dell’Olanda, ha dimostrato che il decreto sicurezza bis non può negare l’ottemperanza alle leggi sovranazionali dei Trattati e delle Convenzioni a cui la Costituzione ha imposto l’adesione ed il rispetto italiano e delle sue leggi ordinarie. La vicenda si era parzialmente replicata con il caso della barca a vela Alex, della Ong italiana Mediterranea Saving Humans. Attualmente, sia le navi Alex e Mare Jonio di Mediterranea che la nave Sea Watch 3 sono poste sotto sequestro nel porto siciliano di Licata.
Nessuno dei comandanti e nessuno dei capi missione è però sottoposto a limitazioni della libertà personale. Il numero delle denunce a carico dei responsabili delle Ong è quindi forse inferiore a quello delle denunce a carico del ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini. Ma è chiaro che, come nel “caso Diciotti”, il ministro tenterà di avvalersi dell’immunità parlamentare che l’alleato Movimento 5 Stelle gli ha fino ad oggi garantito. Un alleato per il quale anche il rischio di alto tradimento dell’affare Russiagate non è motivo per mettere in dubbio la fiducia. Si prevede quindi una nuova lunga battaglia a largo di Lampedusa. Una battaglia in cui si scontreranno il diritto internazionale con i decreti-propaganda nazionali. Ovviamente sulla pelle dei profughi che si erano miracolosamente lasciati alle spalle la Libia ed i suoi orrori.