di Mauro Seminara
Il voto in Umbria è stato accolto come una disfatta da una parte e come una vittoria epica dall’altra. Condivisibile l’idea di disfatta, ma non limitatamente al cosiddetto “esperimento” regionale. Non condivisibile l’idea di epica vittoria sul campo. L’Umbria è una regione con 703.596 elettori distribuiti sulle sole due province. L’intero elettorato umbro equivale quindi a meno dell’elettorato di una grande città italiana. A votare, malgrado l’aumento di affluenza rispetto alle precedenti elezioni regionali (circa il 10% in più), è importante notare che ci sono andate soltanto 455.184 persone. Il 64,69% degli elettori. Ben 248.412 elettori umbri si sono astenuti. L’elettorato votante è stato pertanto meno del doppio dell’elettorato che ha scelto di astenersi.
Questi dati basterebbero a far capire che chi festeggia il trionfale risultato sta scadendo nel ridicolo come accadde per le elezioni europee a Lampedusa, dove tra il 27% degli elettori andati alle urne 600 persone hanno deciso di votare Lega. Cioè il 10% della popolazione totale delle due isole che compongono il Comune di Lampedusa e Linosa. Rimane quindi l’evidenza di prioritaria importanza alla vittoria dei partiti, anche se questi hanno raccolto 255.158 in coalizione di tre partiti e due liste. Settemila voti in più del totale astenuti. Ma invece di definire questo un fallimento generale della politica viene preso con l’entusiamo di chi sembra aver spuntato le elezioni del secolo. Ed il fallimento generale della politica riguarda la regione che nel 2016 venne devastata da un terremoto, che ha perso dei comuni rasi al suolo dal sisma, che ha perso le poche industrie che si trovavano sul territorio. Una regione, tra l’altro, che non ha visto interessamento concreto da parte dei governi centrali, da quello presieduto da Matteo Renzi a quello di Di Maio e Salvini passando per il governo Gentiloni.
Mentre i missini di Fratelli d’Italia gongolano per il loro 10%, 45mila voti, i “dem” dovrebbero prendere atto della loro incapacità di rappresentare un partito che ha qualcosa in comune con il concetto di sinistra. L’Umbria veniva infatti definita come una “roccaforte rossa”, cioè una regione a maggioranza assoluta di ideologia politica di sinistra. In questa regione, il Partito Democratico ha raccolto poco più della metà dei voti presi dalla Lega. Circa cinque punti percentuali più della somma di Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il partito adesso guidato da Nicola Zingaretti non viene riconosciuto in Umbria come sinistra e paga anche il prezzo di una Presidenza persa con dimissioni anticipate per una delle innumerevoli magagne che travolgono i dem come altri partiti senza distinzioni di logo. Poi, non dimentichiamo che se il PD non ha alcuna identità né ideologia, il Movimento 5 Stelle è ormai l’ombra del riflesso di ciò che pretendeva di dichiararsi. Uno degli ultimi tabù caduto in casa pentastellata è stato proprio il “mai alleanze”. Dopo il “mandato zero” con cui si sono rimangiati il vincolo dei due mandati, il programma F-35 avallato in silenzio dopo anni di propaganda ed altri rimangiarsi la parola data agli elettori come il salvataggio da un processo dell’alleato politico nel precedente Governo, ecco che arriva anche l’alleanza per delle elezioni regionali.
Lo scopo dell’alleanza ero uno ed uno soltanto: non far vincere la Lega di Matteo Salvini. La mortificazione da risultato elettorale ha infatti superato ogni confine. Cinque simboli tra cui Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno racimolato giusto il 37,48% di 455.184 voti. Miseri 170mila voti per il disperato tentativo di alleanza tra il sedicente centrosinistra democratico ed il sedicente partito “post ideologico” la cui politica somiglia a quella dell’estrema destra della Liga più di quanto loro stessi riescono a comprendere. Ancora, e forse molto più che nel pieno della crisi economica che aveva travolto l’Italia quando una banca americana era andata a gambe per aria, i partiti giocano sulla pelle degli elettori cercando voti per aumentare il proprio potere senza però mettere sul tavolo politiche che possano andare incontro alle esigenze degli elettori. E festeggiano pure il risultato. Lo fanno anche dopo aver fatto cadere il governo per delirio da sondaggio e “pieni poteri”. Lo fanno mentre stanno al governo dopo essere stati tanto inadeguati da aver aperto la strada all’estrema destra lasciando loro una prateria a disposizione. Lo fanno mentre dichiarano di aver sbagliato il singolo esperimento senza mai ammettere l’incapacità di proporre davvero una politica alternativa. E mentre questi, partiti e rispettivi leader, giocano al “vinco io!”, gli elettori avanzano nel loro autolesionismo dividendosi fra astenuti, illusi che credono a movimenti politici di ideologia prossima al fascismo e disinteresse generale per la crisi che continua a travolgerli con ricostruzioni che non partono ed industrie che vanno via. Credete sia una esagerazione? Guardate l’onnipresente trasformista generale – dell’Arma! – Antonio Pappalardo con il suo simbolo dei “Gilet Arancioni”: hanno votato per lui in Umbria 587 persone. Dietro Pappalardo solo Giuseppe Cirillo, detto “Dr Seduction”: il “dottor seduzione”, con il suo “Partito delle buone maniere”, ha raccolto 461 voti. Povera Italia!
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