di Mauro Seminara
Non ci sono navi degli Stati membri impegnate in soccorsi a migranti nel Mediterraneo, malgrado la massiccia presenza delle rispettive Marine militari che navigano al largo della Libia e di quella italiana che ha una missione specifica nel Mediterraneo denominata “Mare sicuro”. Le navi Ong invece hanno a bordo, in totale, 366 naufraghi soccorsi in cinque distinte operazioni SAR. La Ocean Viking ha da sola 215 persone salvate in tre diversi interventi. La Open Arms ne ha altri 73, salvati dopo una lunga ricerca del gommone con cui erano rimasti alla deriva mentre il mare si ingrossava. La Aita Mari, piccola nave dell’organizzazione non governativa Soccorso Marittimo Umanitario, ne ha salvati altri 78 prima di dover abbandonare le ricerche di un ulteriore natante per il minaccioso sopraggiungere della cosiddetta guardia costiera libica.
La nuova organizzazione sta operando con un grande peschereccio oceanico che ricorda molto la prima Sea Watch. Nel corso del loro primo intervento hanno preso a bordo 21 Bambini 12 donne e 16 uomini. Tutti in balia delle onde di un mare mosso in rapido peggioramento ed onde che già adesso rendono difficile l’avvistamento di piccoli natanti. Era stata segnalata un’altra barca, ma la piccola nave umanitaria si è allontanata, sospendendo le ricerche, per evitare incauti incontri con la milizia libica di turno mentre a bordo ci sono adesso 78 persone di due differenti soccorsi. Gli altri 45, che la Aita Mari stava cercando, potrebbero già essere in mano ai libici che li hanno ricondotti nella terra dei diritti umani negati. Anche Alarm Phone, la centrale d’allarme civile che aveva ricevuto ed inoltrato la richiesta d’aiuto, ha perso i contatti.
Il totale dei naufraghi a bordo delle tre navi è quindi di 366 persone, in parte a bordo delle Ong già da due giorni e senza che una Centrale di coordinamento soccorso marittimo europea si assuma la responsabilità di coordinare gli Stati membri per l’immediata assegnazione di un porto sicuro di sbarco. Tra le persone a bordo delle navi Ong ci sono neonati, minori non accompagnati, donne in stato di gravidanza, uomini con ferite d’arma da fuoco, disabili ed in generale esseri umani sotto choc. Dalla Ocean Viking, con un verricello calato da un elicottero maltese, è stata evacuata per grave emergenza sanitaria una donna in cinta di due gemelli. La nave poteva aver già raggiunto, questa mattina, un porto sicuro nel quale far sbarcare in assoluta sicurezza le persone a bordo. La Ocean Viking si trova infatti da parecchie ore tra Malta e Linosa, ma si è preferito procedere ad un MedEvac aereo con raffiche di vento da 50 chilometri orari.
Alla Aita Mari è stato intimato di allontanarsi, come già alla Ocean Viking, dalla Marina libica via radio. Per nessuna delle tre navi umanitarie è previsto un approdo o regole di ingaggio europee che possano superare il ripetuto braccio di ferro per la redistribuzione preventiva dei naufraghi una volta approdati in un porto sicuro europeo. Ogni tentativo di risoluzione è stato affossato dai sovranisti europei che si sono opposti nelle varie sedi, dall’Europarlamento ai singoli Stati membri passando anche per le proposte della Commissione LIBE. Nessun tentativo di superamento del Regolamento di Dublino e neanche di nuovo intervento umanitario navale è stato approvato. Una politica in linea con la chiara volontà, da parte di movimenti politici pupulisti e nazionalsovranisti, di causare il problema invece di risolverlo.
Mentre la politica gioca con i gattini sui social e gli affossamenti delle soluzioni in sede istituzionale, il ritrovamento di sei corpi sulle spiagge di Khoms, in Libia, anunciato dall’OIM, confermerebbe il naufragio annunciato da Alarm Phone con almeno 67 vittime e una trentina di superstiti salvati dal peschereccio che ha poi telefonato alla centrale d’allarme civile. Il condizionale viene imposto dal numero di naufragi fantasma che durante tutto l’anno, ed in particolare in inverno, si consumano nel Mediterraneo centrale senza che se ne abbia notizia. Non sono infatti di pubblico dominio le segnalazioni e gli avvistamenti di migranti, barche e corpi in mare rilevati dai velivoli della missione europea. Decine di ore di ricognizione aerea tra Lampedusa e la Libia, ma nessun intervento in mare. Esattamente come vuole l’Unione europea che, mandando avanti l’Italia che si assumerà tutte le responsabilità giudiziarie internazionali, preferisce che le persone vengano catturate dai libici ed affidate ai trafficanti in un porto non sicuro piuttosto che accogliere migranti, naufraghi e richiedenti asilo.