Caro Fabio Sanfilippo, anche a me successe qualcosa di simile, tempo fa. Scrissi un post su Facebook e lo scrissi forse male, sospinto dalla rabbia per il modo con cui il turismo di massa viene incoraggiato a divorare le comunità e la memoria dei luoghi che raggiunge, anche i più sacri. Dopo qualche commento favorevole e qualcun altro perplesso, arrivò il primo sasso, poi il secondo, infine una sassaiola scatenata dalla Lega divenuta, per l’occasione, una paladina dell’antirazzismo (quasi che io mi fossi macchiato di posizioni antisemite). Figuriamoci: io sarei il filonazista, loro i custodi della Resistenza.
Con la sassaiola ancora in corso, con i titoli dei giornali distratti e al ciclostile, arrivò la voce della Sinistra pacata e benpensante che, dopo avermi bacchettato con i “non si fa” e i “non si dice” votò la mozione presentata in consiglio regionale contro di me da un esponente leghista, lo stesso che, mesi prima, aveva dichiarato pubblicamente: «Se avessi un figlio gay, lo brucerei in un forno».
Mi sembra di rivedere tutto questo – e il mio sbigottimento di allora – nelle reazioni al post pubblicato sul tuo profilo privato (in alcun modo un “invito al suicidio”: se ti conosco, non sapresti avanzarlo neppure a un polpo giusto per la cena), maturato in un lungo periodo di attacchi sghignazzanti alla magistratura, alla stampa, al parlamento e, in fin dei conti, ai nostri figli.
Segno che la Bestia funziona ancora, e continua ad avvalersi – ancor più che del rumore dei fan – delle incertezze e del conformismo altrui.