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Travolti da una insolita passione tra i caldi palazzi d’agosto

di Mauro Seminara

Il Movimento 5 Stelle motiva il proprio attaccamento alla poltrona con la responsabilità. Una parola importante. Le parole, in questa crisi istituzionale, sono importanti e vanno pesate tutte. Come va pesata la crisi, che non si può definire soltanto “di governo”. Perché la presunta rottura tra Salvini ed il resto della maggioranza giunge al termine di un periodo in cui i ministri avevano già da tempo e ripetutamente rovesciato l’ordine costituzionale e prevaricato i poteri dello Stato minando l’intero equilibrio della Repubblica italiana. Una crisi grave in cui la magistratura veniva accusata di favoreggiare l’immigrazione clandestina se applicava le leggi superiori contro cui i “decreti pasticcio” di Salvini si scontravano e nella quale Giorgia Meloni aizza per piazze e marce contro eventuali decisioni del presidente della Repubblica a garanzia di stabilità e legge di bilancio dello Stato. E tra le parole da pesare ci sono quelle di Salvini, che parla di “inciucio” dopo che proprio a causa sua è caduto il Governo, quelle di Meloni che invoca le “piazze” ed anche quelle di Zingaretti che ripete il concetto di “discontinuità” a cui Di Maio non darà mai seguito.

Il Movimento 5 Stelle non ha più una vera anima. Oggi è il Movimento di un piccolissimo gruppo di persone che decide per tutti. Lontani anni luce i tempi degli incontri, con Bersani prima e Renzi dopo, in diretta streaming. Dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta ed invece hanno costruito una scatoletta blindata come una cassaforte e ci si sono barricati dentro. E la scatoletta blindata è anche schermata, perché nulla venga trasmesso all’esterno se non ciò che loro vogliono venga pubblicato da chi, seguendo scrupolosamente il metodo di lavoro che non è quello del giornalista, lancia notizie a vanvera e le attribuisce alle solite anonime “fonti di partito”. Una pseudo-notizia in più detta prima degli altri non è necessariamente una notizia. Nel più dei casi è solo confusione per i lettori e strumentali attacchi mediatici per gli avversari. E questo gioco il M5S lo sa fare benissimo. Quello che il M5S non sembra saper fare è invece avere responsabilità e dare un vero segnale di discontinuità dopo lo scatafascio consumato in quattordici mesi di governo con il leader del mojito e della campagna elettorale a spese del Ministero dell’Interno.

L’accordo con il Partito Democratico, per un giorno circa, giusto il tempo di farlo credere o pesare a Salvini attraverso i “giornalisti di palazzo”, sembrava fatto. Ma le ipotesi, già paventate con l’editoriale Suspence da vacanze per ciarlatani e, prima ancora, con altri articoli di Mediterraneo Cronaca nei quali si proponeva l’ineludibile populistico chiudere l’esperienza di governo politico prima che l’ora di rimettere i conti a posto arrivasse, erano ben diverse dall’apparente immediato accordo tra il M5S ed il PD. Per caricare di impossibilità la partita politica M5S-PD era tornato a parlare anche il tanto amato Di Battista che, ovviamente, chiudeva al PD per riaprire alla Lega. Proprio lo stesso Di Battista che, quando Salvini accelerava troppo in campagna elettorale per le europee, usciva con attacchi contro l’alleato che facevano recuperare il povero Di Maio. Adesso il “Dibba” tifa per un ritorno con Salvini e, nel frattempo, i ministri Trenta e Toninelli firmano l’ennesima idiozia salviniana contro una nave Ong. Gli stessi ministri pentastellati che, dopo aver firmato il divieto di Salvini contro la nave Open Arms, a lite di governo avviata dal leghista si erano rifiutati di apporre nuovamente la propria firma contro la stessa nave che il TAR del Lazio aveva nel frattempo fatto comunque entrare in acque territoriali alla faccia di Salvini.

La sequenza quindi è questa: arriva la Open Arms e Trenta e Toninelli firmano il divieto di Salvini; il segretario del Carroccio propone la sfiducia a Conte e Trenta si rifiuta di firmare di nuovo appellandosi all’umanità cui la politica si deve attenere; il Movimento 5 Stelle dialoga con il PD per formare una nuova maggioranza e Trenta e Toninelli dimenticano l’umanità e firmano il divieto per la nuova nave Ong. Appare quasi armoniosa l’azione di governo del Governo appena caduto. La sceneggiatura di questa farsa sembrerebbe piuttosto prevedere ben altro. Perché, per quanto tutti appaiano ben attaccati alle poltrone, è inconfutabile che l’impossibilità di formare una nuova maggioranza converrebbe a tutti i maggiori partiti. Se ne avvantaggerebbe infatti Salvini, che andrebbe all’incasso del proprio consenso; Di Maio, che come l’amico e collega Salvini non dovrebbe giustificare il fallimento di quattordici mesi di Governo ma lo attribuirebbe alla responsabilità di chi per tre mesi dovrà amministrare il Paese e varare la legge di bilancio; converrebbe anche a Berlusconi e Meloni, che vedrebbero tutte le altre formazioni minori fuori dal Parlamento per una spartizione a man bassa omaggiata dalla legge elettorale che nessuno intende cambiare.

Il Partito Democratico scelse a suo tempo di restare sul divano, divertito a mangiare pop corn mentre il duo composto da Salvini e Di Maio mandava l’Italia a gambe all’aria. E il PD non è cambiato in questo anno e due mesi. Malgrado qualcuno sia ancora convinto che Renzi rimanga l’unico capace di chissà che, proprio la politica renziana è quella che Zingaretti sta attuando in questo momento di crisi in cui Di Maio propone punti programmatici che erano stati voluti dalla Lega e che il PD non accetterà mai perché in ogni caso, facendo parte di un possibile esecutivo, verrebbe distrutto da Salvini oppositore-accusatore che gli attribuirebbe ogni scelta di salvataggio dei conti pubblici inevitabilmente a scapito degli italiani. Della serie: come distruggere un partito facendogli sistemare i danni altrui. D’altro canto, le ultime promesse prima della caduta erano state ancora di flat tax, choc fiscale, riduzione delle tasse ed altre decine di miliardi che non ci sono. Se quindi dovessimo pronosticare un risultato di fine secondo giro di consultazioni, questo sarebbe certamente di elezioni con macerie da rimuovere per virtù della Presidenza della Repubblica, nelle more di una ridicola campagna elettorale. Se fosse una schedina del caro vecchio totocalcio potremmo giocarci una “doppia”, mettendo una X sul pareggio tra M5S e Lega che ritornano a fare un Governo insieme, senza Conte e con più Salvini e Di Maio. Ma la X la metteremmo giusto per scaramanzia. Perché quello che vogliono tutti i ciarlatani è ormai chiaramente il ritorno alle elezioni.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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