La nave della Ong italiana, battente bandiera italiana, reduce da indagini che si sovrappongono senza mai dimostrare altro che la volontà di prestare soccorso in mare, durante il soccorso di questa mattina aveva chiesto alla Centrale di Coordinamento Soccorso Marittimo italiano di indicare un porto sicuro. La risposta della centrale gestita dalla Guardia Costiera italiana alla nave italiana è stata di rivolgersi alla Centrale della Libia. Malgrado il diritto internazionale impedisca alla nave italiana di rivolgersi ad una centrale che già in precedenti casi aveva indicato il porto non sicuro di Tripoli, impedendole in particolare di operare respingimenti di massa in zona di guerra, per le autorità italiane non è un problema del MRCC di bandiera della nave.
L’episodio si è verificato questa mattina con una e-mail nella quale la Centrale italiana ha scritto alla ONG: “…tenuto conto che l’unità si trova all’interno dell’area di responsabilità del soccorso libica e che il soccorso è stato operato nella medesima area di responsabilità, codesto comando nave contatti le autorità di soccorso libiche onde ricevere opportune istruzioni.” La Mare Jonio ha a bordo circa cento persone particolarmente vulnerabili. Tra esse ci sono 26 donne, di cui 8 in accertata gravidanza, e 22 bambini sotto i dieci anni di età oltre ad altri 6 minori. Le condizioni delle persone soccorse non consentono una lunga permanenza in mare in attesa di un porto sicuro di sbarco. Il diritto internazionale non consente alla nave di seguire eventuali indicazioni libiche su porti di barco che si trovino in Libia o in Tunisia. Il coordinamento europeo, dall’autorità di bandiera verso autorità i cui porti sicuri si trovano a ragionevole distanza, sembra però precluso dalla pilatesca risposta via e-mail del MRCC italiano.