di Vittorio Alessandro
«Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi Venezia la vende ai turisti». La canzone di quel malinconico anarcoide di nome Francesco Guccini è stata ricordata da molti, in questi giorni. Dovrebbero ripassarla, questa e altre canzoni, molti raffinati conoscitori di musica straniera e chi sbeffeggia i cantautori nostrani i quali, però, hanno spiegato cose più di tanti autorevoli studiosi.
Venezia è stata venduta, come altri luoghi straordinari del nostro paese, al peggiore offerente, nella certezza che, meglio intascare oggi, e tanto bene, piuttosto che mettere al sicuro il territorio.
Approfondire i canali per far passare le grandi navi, per poi costruire inutili barriere contro l’acqua alta. Vendere pizze e cineserie come neanche a Napoli e in Cina, tutto il vendibile, perfino gli spazi che bastavano a malapena ai veneziani e infine andare via lasciando in piedi una città ormai di cartapesta, buona per la gioia fugace di turisti di passaggio e per gli affari.
Ora il governo ha nominato commissario il sindaco, il quale – senza indennità – si avvarrà di personale del comune per formare la propria squadra di emergenza: segno che, di norma, i sindaci non hanno adeguati poteri e sono ostaggio di una burocrazia inutilmente lenta e povera.
Purché rimangano contenti i turisti, vaffanculo.