Cala il consenso di Benjamin Netanyahu, primo ministro dello Stato di Israele, ma non la brama israeliana di estendere il territorio. Netanyahu sembra voglia riconquistare popolarità in patria offrendo questa volta, in caso di rielezione, parte dei territori della Cisgiordania occupati. La promessa elettorale del primo ministro arriva mentre anche la stessa Israele paga un prezzo per lo scontro continuo sulla Striscia di Gaza, acuitosi con l’avvio della cosiddetta marcia del ritorno in patria dei palestinesi. Tra Hezbollah da una parte e civili sotto il confine dall’altra, Israele si trova a continuare a contare i morti, vittime dei propri cecchini, dei propri missili o dei propri raid aerei.
L’annuncio di prossima manovra di annessione di una parte della Cisgiordania da parte di Netanyahu ha tirato in causa le Nazioni Unite, in realtà mai severe o determinanti con Israele. Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, si è pronunciato ieri sul caso definendo preoccupante il piano di annessione proposto dal primo ministro di Israele. Per Guterres, se attuate le misure di Netanyahu, queste costituirebbero una grave violazione del diritto internazionale e minerebbero in modo devastante i negoziati che le Nazioni Unite cercano di rilanciare nella regione per raggiungere un equilibrio e ristabilire la pace.