Il 3 ottobre del 2013, appena tre mesi dopo il monito di Papa Francesco a Lampedusa, un barcone con centinaia di persone si è capovolto a poche centinaia di metri dall’isola. Fu una strage. L’hangar dell’aeroporto di Lampedusa accolse 366 bare, tutte allineate ed anticipate da tre piccole bare bianche di fronte le quali si inginocchiò per una commossa preghiera il presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta. Dopo quella notte in cui la barca sprofondò nel mare di Lampedusa, per un breve periodo, ci fu una levata di coscienza collettiva in Italia. Ma la memoria durò poco e le idee cambiarono per molti italiani, da quelli che si susseguirono alla guida del Paese fino molti dei loro elettori. Anno dopo anno, alle celebrazioni dell’anniversario della strage, si presentarono sempre meno autorità nazionali. Il tema è dolente, e nessuno vuol metterci la faccia in un momento storico in cui l’Italia vuol dimenticare le vittime del 3 ottobre 2013 e tutte quelle a seguire; voltando la faccia da un’altra parte anche di fronte alle vittime che si possono ancora salvare.
Dal 3 ottobre 2013, anniversario dopo anniversario, si è assistito ad un lento declino. Un declino istituzionale, sociale, morale. Quest’anno, alle 03:30 del 3 ottobre, a Lampedusa è però accaduto qualcosa che molto fa riflettere sulla realtà ed il contrasto tra questa e le sfarzose ipocrisie delle prime celebrazioni. Vito Fiorino, uno dei soccorritori che quella notte del 2013 salvò decine di persone da morte certa, ha voluto ed è riuscito ad ottenere l’installazione di un memoriale a Lampedusa. Una spirale di ferro, alta circa due metri e mezzo, che si avvita verso il il profondo del mare con i nomi di tutte le vittime incise sopra. Durissime quanto vere le parole di Paola La Rosa, attivista a tutto campo sull’isola, che a fine cerimonia di inaugurazione ha preso il microfono per poche parole: “Ci voleva Vito Fiorino per questo memoriale, perché dopo sei anni nessuna istituzione ci aveva neanche pensato”.
L’evento è stato, forse per la prima volta dalla tragedia, il primo caso in cui superstiti e soccorritori si sono incontrati pubblicamente per una circostanza ufficiale. Le persone che erano a bordo della Gamar, la barca di Vito Fiorino non hanno mai presenziato alle cerimonie che si sono tenute nei precedenti anniversari. I loro incontri erano notturni, lontani dalle videocamere e con gli occhi sempre bagnati. Sin dal 2013 sono stati considerati testimoni-eroi ufficiali, da esibire in ogni circostanza, Costantino Baratta e Domenico Colapinto. Vito Fiorino, Carmine Menna e sua moglie Rosaria, Grazia Migliosini e gli altri quattro amici che si sono svegliati in un incubo sono stati messi da parte. Come se le loro vite non fossero state irrimediabilmente segnate quella notte come quella di Baratta, Colapinto e dei guardacoste che hanno passato giorni a recuperare cadaveri dal mare.
Questa notte, in Piazza Piave, a Lampedusa, è stato inaugurato il memoriale installato nello spazio concesso dal Comune e benedetto dal parroco, Don Carmelo La Magra. Alcuni superstiti del naufragio, accompagnati ogni anno sull’isola dal Comitato 3 Ottobre, ed i loro salvatori si sono abbracciati questa notte mentre il monumento memoriale veniva svelato. Vite salvate, vite strappate alla morte che adesso leggono i nomi di quelle dei loro compagni o familiari, e vite segnate dall’esperienza terribile del vedersi circondati da esseri umani che annegavano, questa notte hanno lasciato a Lampedusa un segno che non potrà essere cancellato con la politica del far finta che nulla accada mentre si fa di tutto per non evitarlo.