di Vittorio Alessandro
Che la politica costi non è un mistero per nessuno. Molto di più da quando Berlusconi impegnò parte del patrimonio personale per l’avventura di Forza Italia. Allora non bastarono più i manifesti, i volantini, i viaggi e le cene, ma si reputarono necessari magnificenti apparati scenici e orecchini-farfalla per le signore.
Dalla forma del partito-azienda ben pochi si salvarono, perché l’idea (berlusconiana) che l’Italia stessa fosse un’azienda ebbe fortuna anche ai vertici del Pd, pronto a reperire sul campo imprenditori “politicamente corretti”, disponibili a farsi rotelle di personali cerchi magici.
Premier, alti leader, governatori, perfino sindaci ebbero il proprio cerchio magico, segno di un nuovo potere e di successo individuale.
Fondazioni, società misteriose, e ora loschi viaggi in Russia e in Cina servono a sostenere i costi di una politica che della politica conserva soltanto il nome trattandosi, invece, dei costi della scalata di questo o quel capo indiscusso.
Aveva ragione Marco Pannella: una volta abolito il finanziamento pubblico dei partiti, lo Stato avrebbe dovuto sostenere la politica finanziando spazi, studi, pubblicistica. La politica ha scelto, invece, le farfalle.
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