di Mauro Seminara
Dopo il costone franato alla Baia dei Conigli che avrebbe dovuto travolgere chissà quanti turisti in spiaggia, poi rivelatosi niente più che un turista avventato arrampicatosi in zona impervia ed interdetta che si era procurato così qualche escoriazione, arriva il furgone della Polizia dato alle fiamme dai migranti tunisini ospiti del centro di accoglienza. Sulla linea delle notizie non verificate prima della pubblicazione, il furgone delle forze dell’ordine era anche magicamente andato in fiamme nell’area del centro hotspot di Contrada Imbriacola.
La realtà, in un momento critico in cui sale la tensione sull’isola tra abitanti e migranti, è che un vecchio furgone della Polizia – forse fermo da tempo – sarebbe andato in fiamme per un banalissimo cortocircuito. Un vecchio Fiat Ducato, con visibili gli anni di servizio, tanto che non si spiega come possa la Polizia di Stato averlo ancora in dotazione, intorno alle 06:15 di questa mattina si è incendiato sulla via Andrea Doria all’angolo con la Via Mazzini. Una sfiammata non dolosa che ha sicuramente raggiunto le esalazioni di quel poco gasolio contenuto dal serbatoio producendo fiamme visibili dalla parte inferiore del posteriore. La descrizione del caso è stata confermata anche dalle persone che a quell’ora, passando da via Doria e dalla vicina e trafficata – già all’alba – via Vittorio Emanuele, hanno visto le fiamme intorno al mezzo che questa mattina ha finalmente concluso la sua onorata carriera.
La notizia di un incendio doloso ai danni di un mezzo della Polizia di Stato a Lampedusa si stava diffondendo in modo pericoloso anche sull’isola. La tensione che Lampedusa sta maturando, come denunciato anche ieri dal senatore Gregorio De Falco, avrebbe preso una strada incontrollata quanto pericolosa a causa di poco accorti cronisti che avevano già dato per certa la mano piromane. Un giudizio infondato, privo di contenuti. Un pregiudizio quindi, che condannava i tunisini ospiti del centro di accoglienza di una grave azione contro le forze dell’ordine italiane. Quasi un atto sovversivo mirato e gratuito che nulla avrebbe avuto a che vedere con i pericolosissimi incendi appiccati in passato da altri tunisini al centro di accoglienza di Contrada Imbriacola per riuscire ad ottenere finalmente il trasferimento dalla struttura e dall’isola che si era per loro trasformata in un prigione.
Pare invece più che fondata la notizia che lo stesso sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, ha confermato sul non funzionamento di una delle macchine per il rilevamento delle impronte digitali: “Per comprendere qual è il livello di attenzione di questo governo nei confronti di Lampedusa, basta dire che la macchina per rilevare le impronte digitali all’interno del centro d’accoglienza è guasta. Senza strumenti non si può garantire nulla”. La disattenzione del Ministero dell’Interno, anche passando dalla Prefettura di Agrigento, verso Lampedusa viene quindi ancora una volta denunciata da Totò Martello. Questa volta però il sindaco ha avuto l’appoggio del senatore del Gruppo misto Gregorio De Falco che ha ieri ispezionato l’hotspot. Si aggiunge poi il cortocircuito di un vecchio pulmino con cui ancora, dopo una ventina d’anni, a giudicare dal modello, la Polizia era costretta a fare servizio.
In foto: Rifiuti abbandonati in strada e la fuliggine dell’incendio al furgone della Polizia di Stato in via Andrea Doria a Lampedusa
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