di Mauro Seminara
Sembrerebbe la normalità quella dell’alleato di Governo che appoggia un decreto legge partorito dallo stesso Esecutivo di cui fa parte, ma analizzando la storia del “Movimento 5 Stelle” si capisce che questo partito non ha nulla in comune con le proprie origini. La chiave di lettura, evidente, la si trova in quel senatore dissidente che non è più pentastellato perché si era rifiutato di proteggere Matteo Salvini da un giusto processo. In quella occasione Gregorio De Falco, già ufficiale di Guardia Costiera, avrebbe autorizzato il Tribunale dei ministri a procedere contro il ministro dell’Interno per il sequestro di migranti ed equipaggio nel noto “caso Diciotti”, nave della Guardia Costiera divenuta ostaggio della propaganda di Governo. Ed il Movimento 5 Stelle, che in altri tempi avrebbe preteso le immediate dimissioni del ministro sula quale pendeva l’ombra di un gravissimo reato commesso, gli fece scudo col proprio corpo. Come lo ha fatto oggi, in Senato, accordando il voto di fiducia sulla conversione in legge del “decreto sicurezza bis”. Un decreto privo dei presupposti di urgenza, fortemente a rischio Corte Costituzionale, umanamente inqualificabile senza incappare in turpiloquio, blindato perché nessun parlamentare tentasse di emendarlo ed approvato con una maggioranza che adesso si può contare ancor più facilmente, vista l’assenza di qualunque forma di opposizione parlamentare.
Erano assenti i senatori a vita, ma all’appello mancavano anche senatori noti come Matteo Renzi. Erano presenti i senatori di Forza Italia; presenti ma non votanti. Erano presenti i senatori di Fratelli d’Italia, che si sono astenuti uscendo dall’aula per il voto. Erano inoltre assenti quei senatori dalla “schiena dritta” cui si era appellato il senatore Gregorio De Falco che, da unico vero esperto in materia, aveva avvertito l’aula delle gravissime conseguenze che il sicurezza bis produrrà. Conseguenze che avranno un prezzo pagato in sangue. Ma i senatori si erano contati, ed il risultato di questa conta ha fatto risultare una maggioranza di Governo composta da Lega, M5S, Forza Italia e Fratelli d’Italia cui si uniscono anche sedicenti senatori di opposizione troppo impegnati o stanchi per tentare di disinnescare questa bomba incostituzionale, di odio e di paura, con cui il “Governo del cambiamento” approva la disumanità ed anche il diritto al dissenso con pacifiche manifestazioni di protesta o sit-in. Il decreto sicurezza bis è legge ordinaria dello Stato da questa sera, approvato da un gran numero di senatori fantoccio che forse non hanno capito cosa era stato posto in votazione oppure non avevano il coraggio di andare contro il partito del “se non sei d’accordo vai fuori”. Un partito, il cosiddetto “Movimento” che non ha alcuna democrazia interna e che pretende di governare un Repubblica democratica insieme ad un alleato che ad apparire democratico neanche ci prova.
Sono stati 160 i Si alla conversione in legge del decreto sicurezza bis, e ne sarebbero bastati 109 per la maggioranza. Perché l’aula era composta dai soliti vecchi partiti fatti di chiacchiere da una parte ed astensioni favorevoli dall’altra. Per 160 persone elette senatori della Repubblica italiana, i soccorsi in mare sono una minaccia alla Nazione, i lavoratori che protestano per il loro diritto alla dignità umana – oltre che per il diritto al lavoro – sono soggetti da sbattere in carcere per sei anni, il Parlamento non ha più diritto a discutere le conversioni in legge come anche i disegni di legge o le approvazioni del bilancio dello Stato, le urgenze sono quello che vuole il capo e non quello che per la Costituzione è motivo di reale intervento urgente del Governo. Questo è il Senato della Repubblica italiana, che pure conta ancora i suoi 315 senatori. La riforma costituzionale del Parlamento voluta da questi democratici tutori della Repubblica prevede infatti che i deputati ed i senatori, dimezzati, non abbiano neanche più il tempo per leggere ciò che arriva in aula. Impegnati come saranno con le Commissioni parlamentari – sempre che non le eliminino in favore di voti su Rousseau o quantificazioni trend social della “Bestia” – che dovranno far fronte a tutto il lavoro pre-aula con la metà dei parlamentari impegnati magari in tre, quattro o cinque Commissioni ciascuno.
Festeggia Salvini, che ha spuntato la assoluta leadership del Governo. Festeggia Di Maio, che pur non esistendo più come politico e come capo di partito mantiene la poltrona in quella scatoletta che non ha mai aperto. Festeggia Berlusconi, che pur criticando ogni giorno l’incapacità del Governo mantiene l’alleato con cui si presenta ad ogni competizione elettorale regionale o comunale. Festeggia anche Giorgia Meloni, che si sfrega le mani al solo pensiero dell’annullamento totale del Movimento 5 Stelle che le consentirà di andare poi al Governo con il compare Matteo Salvini. Festeggia pure il Partito Democratico, chiunque lo rappresenti, perché anche questa volta ha fatto la sua falsa e timidissima opposizione ad un “decreto sicurezza di odio e paura” al quale aveva spianato la strada con il suo ministro Minniti: quello che iniziò la guerra contro le Ong perché “temeva per la tenuta democratica del nostro Paese”. Tutti contenti, tranne gli italiani che non potranno più lamentarsi quando il “Governo del cambiamento” mostrerà il suo vero volto mettendogli pesantemente le mani in tasca e mandando a scatafascio l’intero Paese. A quel punto però sarà troppo tardi. Forse è felice anche il presidente della Repubblica, la cui schiena inizia a far sorgere seri dubbi.
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