Il ministro dell’Interno del Governo Conte bis, Luciana Lamorgese, è stata ascoltata ieri in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati. Nel corso del suo intervento, audizione sulle linee programmatiche del Viminale, Lamorgese ha annunciato una rimodulazione del Memorandum Italia-Libia. I punti principali enunciati dal ministro riguardano le condizioni umane dei migranti detenuti nei lager libici ed i corridoi umanitari, ma anche la sorveglianza del confine sud della Libia e nuovi accordi con le municipalità della Tripolitania. Una enunciazione delle nuove linee programmatiche che non si scostano dalle politiche ad oggi attuate, di stampo prettamente securitario ma con lo spostamento ancora più a sud del confine in cui respingere i migranti e l’intenzione di lavorare per l’istituzione di centri per migranti in Libia gestiti direttamente dalle Nazioni Unite.
“Uno degli obiettivi è il miglioramento delle condizioni dei centri e di quelle dei migranti e dei richiedenti asilo ivi ospitati, in vista della graduale chiusura dei centri attualmente esistenti, per giungere progressivamente a centri gestiti direttamente dalle Nazioni unite”, ha spiegato il ministro dell’Interno. Se pur interessante la logica dell’affidamento diretto alle Nazioni Unite, appare strano come questa idea non sia in agenda in Unione europea per i centri hotspot degli Stati membri. Sotto la gestione ed il coordinamento diretto delle Nazioni Unite con le sue agenzie Unhcr, per i richiedenti asilo, ed OIM, l’organizzazione internazionale per le migrazioni, sarebbe più facile superare la questione delle redistribuzioni con dei corridoi umanitari. Di corridoi umanitari ha infatti parlato Luciana Lamorgese, incrementandoli “anche attraverso iniziative bilaterali”.
Di tutt’altro tono invece le proposte di intervento sul confine meridionale della Libia e sul sostegno alle municipalità di transito dei migranti. Secondo il ministro dell’Interno pro tempore, bisogna “proseguire l’azione al confine sud della Libia per il rafforzamento delle capacità di sorveglianza dei confini meridionali”. Un progetto che risale al Governo Berlusconi che firmò il Trattato di amicizia tra Italia e Libia nel 2008 e che negli anni venne ripetutamente proposto. Nella sua versione originale berlusconiana vedeva perfino l’intervento di Finmeccanica per un sistema di sorveglianza a tecnologia satellitare. La guerra del 2011 per rovesciare Muammar Gheddafi e destabilizzare la Libia azzerò temporaneamente anche la sola “amicizia” tra Italia e Libia. Altro modello già conosciuto, firmato questa volta dal Governo Gentiloni con ministro dell’Interno Marco Minniti, è quello del piano di sostegno alle municipalità libiche. L’idea di “sostenere iniziative per le municipalità libiche, attraverso un nuovo piano di assistenza e sostegno”, rischia infatti di trasformarsi in finanziamenti a tribù e milizie locali per contenere il transito di migranti.
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