di Mauro Seminara
Circa cinquanta persone in mare a largo della Libia, cinque bambini e due donne annegati nel Mar Egeo, sette corpi recuperati al largo del Marocco. La barca che si è capovolta pare fosse la stessa che chiedeva aiuto da ieri. Tre ministri degli Affari interni cambiati in Italia ma sul fronte delle politiche in materia di flussi migratori si vede solo la questione securitaria. Minniti, Salvini, Lamorgese, tutti per la chiusura dei porti o la loro rotazione e tutti testimoni di partenze di migranti e naufragi di esseri umani. La questione del movimento inesorabile di flussi migratori non può essere contenuto con approcci securitari intergovernativi perché riguarda tutto il pianeta. E se il pianeta sta collassando, non sarà certo un filo spinato o un muro, per quanto alto possa essere, a fermare le migrazioni.
Il primo dei tre naufragi, che si sono consumati in poche ore, è occorso al largo delle coste della Grecia, vicino Chios. La Guardia Costiera di Atene hanno reso noto ieri di aver recuperato i corpi di cinque bambini e due donne vicino l’isola di Inousses. Salva la vita di 4 bambini, 3 donne e 5 uomini che si trovavano sulla stessa barca con cui migravano, partendo dalla Turchia per raggiungere la Grecia. Ieri, già intorno a mezzogiorno, mentre la notizia del naufragio del Mar Egeo non era ancora arrivata in Italia, Alarm Phone gestiva una telefonata con richiesta di aiuto. Era una barca con circa cinquanta persone a bordo che si trovava a meno di venti miglia dalla costa libica. Da ieri nessun soccorritore si è visto. Non una barca che appartenesse a Italia, Francia, Malta o della missione europea EunavForMed. Queste le autorità a cui Alarm Phone ha inoltrato e reiterato la richiesta di aiuto.
Più di 24 ore dopo, intorno alle 13 odierne, la centrale telefonica civile di Alarm Phone riesce a rimettersi in contatto con la barca e tracciarne di nuovo la posizione: si trovano a circa 60 chilometri da Misurata ed imbarcano acqua. Alcune persone, compreso bambini, come raccolto da Alarm Phone, sarebbero cadute in acqua. Parla quindi di “Tragedia in diretta” Alarm Phone nel denunciare l’omissione di soccorso da parte di quattro autorità nazionali ed una sovranazionale. Poche ore dopo, intorno alle 15, un tweet dell’UNHCR annuncia che c’è una barca capovolta al largo della Libia, ed i numeri coincidono: circa 50 persone, in mare. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, dichiarando che all’arrivo a terra dei naufraghi sarà presente, annuncia “soccorritori in arrivo”. Che il numero di persone analogo non sia una coincidenza lo fa capire con una dichiarazione resa all’Associated Press il portavoce della sedicente guardia costiera libica, Ayoub Gassim, dichiarando che la barca che si è capovolta si trovava al largo di Misurata. Non mancavano però, doveroso precisarlo, i velivoli della missione europea che sorvolavano la barca.
Mentre al largo di Misurata si recuperano – si spera – sia superstiti che vittime, al largo del Marocco un altro naufragio vede questa volta un gommone sette e tre superstiti. Le ricerche, in corso, sono per un imprecisato numero di dispersi al largo di una cittadina a sud della capitale Rabat. Anche questi migranti naufragati mentre tentavano di raggiungere l’Europa, come quelli morti al largo della Grecia e quelli al largo della Libia. Quattordici morti recuperati, un numero sconosciuto di possibili vittime al largo della Libia, tre diversi naufragi dei quali uno per certa omissione di soccorso.
Ciò malgrado alle motovedette che l’Italia ha donato a milizie armate libiche che si fanno chiamare “guardacoste”, la nave Caprera o altra equivalente che la Marina Militare tiene nel porto di Tripoli per supporto ed assistenza alla cosiddetta guardia costiera della Libia ed infine anche la nave-officina Pantelleria per poter fornire maggiore assistenza tecnica alle motovedette della predetta armata Brancaleone spacciata per guardia costiera. Come anticipato in altro articolo, l’accordo di Malta riguardante la migrazione dalla Libia, cui hanno partecipato – oltre a Finlandia e Germania – appunto l’Italia e la Francia, con il suo approccio in stile gioco del fiammifero rende sempre meno incentivato l’intervento in soccorso di migranti. Malgrado molto presenti le Marine Militari di Italia e Francia nei paraggi della Libia, nessuno è intervenuto in oltre 24 ore e nemmeno una nave mercantile o un peschereccio è stato dirottato da queste autorità nazionali – Libia, Italia, Malta e Francia – verso il punto geografico in cui cinquanta persone alla fine sono cadute in mare. E forse è solo il primo tragico segnale del prezzo che interi Stati sono disposti a pagare pur di mantenere una politica unicamente di stampo securitario.
Queste le notizie di naufragi delle ultime 24 ore. Poi ci sono quelle di cui non si ha notizia malgrado gli sforzi di decine di ottimi giornalisti italiani che tentano di bucare la segretezza con cui le autorità nazionali gestiscono il fenomeno. Una di questi naufragi fantasma ha dato però una testimonianza di sè nel porto di Tripoli mercoledì 25 settembre. Era il corpo del migrante di nazionalità tunisina della foto di apertura.
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