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Il Pentagono manda rinforzi in Arabia Saudita

In copertina: Pentagono, quartier generale delle Forze Armate degli Stati Uniti

Agli Stati Uniti non basta vendere armi in giro per il mondo perché l’economia a stelle e strisce sia sazia e le lobby che influenzano la Casa Bianca siano soddisfatte. Il nuovo teatro di guerra quindi torna ad essere il Medio Oriente. Dopo la sconfitta costata truppe e miliardi di dollari in Siria, per foraggiare terroristi e finanziare le forze statunitensi che le proteggevano dalla Difesa siriana e dai suoi alleati, il Pentagono punta adesso il caro vecchio nemico Iran con l’accoglienza dell’Arabia Saudita e la scusa degli Houthi. Questi ultimi, alleati dell’Iran, hanno rivendicato l’attacco alla più grande raffineria di greggio del mondo: Buqyaq, gestita compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita “Saudi Aramco”. L’annuncio della disposizione del Pentagono a difesa dell’alleato saudita è stato dato ieri dal segretario generale della Difesa Mark Esper.

La notizia era già trapelata con altre forme di partecipazione attiva americana a difesa dell’Arabia Saudita, malgrado questa non sembri avere problemi nel potersi permettere armi e truppe per la propria difesa, per l’attacco incessante allo Yemen e neanche per finanziare ed armare tutti i possibili alleati dal Medio Oriente alla Libia. Le prime ipotesi statunitensi vedevano comunque l’invio in Arabia Saudita di batterie anti-missili, droni killer e di altro genere di aerei da combattimento e bombardamento. L’annuncio fatto ieri da Mark Esper riguarda invece soltanto un invio di truppe che non dovrebbero raggiungere il migliaio di unità. La formula dell’annuncio però non esclude le truppe che il Pentagono invierà per “aiutare” la difesa dell’Arabia Saudita non abbiano il compito di predisporre tutto il necessario per il successivo trasferimento di batterie anti-missili – le solite poco gradite alla Russia per la lunga gittata che hanno e che le rende di natura offensiva più che difensiva – e di aerei di vario genere.

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