di Mauro Seminara
Dopo ore di ritardo, denuncia Open Arms, la piccola motovedetta dell’AFM si è presentata al punto prestabilito per il trasbordo delle persone soccorse dalla ONG catalana in SAR maltese. Nel pomeriggio è stato effettuato un trasbordo a dodici miglia esatte nordest di La Valletta. Non un metro dentro le acque territoriali maltesi. Per la seconda volta, Malta accetta di prendere i naufraghi soccorsi nelle acque di competenza della guardia costiera maltese ma non di autorizzare la nave ONG ad entrare in porto. Le condizioni meteo del Mediterraneo centrale e del Canale di Sicilia avrebbero però dovuto suggerire un più sicuro ormeggio in un porto di Malta. Le immagini diffuse dalla stessa ONG evidenziano la condizione di potenziale pericolo, del tutto evitabile, in cui è stato effettuato il trasbordo. La Open Arms aveva operato un evento SAR, letteralmente di “ricerca e soccorso”, sopperendo all’assoluta assenza delle autorità di guardia costiera, malgrado le condizioni meteo, ed a fronte di un avvistamento del gommone alla deriva da parte del velivolo Moonbird imponevano un immediato intervento.
In mare, ancora in attesa di una Europa che non ha ancora deciso cosa vuole essere, c’è la Alan Kurdi della ONG tedesca Sea Eye. Dopo l’incontro con i libici da dito medio per aria come le raffiche di mitra sparate, la Alan Kurdi era riuscita a salvare tutti e 90 naufraghi e condurli in salvo a nord. Giunta al solito punto intermedio tra i due Stati dell’Unione con i porti sicuri più vicini, le Pelagie e Malta, la Alan Kurdi non ha ricevuto nessuna indicazione di place of safety (porto sicuro più vicino). Dal 26 ottobre, una settimana esatta, la nave della ONG tedesca attende un’assunzione di responsabilità da parte di uno Stato dell’Unione europea che non arriva. Dalla Alan Kurdi, tra l’altro, ci sono state evacuazioni mediche di naufraghi con emergenze sanitarie. A bordo della nave minacciata da una milizia libica con bandiera della ufficiale della Libia e non con teschio dei pirati, ci sono ancora 88 persone. L’unica concessione per la Alan Kurdi, con mare molto mosso ed un temporale in corso è di poter riparare in acque territoriali a cinque miglia est di Noto. Giusto al di là di Capo Passero.
L’intervento libico armato su naufraghi e soccorritori, sabato 26 ottobre, rende il caso della Alan Kurdi straordinario rispetto al precedente caso Ocean Viking. Le raffiche di mitra sventagliate per mare e per cielo da chi nessuno, prendendo ufficiale posizione, identifica come pirati o guardacoste, si sono verificate dopo che a Strasburgo è stata bocciata la risoluzione proposta dalla Commissione Libertà Civili sulla presa di responsabilità europea sulle barche cariche di migranti in pericolo. Ancora più sostanziale, sulla eccezionalità del caso Alan Kurdi, è forse il fatto che domani, 2 novembre 2019, scadono i termini per sospendere un tacito rinnovo del Memorandum Italia-Libia. In questo contesto di bocciature e proroghe di accordi bilaterali, si colloca un’aggressione libica armata – quella di sabato 26 ottobre – mentre Fayez al Serraj, presidente del Governo di Accordo Nazionale di Tripoli, pretende di imporre un “Codice di condotta” per le ONG che tanto somiglia al diritto di pirateria nelle acque di competenza soccorso libico. E la Alan Kurdi è testimone dell’incapacità libica di garantire sicurezza nella sua area SAR.
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